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4° LANCIO – 8, 30 – Il meglio da “Il Fatto”, “Dagospya”, “ Notix.it” e “Cronachedi”, a cura dell’Agenzia “Cronache”, direttore Ferdinando Terlizzi

Sicilia, è la sagra dei fondi: 85 milioni di marchette

Il Bilancio secondo Schifani – Dal pesce azzurro a Santa Flavia, la lista-monstre di contributi pubblici: gli assessori fanno a gara per elargire mance, ora arriva il “bonus” per i deputati

23 Novembre 2024

Tonno, sardine, alici, in una parola: pesce azzurro. Tanto amato in Sicilia da farci non una ma più sagre, non in uno ma in più luoghi, finanziati non da uno ma da più assessorati.

Se la sagra del pesce azzurro di Marzamemi, nel Siracusano, è infatti finanziata dall’assessorato al Turismo con 5 mila euro, quella di Santa Flavia, alle porte di Palermo, riceve 10 mila dall’assessorato all’Agricoltura, mentre quella di Sant’Agata di Militello, nel Messinese, ne riceve sempre 10 mila ma dall’assessorato alle Attività produttive.

Un piccolo esempio che però mette bene a fuoco i criteri di assegnazione dei contributi in Sicilia. Almeno 85 milioni di euro per non lasciare scontento nessuno.

Ci sono le sagre tanto amate, e tanto numerose spalmate tra i finanziamenti dei vari assessorati. Tra queste spicca la sagra del miele di Sortino, comune in provincia di Siracusa tanto caro a Carlo Auteri, deputato regionale di FdI, partito dal quale si è dimesso dopo le polemiche per i finanziamenti ad associazioni culturali a lui riconducibili, tra cui Progetto Teatrando, con sede a Sortino, nel Siracusano, nell’abitazione di sua madre. Ed è proprio Sortino a ottenere dall’assessorato al Turismo 97 mila euro per l’estate, per la festa della Patrona e per la sagra del miele. “Solo la punta dell’iceberg”, per i più esperti di politica siciliana, quello di Auteri è solo una goccia in un mare magnum di mance e mancette che tutti in qualche modo, tra giunta e Assemblea regionale, riescono a far ricadere nel proprio bacino elettorale. Per questo nelle scorse settimane la sezione di Palermo della Corte dei Conti ha aperto un’inchiesta sul finanziamento a enti e associazioni culturali, mentre due procure, quella di Siracusa e di Palermo, hanno sul tavolo una serie di esposti ricevuti da chi da quei finanziamenti è invece rimasto fuori.

E nell’occhio del ciclone c’è di sicuro l’assessorato al Turismo, gestito da due legislature da FdI (che conta anche gli assessorati al Turismo delle città in cui amministra): da Manlio Messina prima, poi brevissimamente da Francesco Scarpinato, che dopo lo scandalo di Cannes – quando fece scalpore il finanziamento di 4 milioni di euro dato senza bando a una società del Lussemburgo – ha ceduto il posto a Elvira Amata. Un assessorato, quello dei meloniani, che nel rendiconto della Regione del 2023, appena approvato dall’Ars, figura avere speso per contributi più di 11 milioni di euro. Ma orientarsi tra i vari capitoli di spesa, fondi destinati e bilanci a cui fanno riferimento gli assessorati è tutt’altro che semplice.

Non solo turismo dal suino al porcino: soldi da tutti
L’assessorato targato FdI, adesso guidato dalla messinese Elvira Amata, di certo, può far conto sull’art 39 della legge regionale n. 2 del 2002 che autorizza l’assessore in carica a “promuovere e realizzare direttamente, anche mediante convenzioni con organismi privati, manifestazioni ed eventi”. È così che il Turismo concede una serie di contributi diretti (i controlli ci sono, ma a posteriori). Ci sono, ad esempio, 7 milioni e 483 mila euro destinati a interventi di promozione turistica e sportiva. Ed è proprio da questo finanziamento che si attinge per concedere un contributo di 130.950 euro per manifestazioni “Religiose, Storiche e Natalizie” a Santa Lucia del Mela, nel Messinese, ovvero nella provincia della Amata. Ed è sempre in questa provincia che le sagre fanno gola, tanto da contendersele tra assessorati. Quello al Turismo, infatti, finanzia la sagra del suino nero e del fungo porcino dei Nebrodi destinando al comune di Cesarò 7 mila euro. Il porcino però non sembra dispiacere neanche all’assessorato alle Attività produttive, guidato invece da Edy Tamajo, il Mr. preferenze palermitano, approdato dalle scorse elezioni da Renzi a Forza Italia e molto vicino al presidente Renato Schifani: è il suo assessorato che elenca tutti gli eventi ammissibili al finanziamento di “La Sicilia che ci piace”, dove compare anche quella del fungo porcino con 10 mila euro per Alcara Li Fusi, comune sempre del Messinese, e perfino confinante con Cesarò: entrambi sono nel Parco dei Nebrodi, che poi è esattamente dove sta anche il fungo oggetto delle sagre.

