*Proteste di piazza, l’amarcord della sinistra*
di Vincenzo D’Anna*
“Finalmente c’è una generazione di giovani che si ribella, che vuole cambiare un mondo che fa schifo”. Queste le auliche parole pronunciate da Paolo Cento, giornalista ed esponente di spicco dei Verdi e della Sinistra antagonista. Parole che, per quanto non condivisibili, hanno almeno il pregio della chiarezza: evocano infatti suoni antichi che si credeva ormai dispersi dalla verità storica che ha cancellato l’illusione di poter edificare la società perfetta degli uguali. Per chi ha vissuto gli anni della rivolta politica e poi quelli della tragica epopea dell’eversione armata, è evidente che la violenza e la protesta esasperata rappresentano degli errori marchiano; così come è chiaro che aizzare gli studenti ed utilizzarli per scopi contingenti, appare solo un miserabile espediente per contestare un governo che, democraticamente eletto, in due anni non ha commesso atti liberticidi né ha conculcato i diritti costituzionali!! Anzi, ha semmai ereditato una mole di debiti senza precedenti, una situazione di precarietà sociale generalizzata, con livelli occupazionali scadenti e Pil ai minimi storici, per non dire dei danni provocati da una politica di sinistra con tanto di grillini e tecnici incapaci al timone di Palazzo Chigi. Ma a prescindere dalla comparazione tra l’operato del vecchio e del nuovo esecutivo, quello che più emerge dalle “piazze” è l’ignoranza dei contestatori i quali, in quanto tali, accomunano fatti ed argomenti del tutto distanti tra loro. Un esempio emblematico di questa sorta di “minestrone” viene da Potenza dove il corteo studentesco ha mischiato bellamente la protesta contro Israele (ed in favore della Palestina) con il governo “fascista” della Meloni. Costoro, nei giorni scorsi, hanno contestato il ministro della Pubblica Istruzione Valditara e finanche la mancanza dell’acqua al grido “vogliamo fare la doccia”. Nulla di nuovo sotto il cielo dello Stivale. D’altronde accadeva anche ai tempi della rivolta sessantottina quando temi e slogan, oltre ad essere multiformi, venivano parimenti confusi a cominciare dal celebre “libretto rosso” di Mao Tze Dong, con il quale si dettavano le regole per rieducare il popolo ed edificare il comunismo in Cina. Una “guida” costata la vita di…cinquanta milioni di persone!! Anche allora, inneggiando alla via maestra indicata dal “grande timoniere”, in Italia, si alzava la voce contro il ministro Luigi Gui reo di aver proposto una riforma dell’istruzione di tipo “borghese” ben diversa da quelle che in seguito avrebbero destrutturato sia la scuola che l’università. In particolare la prima, ritrovatasi ridotta in una specie di istituzione caritatevole dell’accoglienza e non della didattica. Tutta colpa di una serie di decreti delegati che introdussero principi demagogici di coinvolgimento della famiglia sfociati poi nell’assoluta perdita di autorevolezza dei docenti, lasciati letteralmente in balia dei genitori che li minacciano oltre che della loro ignoranza, essendo molto di questi docenti saliti in cattedra per anzianità e sanatorie ministeriali. In quei tempi il partito comunista italiano raggiungeva il massimo consenso elettorale, senza però mai indugiare a blandire oppure sostenere la protesta extraparlamentare o la stagione di piombe che ne scaturì. Quella classe politica era colta e temprata dalla lotta e dalla militanza: condivideva il valore di aver vissuto e pagato la tragedia umana della lotta antifascista e del peso di dover ricostruire la nazione dopo le macerie morali e materiali ereditate dalla seconda guerra mondiale. Se vogliamo, rispetto a quei tempi, i protestatari del Terzo Millennio si sono fortemente dequalificati, alla pari del loro ormai scarso bagaglio di saperi. Certo, in linea di massima, un po’ si somigliano ma va detto che quelli di mezzo secolo fa almeno erano guidati da maître a penser – rivelatisi poi cattivi maestri – dotati di un bagaglio culturale, politico ed ideologico ben delineato, forgiato sui testi di storia, filosofia ed economia politica. L’amarcord alimentato da alcuni reduci e nostalgici di quella epopea (finita tragicamente nel sangue) come i vari Fratojanni, Russo Spena, Bonelli e Salis, unitamente a docenti universitari emuli di Christian Raimo (sospeso per vituperio contro il ministro Valditara), è ben distante da quegli antichi valori, rappresentanti
solo di un triste “déjà vu”, un malinconico ritorno al passato. Siamo al cospetto dell’illusione, mai sopita, di potersi trovare innanzi ad un governo, quello presieduto da Giorgia Meloni, prodromo di un regime illiberale, fascistoide, così da poter recitare anch’essi il ruolo che, durante la dittatura fascista, fu proprio dei grandi leader e dirigenti delle forze democratiche che si opposero al Duce. Quei politici, però, lottarono e “resistettero” senza strumentalizzare studenti sprovveduti ed ignoranti in materia di storia patria! Non scimiottarono i loro predecessori pagarono di persona. Lo fecero rischiando in prima persona l’esilio, il carcere ed anche la vita. Quelli erano giganti innanzi ai nani dei nostri giorni, presunti eredi del compito di realizzare la rivolta sociale, la rinascita dell’autonomia operaia e della lotta di classe. Questa però e’ gene che, per vivere bene, porta con sé finanche le mogli in Parlamento, uno stipendio in più fa sempre comodo, oppure siede dietro una cattedra universitaria senza aver mai vinto un concorso!! Inseguono il tempo perduto : Eccoli credono di essere eroi dei nostri tempi, malandati e frustrati!!
*già parlamentare