di Vincenzo D’Anna*

Abbiamo ripetutamente condannato (e scritto), come indebito esercizio del potere statale, ogni decisione legislativa che limiti il pieno uso ed esercizio della proprietà privata. Abbiamo più volte esecrato il diritto che la pubblica amministrazione si arroga di voler interferire nella libertà dei cittadini ad usufruire dei propri beni e con esso, la pervasiva capacità che il governo si assume allorquando entra a gamba tesa nella libera iniziativa dei governati. Lo faccia per motivi fiscali o di pubblica sicurezza, poco importa, perché viola il basilare diritto, esistente in capo a ciascun componente del corpo sociale, di poter intraprendere per procurarsi vantaggi leciti e discrezionali. Come in migliaia di altri casi specifici lo Stato onnipotente cerca di limitare anche le nuove attività economiche private e per farlo mette in discussione uno dei baluardi delle società liberali e democratiche: la proprietà privata. Viviamo in una nazione che ha sempre vista di cattivo occhio la proprietà. E’ accaduto con i governi di sinistra che hanno inteso la proprietà come un emblema delle diseguaglianze sociali, frutto del parassitismo di coloro che, magari, non pagano tutte le tasse e spesso sono titolari di aziende ove si esercita il più immondo dei peccati: lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Un chiaro esempio ci viene da un recente provvedimento del governo con il quale è stato abolito l’utilizzo dei lucchetti da parte dei gestori dei “bed & breakfast”. Tali lucchetti, come si sa, possono essere aperti direttamente da chi deve accedere ai locali per il tramite di un codice che gli viene inviato via mail. Insomma: una sorta di check-in a distanza che consente, a chi ha pagato un soggiorno in un B&B, di poter entrare direttamente in camera senza incontrare fisicamente il titolare dell’attività, semplicemente aprendo un catenaccio. Ebbene, l’intervento del governo rappresenta solo l’ultimo episodio di una più ampia azione intrapresa anche da varie amministrazioni locali contro la micro-imprenditoria di chi mette a disposizione dei turisti una camera o un appartamento. Si ha anche il sospetto che questo sia stato voluto dalla “lobbie” degli albergatori e che quindi sia l’espressione (anche) di ben chiari aspetti corporativi. La vicenda del blocco delle serrature automatiche pone in discussione la disponibilità stessa di un bene chiamato “casa” che, della proprietà privata, è l’esempio più evidente e diffuso. Dicendo “no “ai lucchetti si vuole proibire che gli affitti brevi superino tot giorni all’anno. Il sistema di blocco viene, invece, abolito se i fitti dei medesimi locali sono più lunghi, ossia di almeno un mese. Lo stesso vale per i requisiti necessari al fitto dei locali a breve termine, nel qual caso ci si deve munire di un estintore che non è più necessario se il fitto dei locali più lungo. Insomma la disponibilità della casa ed il suo utilizzo per taluni scopi finisce nella discrezionalità del legislatore statale e non più dei semplici cittadini proprietari. Tuttavia nel Belpaese, ove a cadenza costante si grida al pericolo di un ritorno del fascismo, nessuno si accorge della dittatura dello Stato centrale, dell’ingerenza che questi esercita in tutte le attività, dei monopoli che gestisce e dai quali sgorga, endemico ed incipiente, il mare di debito pubblico. E neanche le opposizioni, che pure starnazzano come le oche del Campidoglio innanzi ad ogni provvedimento governativo, ignorano le ingerenze quando queste hanno carattere centralista e corporativo, ossia contengono in sé i germi ideologici del fascismo. Forse non aveva torto Piero Gobetti quando definì il fascismo “l’autobiografia della nazione”, né si sbagliava lo stesso Duce quando dichiarava: “il fascismo non l’ho inventato io; l’ho trovato già negli italiani”. Lo Statalismo in Italia, è patrimonio comune di destra e sinistra, un male endemico che è allignato, ed ancora prospera, dopo il fallimento storico dei regimi sia socialisti che fascisti . Ma non basta questo dato ideologico se non si tiene conto che alla furbizia levantina degli italiani ai quali poco interessa il modello di Stato se non per i benefici che ne potrà trarre. Quindi non battono ciglio anche innanzi alla legislazione che produce l’incrocio tra corporativismo e autoritarismo, tra disprezzo dei diritti fondamentali esercitati dai singoli e la presunzione dirigista che lo Stato possa fare meglio. Insomma: la storia dello Stato che disponendo di tutti i mezzi determina tutti i fini, si ripete nelle grandi e nelle piccole cose, fino ad interferire nel diritto di utilizzare, da parte dei singoli cittadini, una piccola proprietà. Il Leviatano statale, che il filosofo Hobbes descriveva come il mostruoso simbolo dell’onnipotenza dello Stato nei confronti dell’individuo, del potere totalitario ed oppressivo, è venuto a ringhiare davanti alla porta di ogni casa, per reclamare tasse ed imporre divieti.

*già parlamentare