Palermo-kiev gli effetti della guerra sui panifici
E se il Turismo può concedere direttamente, Attività produttive procede con bando per distribuire le risorse del Bonus Energia Sicilia, come “misura di sostegno alle imprese, operanti in Sicilia, per la riduzione dell’aumento dei prezzi dell’energia derivante dal conflitto bellico Russia-Ucraina”. Sono più di 70 milioni di euro distribuiti però sia a cliniche private che a pub, panifici e pasticcerie.

Ci sono, per esempio, 200 mila euro per il Centro catanese di Medicina e chirurgia – Casa di cura Società, 175 mila per la casa di cura Villa Salus a Messina, 2.063 euro vanno invece per la pasticceria Albanese di Porto Empedocle. Oppure ci sono 10.814 euro per il panificio al Vecchio Mulino. Ma il conto tra panifici, pasticcerie e ristoranti si perde. Come possono stare contributi per case di cura e bar nello stesso contenitore?

“La questione è la modalità di costruzione del consenso in questa terra. L’arbitrio del potere che decide chi e quanto finanziare. Senza una visione il rischio è che anche misure meritorie non producano effetti concreti”, interviene Sergio Lima della direzione nazionale del Pd. “Sono tanti i sindaci che vengono da noi per lamentarsi proprio perché il Comune accanto ha avuto qualcosa a cui loro non sono riusciti ad accedere, perché tutto funziona in una logica di Comuni più fortunati perché a guidarlo è un ‘amico di’ questo o quell’assessore. Ci vuole maggiore trasparenza e collegialità”, commenta invece Luigi Sunseri, deputato regionale del M5S.

A breve, però, arriverà il maxi-emendamento, quello che come a ogni fine anno destina una quota per tutti i 70 deputati, una parte maggiore andrà a quelli di maggioranza, ma ce ne sarà anche per l’opposizione. Un solo emendamento da votare in blocco dagli stessi deputati che si concedono una fetta di finanziamenti.

Informazione e criminalità, Il terrore corre sul video

23 Novembre 2024

L’altro giorno, da Mara Venier, Carlo Verdone parlava della malinconia che lo prende di fronte a notiziari pieni di brutte notizie. La tv, in Italia in particolare, è diventata più che una finestra sul mondo una finestra sul crimine. Assassinii, tentati omicidi, furti, rapine, aggressioni, ferimenti sono tematizzati nei programmi e nei talk dei palinsesti nazionali con una frequenza francamente eccessiva, ben oltre la loro effettiva densità sociale. Soprattutto i telegiornali, anche di quelle reti pubbliche che dovrebbero fare più attenzione per il loro ruolo “istituzionale”, sono diventati un succedersi di nefandezze e misfatti di ogni genere, una quotidiana rassegna di notizie di nera cui le redazioni stanno dietro con voracità preoccupante, imbastendoci delle vere e proprie narrazioni seriali, a puntate: così che, dopo averlo raccontato, inseguono morbosamente il delitto nei giorni successivi, più e più volte, sia alla ricerca di nuovi dettagli, sia per (ri)sentire qualcuna delle parti o dare la parola alla gente del posto, spesso senza che ci sia nessuna novità rispetto a quanto già noto.

