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Di nuovo un «incidente». A meno di una settimana dalla tragedia di Zhuhai, quando un Suv ha travolto decine di persone su una pista di atletica con un bilancio ufficiale di 35 morti e 43 feriti. Oggi un’auto ha travolto passanti e scolari davanti a una scuola di Changde, nella provincia dello Hunan, nella Cina centro-orientale. «Vari studenti sono rimasti feriti martedì mattina dopo essere stati colpiti da un’auto fuori da una scuola elementare a Changde», riferisce l’agenzia Xinhua (Nuova Cina).
«Il veicolo sospetto era un piccolo Suv bianco», ha riferito ancora la Xinhua. «Dopo l’incidente l’autista è stato fermato sul posto dai familiari degli studenti e dalla sicurezza della scuola. Alcuni feriti sono stati immediatamente trasportati in ospedale». In realtà, il guidatore è stato estratto a forza dall’auto e picchiato a sangue, anche con bastoni prima dell’arrivo della polizia. In Cina la tensione è altissima. Le autorità, in occasione del disastro di Zhuhai avevano ordinato un immediato blackout delle notizie, con il chiaro intento di evitare possibili «imitazioni» e conseguenti «vendette private».
Ma nell’era digitale le maglie della censura sono imperfette. E, pochi giorni dopo, ecco un episodio simile. Perché accade? La spiegazione più plausibile che si può dare è legata alla tradizione, che considera, in Cina, non il singolo ma il clan, il gruppo, come base della società. Di fatto, gli individui non «valgono» se non per le loro relazioni con la famiglia allargata, o il gruppo di lavoro, o magari il partito. La responsabilità individuale è tale soltanto se collegata a queste realtà. Quando qualcosa va per il verso sbagliato, quando qualcuno subisce quello che giudica un torto, è automatico (naturalmente parliamo di estremi nel comportamento) scaricare la colpa sugli «altri».
Il desiderio di vendetta porta quindi a cercare un obiettivo a caso, possibilmente inerme, con l’intento, appunto, di punire la società e quindi «pareggiare» i conti. Le armi — considerato il ferreo controllo delle autorità — non possono che essere «casalinghe»: il più delle volte coltelli. Ora anche le auto.
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