Marco TravaglioDirettore del
Fatto Quotidiano
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È andata di lusso

16 Novembre 2024

Siccome la Consulta ha ritenuto incostituzionali ben 7 norme della sua legge sull’Autonomia differenziata, svuotandola da cima a fondo e lasciandone in vita solo il titolo, Roberto Calderoli si è congratulato con se stesso per lo strepitoso successo: “È un passaggio storico, non l’hanno rigettata, hanno confermato la costituzionalità della legge”. Anche Luca Zaia si è subito complimentato: “Autonomia confermata dalla Corte, riforma in linea con la Carta”. Un trionfo. Escludendo che un ministro e un presidente di regione non abbiano capito la sentenza, peraltro riassunta in parole semplici da un comunicato, tanto sollievo si può spiegare in un solo modo: Calderoli si conosce e i suoi lo conoscono così bene da esultare per il sol fatto che qualche virgola del suo capolavoro è scampata alla mannaia. Un po’ come quando B. veniva condannato a qualche anno per falso in bilancio e/o frode fiscale e Dell’Utri a 7 anni per concorso esterno in mafia e non riuscivano a trattenere il tripudio: “Tutto qua? Che sarà mai. Vedete che, in fondo in fondo, non era nulla di grave?”. Siccome sapevano di sé cose che i giudici ignoravano, si aspettavano sempre – come minimo – l’ergastolo. Lo stesso sragionamento ha fatto di recente il prode Giovanni Toti, patteggiando 2 anni e qualche mese di carcere per corruzione e finanziamento illecito e poi spacciando la cosa per un’assoluzione piena. Anzi, per un alibi di ferro: “Sono stato accusato di essere Al Capone, poi è uscito fuori che non ho mai preso un euro” (e allora perché ha pregato il giudice non di assolverlo al processo, ma di infliggergli una “pena detentiva” con interdizione dai pubblici uffici senza processo?). O meglio, per un onorevole pareggio: “Sì, ho patteggiato, ma lo ha fatto anche la Procura” (testuale).

Idem per Calderoli sull’Autonomia. Lo statista bergamasco è un geniale inventore, una via di mezzo fra Archimede Pitagorico ed Elon Musk, rimasto purtroppo finora incompreso. Negli anni 90 inventò il tallero padano “calderolo”, che doveva sostituire la lira e poi l’euro: purtroppo non funzionò. Allora si spremette le meningi e inventò la legge elettorale del centrodestra, varata alla vigilia delle elezioni del 2006 per non farle vincere al centrosinistra, che poi le vinse proprio grazie a quella (col Mattarellum avrebbe perso). Lui allora la definì “una porcata” e da quel momento fu per tutti il “Porcellum”: fino al 2013, quando la Consulta la dichiarò incostituzionale. Ora, siccome Calderoli è una garanzia, gli han fatto scrivere l’Autonomia, a quattro mani con quell’altro genio di Cassese. Risultato: 7 profili di incostituzionalità in una sola legge. E tutti saltellano perché poteva andare peggio. Potevano bocciargli pure la punteggiatura.

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SONO STATI AFFOSSATI DALLA CONSULTA E DICONO CHE HANNO VINTO

IN GERGO GIORNALISTICO SI DICE: 

“SI PISCIANO ADDOSSO”

MA IN NAPOLETANO E’ ANCORA PIU’ ESPLICITO:

“e’ perete ra zi Cuncetta song cunfiette argiente”

– Traduzione simultanea per i polentoni:

LE SCORREGGE DELLA ZIA CONCETTA VENGONO CONSIDERATE CONFETTI D’ARGENTO”…  

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l’intervista

Autonomia dimezzata, il costituzionalista Villone: “Calderoli dice bugie, ha perso: Cassese&C. adesso si vergognino”

Il professore – “Sui quesiti nessuno stop dai promotori, deciderà la Cassazione”

16 Novembre 2024

“Calderoli sta facendo una sceneggiata, ma ha perso. E nel comitato Lep dovrebbero vergognarsi”. Massimo Villone, costituzionalista tra i primi a organizzare la battaglia contro l’autonomia, non ha dubbi: la sentenza della Corte costituzionale, per quel che si può capire dal comunicato di ieri, fa a pezzi il ddl Calderoli, il quale “mente sapendo di mentire” anche quando liquida come “superato” il referendum abrogativo dell’intera legge per cui tanto si è speso Villone.

