Barrique
barrìc
Significato Botte, solitamente di rovere, da 200-250 litri, usata per la maturazione del vino
Etimologia voce francese di provenienza meridionale ed etimologia dibattuta.
- «Questo vino ha fatto un passaggio di tre mesi in barrique.»
Non è detto che le parole che ci arrivano con un portamento aristocratico appartengano a casate lessicali note e di lungo lignaggio. Ma non è mai troppo tardi per cucirsi un blasone.
La barrique è un tipo di botte che si è guadagnata un certo prestigio e ha iniziato ad abitare la lingua italiana in ambito enologico e commerciale — anche con degli adattamenti: quando un vino ci viene presentato come ‘barriccato’ o ‘barricato’ questa ha tutta l’aria di essere un’informazione di gran rilievo. E però ‘barrique’ ha un’origine in parte misteriosa.
Sappiamo in che zona salta fuori e quando.
Siamo nel sud della Francia, in un bacino lessicale che non è quello del francese propriamente detto — ricordiamo che quello che chiamiamo ‘francese’ è solo una delle lingue della Francia. Per decenni dopo che questa parola inizia ad essere attestata, e siamo solo nella seconda metà del Quattrocento, è percepita come parola aquitana, e l’Aquitania, ricordiamolo, è una regione storica che si colloca nell’angolo sud-occidentale della Francia, fra Pirenei e Atlantico. Dove, non a caso, c’è la regione di Bordeaux, tremendamente vocata alla viticoltura. In realtà antecedenti di questo ‘barrique’ paiono diffusi in tutta l’area occitano-romanza, cioè di quelle lingue figlie del latino parlate nell’area ad L fra Valencia, Bordeaux e le Alpi.
C’è chi avanza (ed è l’opinione maggioritaria) che si tratti di un tipo gallo-romanzo, e che sia un nome collegato ancestralmente alla barra e al barile, con contiguità si significato evidenti. C’è chi sostiene un’origine germanica, e quindi sia da collegare alla bara — che all’inizio era una portantina, con un accento quindi sulla vocazione della barrique al trasporto. Ad ogni modo, è un termine che si trova geograficamente in un luogo le cui usanze detteranno molto — pensiamo che l’immagine che ci viene in mente pensando alla bottiglia di vetro è quella della bottiglia bordolese, cioè di Bordeaux.
Non siamo davanti a una botte di grandi dimensioni: la barrique è una botte da 200-250 litri, nella maggioranza dei casi proprio da 225, alta poco meno di un metro e con un diametro di una settantina di centimetri nel punto più panciuto. Di solito è fatta di rovere pregiato, e questa dimensione contenuta è rilevante: infatti, garantisce una forte interazione fra il vino contenuto e il legno del contenitore.
Botti più grandi, che arrivano a contenere il doppio del vino (come la tonneau) o anche di più, hanno proporzionalmente una superficie di legno inferiore a contatto col liquido. Questo significa che il vino nella barrique è spinto al cambiamento, per quanto sia un cambiamento che raffina: evolve rapidamente, prende molto e cambia in tempi relativamente brevi. Sentori netti di vaniglia, di cacao e di certe spezie sono maturati proprio in questo contatto; i tannini si arricchiscono e levigano in fretta, anche grazie a una maggiore micro-ossigenazione. D’altro canto è una trasformazione marcata, con esiti ben riconoscibili, che solo i vini più strutturati possono sopportare senza vedere i propri aromi schiacciati e appiattiti. Insomma, se un vino ha fatto un passaggio in barrique, si sente.
Così il nome ancestrale di una botte non grande entra nel circolo del gergo internazionale — e da noi si esprime raccontando qualcosa di rilevante con qualche ambiguità (un vino barricato? convinciamolo ad aprirsi).