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Iovine una dinastia di zombie. Il secondo delitto. Le perizie psichiatriche di comodo. La condanna finale fu a 14 anni di Ferdinando Terlizzi
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Iovine una dinastia di zombie. Il secondo delitto. Le perizie psichiatriche di comodo. La condanna finale fu a 14 anni.
di Ferdinando Terlizzi (*)
A riprova delle instabilità mentali, non solo dell’imputato, ma dell’intera famiglia Iovine, il Dott. Gennaro Cantelli, Direttore del Manicomio Civile di Aversa, produsse una documentazione dalla quale si evinceva che sia Carmine Iovine, fu Antonio, che Michele, figlio di Carmine, erano affetti da “turbe-psichiche”; che la famiglia aveva membri che erano soggetti a notevoli e numerosi precedenti “neuropsicopatici”; che la nonna materna era sofferente di “malinconia recidivante” ed era morta durante un processo di depressione per esaurimento da “sitofobia”. Il padre dell’imputato era diabetico e la madre affetta da “ticcosa e eccesso di lipotisia” ; il fratello Giovanni era stato curato nel manicomio di Aversa e successivamente accusato di omicidio ed in seguito a perizia psichiatrica era stato prosciolto per “vizio di mente” ed in quell’epoca (1951) era internato nel manicomio. Una dinastia di zombie, insomma. Con il rapporto del 18 ottobre del 1950 i carabinieri di Casal di Principe riferivano che verso avevano avuto notizia che il giovane contadino Michele Iovine, aveva ferito gravemente, mediante colpi di pistola, tal Francesco Castiello, di anni 25, da San Cipriano d’Aversa, alla via Roma.
Recatisi sul posto i militari poterono stabilire soltanto che il delitto si era svolto all’altezza del salone del barbiere Emilio Caterino, come avevano dichiarato i testimoni oculari Giovanni Iovine, Pietro Iovine e Giovanni Caterino, giacchè Michele Iovine – indicato come l’assassino – si era dato nel frattempo alla latitanza e il Castiello era stato trasportato presso un sanitario con un’automobile di transito. Nello stesso giorno, Patrizio Capoluongo, consegnava un certificato medico della Casa di Cura per la chirurgia ginecologia ortopedia di Napoli, a firma del dottor Raffaele Di Bello. I carabinieri denunciarono pertanto lo Iovine, in stato di latitanza, quale responsabile di omicidio volontario premeditato. Successivamente – su richiesta del difensore Avv. Giuseppe Garofalo – l’imputato veniva sottoposto a perizia psichiatrica da parte dei proff. Giuseppe Lavitola e Salvatore Tolone. Ma l’esito fu contraddittorio. Disposta quindi un’altra perizia affidata al professor Eustachio Zara veniva confermato da quest’ultimo il giudizio espresso dal professor Tolone affermandosi che lo Iovine non era affetto da alcuna “malattia mentale” e che lo stesso presentava soltanto note evidenti di “anormalità-costituzionale” per cui doveva considerarsi socialmente pericoloso. La Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere condannò l’imputato ad anni 18 di reclusione con la concessione delle attenuanti generiche e la esclusione delle aggravanti. La Corte di Assise di Appello di Napoli, con sentenza del 26 novembre del 1958, ridusse la pena a 14 anni. La Corte di Cassazione, in data 31 gennaio del 1959, rigettò il ricorso. Nei tre gradi di giudizio furono impegnati – a vario titolo – gli avvocati: Luigi Palumbo, Giuseppe Garofalo, Ettore Botti, Ciro Maffuccini, Alberto Martucci, Alfonso Raffone, Nicola Manco e Luciano Numeroso.
Fonte: Ferdinando Terlizzi – Vittime assassini processi – Edizioni Eracle – 2020 – 2° Fine – ( la prima parte è stata pubblicata domenica scorsa) –