Furio Colombo una volta ricordò che nella redazione della potente Abc americana compariva il seguente cartello: omicidio, coltello, colpo di arma da fuoco, aggressione con bastone o armi improprie, strangolamento, suicidio. Era una lista di priorità con cui il redattore capo chiamava i colleghi a selezionare le notizie di giornata. Non siamo a questo livello (forse) ma è netta la sensazione che i tg nazionali e anche l’infotainment della mattina e del pomeriggio, si occupino troppo di crimini. Al di là della loro reale incidenza o di una crescita vera del fenomeno. Offrendo così un racconto della realtà distorto, ansiogeno, che diffonde paura e insicurezza, un racconto che l’invadenza martellante di uno sciagurato spot di un sistema d’antifurto finisce per perfezionare. È inutile aggiungere, fatta salva la storica attenzione al genere e oggi l’allerta necessaria su femminicidi, violenze ai sanitari, etc., quanto questa contraffazione della verità, per la quale only bad new is a good new, sia anche una pessima pedagogia: lo ha scritto Giovanni Valentini su questo giornale, ma anche lo psicologo Massimo Recalcati si è chiesto, a proposito di violenza tra i giovani, quanto i media siano incapaci di valorizzare gli infiniti atti positivi di testimonianza genitoriale piuttosto che esibire in negativo drammi familiari efferati che si contano sulle punte delle dita.

È il giornalismo, si dirà. No. Piuttosto è la scorciatoia di un giornalismo indolente e pigro, “che non fa bene il suo mestiere”. Anche perché le statistiche offrono una realtà che non coincide con quella che va in scena sui Tg o sulla “tv del dolore”: non c’è un fenomeno in irresistibile ascesa, men che meno un’emergenza nazionale. Un report del Sole 24 Ore di settembre ha rivelato infatti che nel 2023 gli omicidi sono il 3% in più rispetto al 2022, aumentano di 10 unità rispetto al 2018 e di 13 rispetto al 2019, e segnano addirittura un meno 17% rispetto 2014. Mentre nel primo semestre 2024 gli indici pur provvisori danno perfino un meno 1,1% rispetto al 2023. Sono numeri che smentiscono la narrazione mainstream sbilanciata sul crimine: nel 2017 una ricerca Demos-Unipolis certificava che le notizie che riguardavano la criminalità erano al Tg1 il 36,6%, nel tg tedesco il 18,2%, in quello inglese il 26,3% e in quello francese il 17,2%. L’allarme, infine, che questa informazione genera tra cittadini a tutte le ore del giorno viene amplificato dai social, va da sé, peggiorando un quadro già fosco. Il terrore corre sul filo era il titolo di un celebre film di Litvak del ’46. Oggi, in Italia, corre sul video.

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DAILY MAGAZINE

 

Aeroporto di Grazzanise: “chiacchiere e distintivo” del deputato Stefano Graziano

L’EDITORIALE DI ANTONIO ARRICALE 

L’aeroporto di Grazzanise è un must, direbbero gli inglesi. Il refrain scala le classifiche dei luoghi comuni della politica casertana ogni qualvolta il clima elettorale comincia a scaldarsi.

Se ne parla, ovviamente, per slogan, senza mai cercare di approfondire i pro e i contro dell’argomento e, soprattutto, senza mai indicare le responsabilità della mancata realizzazione, se ce ne sono, e in capo a chi. In qualche caso, se ne parla decisamente a sproposito: come motore di attrazione turistica, per esempio, nel tempo in cui – mai come in questi ultimi anni – le strutture ricettive risultano addirittura insufficienti per contenere tutti turisti che arrivano in Campania e, in particolare, a Napoli.

Proviamo, dunque, a dire come stanno i fatti ricapitolando, in breve, la storia.

Diciamo, intanto, che a Grazzanise un aeroporto esiste dal 1991, con funzione militare, diventando base del 10° Gruppo dell’Aereonautica militare italiana e, successivamente, del ricostruito 9° Stormo. Così come un aeroporto, con funzione più o meno analoga, già esisteva pure a Pontecagnano, vicino a Salerno: perché non si può parlare dell’uno senza tener conto dell’altro, è evidente. Con la differenza, che il secondo era, tutto sommato, un semplice campo di addestramento volo, mentre il primo già disponeva di una pista di circa 3 chilometri con a fianco un’altra, semi preparata, in terra battuta. Pista su cui – è appena il caso di ricordare – dal 2 al 15 novembre 1992 fu deviato tutto il traffico dello scalo di Capodichino per consentirne il rifacimento del manto di asfalto.

