Resto al sud raddoppia
«Da quando è nato Resto al Sud, nel 2018, abbiamo fatto nascere oltre 17.000 imprese, impiegando circa 1 miliardo e 200 milioni di euro, che hanno generato 60.000 posti di lavoro. Tutto ciò che noi facciamo è accompagnato da una valutazione di impatto, perché le politiche, messe in campo dal governo e attuate da Invitalia, devono essere misurate nella loro efficacia e nella capacità di produrre risultati economici, sociali e ambientali». Bernardo Mattarella, Ad di Invitalia, il braccio operativo del ministero delle Imprese e del Made in Italy, racconta al Salone della Giustizia perché l’incentivo all’autoimprenditorialità nel Sud, introdotto dall’allora ministro Claudio De Vincenti, ha avuto tanto successo. E conferma, soprattutto, che non è finita qui perché «attraverso una collaborazione molto forte con il ministero del Lavoro ci sarà una seconda edizione, Resto al Sud 2.0, che avrà anche un gemello che si chiamerà Autoimpiego Centro-Nord per favorire la nascita di imprese di giovani nelle regioni sia del Mezzogiorno che del Centro-Nord».
I TEMPI
Il nuovo bando ancora non c’è ma l’obiettivo è già chiaro: proseguire un’esperienza importante per i giovani del Sud che hanno seguìto un’idea imprenditoriale e si sono messi in proprio, rinunciando nella stragrande maggioranza dei casi a fare le valigie per cercare fortuna altrove, comunque lontano da casa. Il Governo ci ha creduto, evitando che alla scadenza del 30 giugno scorso l’incentivo cessasse: è stato, invece, previsto il bis nel Decreto Coesione, ispirato dal ministro Raffaele Fitto, con alcune modifiche come quella di riportare il tetto massimo di età per accedervi ai 35 anni com’era previsto nel primo provvedimento del 2018.
È importante sottolineare che questa agevolazione non si limita a fornire un mero supporto finanziario ma si configura come un percorso strutturato di accompagnamento all’imprenditorialità. Il legislatore ha previsto, infatti, non solo l’erogazione di contributi economici, ma anche servizi di formazione e tutoraggio, essenziali per garantire il successo delle iniziative imprenditoriali nel lungo periodo. Dal punto di vista operativo, Resto al Sud 2.0 offre diverse opzioni di finanziamento. I beneficiari possono accedere a voucher di avvio del valore massimo di 40mila euro, elevabili a 50 mila, per l’acquisto di beni e servizi innovativi o orientati alla sostenibilità ambientale. Questi voucher, concessi in regime de minimis, non sono soggetti a rimborso e possono essere utilizzati per l’acquisto di beni strumentali e servizi necessari all’avvio dell’attività. Sono, inoltre, previsti contributi a fondo perduto che possono coprire fino al 75% delle spese per programmi di investimento fino a 120.000 euro, e fino al 70% per programmi di spesa compresi tra 120.000 e 200.000 euro. Tra le spese ammissibili rientrano anche la formazione nonché supporto preliminare, tutoraggio, erogazione degli incentivi finanziari per l’avvio delle attività. La platea di riferimento, secondo quanto prevede la relazione tecnica del Decreto Coesione, è quantificata tra Resto al Sud 2.0 e Autoimpiego Centro Nord Italia in circa 15mila destinatari, il 65% dei quali al Sud.
LE REGIONI
Oltre alle regioni meridionali, l’incentivo abbraccia altresì i territori dell’Italia centrale segnati dai terremoti del 2009 e del 2016. In queste aree, caratterizzate da una pressante esigenza di rivitalizzazione economica, l’iniziativa mira a catalizzare la ripresa e a garantire nuove prospettive occupazionali per le giovani generazioni. «Tutto quello che con Invitalia facciamo si riverbera sulla creazione e salvaguardia dei posti di lavoro dice Mattarella . Soltanto nel 2023 abbiamo assistito oltre 64mila imprese. 4.200 sono le nuove imprese di cui circa il 40% formate da imprenditrici, e l’80% sono nate nel Mezzogiorno, dove abbiamo un forte mandato. Più si va a Sud, più si va nelle regioni a maggior ritardo di sviluppo, e più gli incentivi sono significativi per il sostegno agli investimenti».
LA DENATALITÀ
L’Ad di Invitalia cita anche l’allarme lanciato dal Rapporto di Banca d’Italia sulle conseguenze, soprattutto al Sud, dello spopolamento e della denatalità: «Non si tratta soltanto di creare posti di lavoro, ma di creare posti di lavoro di qualità dice -. I nostri beneficiari devono operare nel rispetto delle normative sulla sicurezza del lavoro, rispettare la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori che impiegano, anche per favorire il mantenimento di attività imprenditoriali nelle regioni che sono a rischio di desertificazione».
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