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Le parole di oggi: Mesticare, Avanguardia e Flemmatico a cura del Prof. Innocenzo Orlando
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me-sti-cà-re (io mè-sti-co)Significato Mescolare i colori sulla tavolozza per preparare quello voluto; spandere una mano preparatoria sulla tela o sulla tavola; mescolareEtimologia attraverso l’ipotetica voce del latino parlato mixticare, da mixtus ‘misto’.
«È ancora a mesticare, non è convinta della sfumatura…»
A chi abbia bazzicato per qualche tempo la Toscana è difficile sia sfuggito che il negozio di ferramenta è spesso chiamato ‘mesticheria’. Non è solo un regionalismo: pone proprio un diverso accento sulla merce in vendita, su un particolare bene o servizio che offre — nella sconfinata galassia di adesivi vernici smalti chiodi viti tasselli chiavi attrezzi e via e via.
‘Mesticare’ significa ‘mescolare’. Siamo davanti all’onorevole splendore di una parola di popolo, figlia di un mixticare latino che, come si ricostruisce, è esistito nel parlato; a sua volta questo è derivato di mixtus, evidentemente ‘misto’.
Il mesticatore in origine prepara le vernici — e si sa che è un’alchimia di mescolanze — e in mesticheria quindi si comprano vernici. Beninteso, poi ci si compra anche altro, e oggi è difficile da distinguere dal ferramenta in base a ciò che vende. Ma ecco, parte da lì: e l’atto del mesticare ha rappresentato diversi generi di opere e preparazioni, diversi modi di mescolare figurati e no.
Ad esempio, nel lessico dell’arte si mesticano le tele o le tavole quando ci si stende sopra, per addomesticarne la porosità, una miscela di oli e terre (miscela anche detta giusto ‘mestica’); ma si mestica anche (e forse soprattutto) sulla tavolozza, quando si stemperano colori diversi per ottenere quello che si desidera.
Questi sono significati che appartengono a un lessico specifico, sì, ma è un lessico specifico nella cui dimensione vivono grandi glorie e alti slanci. Costituisce una base culturale da conservare condivisa, e che in effetti si riflette su tanti momenti comuni della nostra vita.
Possiamo parlare di come Michelangelo non delegasse niente a nessuno, era lui stesso a mesticare i suoi colori; nello studio troviamo molte tele già mesticate; i bambini mesticano le tempere con fantasia, fino a ottenere, sempre, un marrone onnicomprensivo; e incerti su un colore per la parete mestichiamo campioni fino a ottenere la sfumatura che ci piace — ma non sappiamo più come l’abbiamo ottenuta.
Certo, non ci mancherebbero sinonimi più pronti. Ma il mescolare è meno stretto su questa specifica combinazione, come anche il miscelare. Vivono anche spazi figurati che invece, per il mesticare, sono desueti. E l’amalgamare è culinario, l’unire ha un profilo più celeste.
Stiamo su questo dato: abbiamo una parola che ci offre, direttamente e di base, proprio il mescolare colori sulla tavolozza. E questo punto di partenza o ripartenza, per quanto senza i grandi respiri della metafora che spazzano i colleghi sinonimi, è tagliato con un nitore che merita attenzione.
Infine c’è un’agnizione da aggiungere sul finale: il mesticare ha una figlia, nota sugli scaffali refrigerati dei supermercati e presso i negozi di ortofrutta più forniti. La mesticanza o misticanza, una mescolanza d’insalate verdi, che sa rendere quella vibrazione da tavolozza e che per quanto buona non è imparentata col mistico.