Va ricordato, inoltre, che sempre a favore di Grazzanise, il 17 gennaio 1998 il Consiglio regionale della Campania approvò all’unanimità una delibera dell’allora assessore ai Trasporti della Giunta di centro-destra guidata da Antonio Rastrelli, Cosimo Izzo, per la realizzazione, appunto, del secondo aeroporto internazionale della Campania. E che nel febbraio 2008 – dieci anni dopo – per la costruzione del nuovo aeroporto di Grazzanise fu firmato anche un protocollo d’intesa tra l’allora presidente della Regione Campania, questa volta l’ex comunista Antonio Bassolino, e il ministro dei trasporti Alessandro Bianchi. Protocollo cui, nel luglio del 2009 fece seguito un accordo tra Enac, Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e Regione Campania, per affidare a Gesac la realizzazione e gestione del nuovo aeroporto. E non è tutto. Il 15 marzo 2012, in occasione della visita del Capo di stato maggiore dell’Aeronautica – raccontano le cronache dell’epoca – erano già cominciate le operazioni preparatorie dei lavori.

E qui, purtroppo, finisce il racconto del sogno dell’aeroporto di Grazzanise. Accadde, infatti, che nel 2013, dopo un inaspettato colpo di spugna, nel Piano nazionale per lo sviluppo aeroportuale della Campania restarono solo i nomi di Capodichino e di Pontecagnano. Che cos’era accaduto?

Provate ad immaginarlo voi. Io mi limito a darvi soltanto due date. A luglio 2019 la Regione Campania e la Gesac presentano il piano di interventi per il nuovo scalo salernitano. Quindi, l’11 luglio 2024, sebbene ancora incompleto, a Pontecagnano viene inaugurato il 39esimo aeroporto italiano. E chi pensate ci sia a tagliare il nastro, con forbici in mano ed un sorriso a 36 denti, a fianco di un impacciato ministro dei Trasporti, Matteo Salvini? Sempre lui, il grande artefice dello scippo, Vincenzo De Luca, da nove anni presidente della Giunta Regionale della Campania.

Dunque, ora, quasi agli sgoccioli della seconda legislatura e in predicato di correre per la terza, il deputato Stefano Graziano, fino a ieri braccio destro casertano e sodale dello Sceriffo di Salerno, è tornato a rilanciare Grazzanise. Che ne pensate? Chiacchiere e distintivo, direbbe il duo Caiazzo-Ceruti.

(Nell’immagine grande il presidente De Luca inaugura l’aeroporto di Pontecagnano. Nel riquadro il deputato Pd Stefano Graziano)

I Marigliano del rione Case Nuove fanno tremare i Contini del Vasto

Le ultime informative della questura: gli emergenti hanno messo alle strette il gruppo di Eduardo Contini. Hanno chiesto aiuto ai Mazzarella e respinto i colonnelli inviati nel quartiere Mercato per sedare la rivolta

NAPOLI – Fibrillazione nei vicoli del quartiere Mercato. I Marigliano del rione Case Nuove fanno tremare i Contini. Sono da sempre un gruppo autonomo, ma fino a ieri versavano le quote ai Contini. Ora non vogliono più farlo e si sono ‘girati’. I Contini non l’hanno presa bene e hanno mandato alle Case Nuove i colonnelli più agguerriti. I Marigliano non solo li hanno respinti con la forza, ma hanno chiesto l’intervento dei Mazzarella del quartiere San Giovanni a Teduccio, che subito hanno deciso di proteggerli. La situazione stava per degenerare. Da uno scontro locale, si rischiava di coinvolgere i maxi clan un tempo guidati da Ciro Mazzarella ed Eduardo Contini.

Secondo le informative della questura, la faida è stata evitata per un soffio nel centro storico, perché i colonnelli dei Contini hanno fatto dietrofront. Ma la tensione adesso è alle stelle.

Gli investigatori non escludono ripercussioni, perché le divergenze non sono state appianate. Anzi. Ognuno rivendica spazio e autonomia. Ci sarebbero stati più incontri tra rappresentanti dei Contini e dei Marigliano, spalleggiati dai Mazzarella.
L’obiettivo era scongiurare lo scontro in campo aperto nel centro storico.

I Contini hanno dovuto fare i conti con i Marigliano delle Case Nuove, un gruppo emergente, poco disposto a sottostare alle regole della vecchia guardia.