*Ucraina, nuovo Churchill cercasi* di Vincenzo D’Anna*

“L’illusione è la gramigna più tenace della coscienza collettiva: la storia insegna, ma non ha scolari”. Si esprimeva così Antonio Gramsci, intellettuale comunista vittima del fascismo, che attraverso i suoi “Quaderni dal carcere” esortava i giovani a non essere indifferenti verso la battaglia per la libertà ed il riscatto dei ceti socialmente deboli. Ebbene, volendo parafrasare il grande politico sardo, è illusorio quello che credo abbia in testa il neo presidente Usa Donald Trump: poter ammansire Vladimir Putin ponendo fine alla guerra di aggressione perpetrata dai Russi contro le province ucraine del Donbass e della Crimea. Un’illusione che richiama alla mente un frangente della Storia del secolo scorso allorquando l’Urss di Stalin e la Germania di Hitler, due dittature di segno politico diametralmente opposto, si accordarono per dar vita al famigerato patto siglato dai ministri degli esteri russo Molotov e tedesco Von Ribbentrop, per spartirsi l’Europa dell’Est e l’area del Baltico. Fu quella, in buona sostanza, la scintilla da cui, nel settembre del 1939, scaturì l’incendio della seconda guerra mondiale. Ebbene, chi non fa buon uso, per pervicacia oppure per ignoranza, degli insegnamenti che la Storia impartisce può incorrere ineluttabilmente nei medesimi errori con gli identici tragici risultati. Carl von Clausewitz, generale e stratega prussiano, soleva affermare che “la guerra non è solamente un atto politico, ma uno strumento della politica, una continuazionedella diplomazia con altri mezzi”. E questa è certamente l’opinione del satrapo che oggi governa il Cremlino. Illudersi infatti che con una pacca sulla spalla e qualche buona parola improntata all’ottimismo del neo presidente americano lo si possa dissuadere dalla sua smania di riportare la Russia alla grandezza geo politica di un tempo , appare veramente drammatico per gli effetti che questo gesto produce. Tali effetti, a ben guardare, non si sono fatti attendere già nelle ore successive all’esito della netta vittoria del “tycoon” nella corsa alla Casa Bianca con il leader repubblicano che ha subito annunciato una svolta nella politica estera di Washington. L’incentivazione delle aggressioni militari che in queste ore stanno caratterizzando il conflitto in Ucraina da parte degli aggressori russi, lo testimonia in maniera tanto presaga quanto concreta. L’offensiva di Mosca corroborata dall’impiego di sul campo anche di truppe Nord Coreane – altro caso di estrema gravità politica e militare – conferma appunto che la Russia voglia conquistare altro terreno per poter così trattare una pace sulla scorta dello “stato di fatto” realizzato, sul terreno, dal proprio esercito. Non credo sia servita a molto la telefonata che Trump ha fatto a Putin sul tema, come ha rivelato il giornale “The Washington Post”, nel corso della quale il neo presidente Usa ha ricordato al suo interlocutore la forza e la consistenza militare degli States in Europa, se tale affermazione viene resa a sostegno della proposta americana di non dar favorire un’escalation del conflitto. Gli eserciti inoperosi non contano sul piano militare e non possono che rimanere tali se non si vuole allargare ed inasprire la guerra. Un evidente contraddizione. I giornali della sinistra in Italia pongono però l’accento sul fatto che Trump abbia in qualche modo lanciato un monito al suo omonimo russo. Si tratta tuttavia di interpretazioni senza riscontro sul piano dei fatti. Viceversa la deduzione che se ne potrebbe trarre (visto lo stampo qualunquistico della cultura politica e della dottrina protezionistica ed ultra conservatrice scelta dagli americani nelle urne) è che un primo passo per un’intesa tra i due Stati sia stato compiuto sì, ma per piegare il governo ucraino di Volodymyr Zelenskyj e soprattutto l’indomito popolo di quella nazione al patto tra Russia e Usa. Da quest’ultima dipendono, infatti, la maggior parte degli aiuti economici e dei complessi d’armi usati dagli ucraini senza i quali i carri armati dell’armata rossa già bivaccherebbero a Kiev. In soldoni, sulla scorta di quel patto, a Putin resterebbero buona parte dei territori occupati militarmente ed a Trump la fulminea dimostrazione davanti ai suoi elettori, di aver fermato la guerra ed arginato il dispendio di risorse sotto forma di aiuti economici e militari. Ma ancor più grave diventerebbe la posizione politica dell’Europa che dovrebbe semmai incrementare il proprio sostegno all’aggredito se non proprio corroborare le forze di resistenza impegnate sul campo con propri uomini. Per la seconda volta nella sua storia il Vecchio Continente si ritrova davanti ad un bivio: dover decidere se lasciar correre oppure opporsi alle mire espansionistiche di Mosca. In giro, però, non si scorgono giganti come Winston Churchill, in grado di pronunciare il famoso “we shall never surrender” (non ci arrenderemo mai ) con il quale si oppose allo strapotere militare tedesco. Oggi invece quelle parole dovrebbero essere pronunciate a Bruxelles per opporsi al patto scellerato tra un’America egoista e codarda e una Russia troppo prepotente. Purtroppo di Churchill, oggi, sono rimasti in giro solo i famosi sigari!!

*già parlamentare