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Professor Villone, Calderoli dice che la Consulta ha salvato la legge. È così?

Il ministro mente sapendo di mentire, in fondo anche io al suo posto metterei in piedi una sceneggiata a beneficio del pubblico. Fa come se nulla fosse successo, ma uno come lui non può non sapere che sta cercando di vendere un prodotto avariato.

È vero che, finché il Parlamento non interviene, la legge resta in piedi e le trattative con le Regioni possono andare avanti?

La Corte ha dichiarato incostituzionali diverse parti del ddl e le integrazioni che farà il Parlamento dovranno rispettare le indicazioni dei giudici. Capisco non voglia dire di aver perso la partita, ma le trattative con le Regioni non possono non tenere conto della legge e in questo momento la legge non c’è, perché la Consulta ha detto che così com’è non va bene. È soltanto scena.

Che ne sarà del Comitato dei Lep? La Consulta richiama a una maggior centralità del Parlamento.

C’è un problema di procedure. Non so quanto starà in piedi questo comitato, ma io inizierei a vergognarmi, perché Cassese e gli altri esperti sono una parte del problema. Soprattutto per quanto emerso, visto che l’orientamento sarebbe stato quello di stabilire dei Lep differenziati a seconda delle Regioni. Va ripensato tutto questo sistema.

Zaia e Fontana sostengono che il Parlamento interverrà coi correttivi e il loro progetto andrà a meta come nulla fosse. Hanno ragione?

Nel comunicato della Corte è importante concentrarsi sia sulla dichiarazione di incostituzionalità delle singole disposizione, sia sulle considerazioni generali. Sulle prime è chiamato a intervenire in Parlamento, che potrà riempire i buchi che si sono creati, ma la cornice individuata dalla Consulta è fatta di alcuni principi fondamentali, dalla sussidiarietà all’uguaglianza e all’unità della Repubblica. La Corte ci dice come dev’essere l’autonomia per essere coerente con la Costituzione. Il trasferimento di funzioni non può essere un supermercato dove ogni Regione arriva e si prende quel che vuole, in blocco e senza “giustificazione”.

Anche sulle materie non Lep quindi ci sono dei limiti.

Certo, queste considerazioni valgono per tutte le materie. Non è che siano esentate dalla vigilanza e a disposizione dei satrapi regionali.

Cosa succede ai referendum?

Sui quesiti di abrogazione parziale dovremo aspettare di leggere la sentenza. Su quello che abroga la legge per intero invece non credo che, come sostengono Zaia e Calderoli, il referendum sia superato.

Come mai?

Il meccanismo dei referendum è in larga misura automatico. Mi spiego: non è che adesso qualcuno dei promotori si può svegliare a dire “abbiamo scherzato, torniamo indietro”. Il ruolo dei promotori è di tramite, ma ci sono 1 milione e 300 mila firme che hanno sostenuto i quesiti. Non ci sarà nessuno stop né da parte dei comitati promotori né di nessun altro, l’unica verifica spetta alla Cassazione.

Cosa deve stabilire?

Se alla luce della sentenza e di eventuali modifiche del Parlamento il quesito resta valido. A quel punto, la Consulta torna a esprimersi sulla ammissibilità. Ma è lo stesso Calderoli a contraddirsi: dice che può andare avanti con le intese, dunque a maggior ragione il referendum abrogativo dovrebbe poter restare in piedi. In ogni caso è stato decisivo procedere sia coi ricorsi delle Regioni che col referendum.

Perché?

In questo modo la Consulta specifica non solo che vigilerà sulle intese tra Stato e singole Regioni, ma fornisce anche dei principi che dovranno valere per il futuro, per qualsiasi legge sull’autonomia. Se ci fossimo limitati ad abrogare la legge Calderoli col referendum, ci saremmo salvati da quella ma senza avere paletti per i prossimi tentativi.