di Vincenzo D’Anna*

La Francia è in subbuglio. Politico e sindacale. A pochi mesi dalle ultime elezioni, già se ne paventano di nuove a meno che il presidente della Repubblica Emmanuel Macron, non tiri fuori qualcosa dal cilindro in grado di scongiurare la fine anticipata della legislatura! A tenere banco Oltralpe è proprio il verdetto dell’urna, per la precisione quello del secondo turno delle votazioni del 7 luglio scorso che, in linea con quanto accaduto in vari paesi europei, ha visto decretare la vittoria della Destra di Marine Le Pen (capace di aggiudicarsi 142 seggi) e della sinistra di Jean Luc Mélenchon (193 seggi). Facile comprendere come, conti alla mano, su 587 posti disponibili ben 353 siano stati appannaggio delle forze di opposizione. Con buona pace dell’inquilino dell’Eliseo. Ancora, c’è da precisare che in Francia vige il sistema della Repubblica presidenziale, mediante elezione diretta del Capo dello Stato. Ed è prevista anche la cosiddetta “coabitazione” nel momento in cui l’eletto “convive” con un leader di governo frutto di una maggioranza di segno politico diverso rispetto alla sua. Certo “coabitare” non è né semplice, né agevole se la visione delle cose diverge a tal punto da potersi raffigurare addirittura agli antipodi. Ed è esattamente questo il cruccio di Macron che con la sua alleanza di centro ha puto raggranellare poco più di duecento seggi e dunque un numero di parlamentari insufficiente per poter assicurare stabilità al neo esecutivo sempre più “ostaggio” dei veti delle ali estreme di Palazzo Bourbon, sede dell’Assemblea Nazionale. Macron insomma è alle prese con un gran bel pasticcio: provare a mantenere il proprio posto ed, al tempo stesso, evitare di insediare un presidente del Consiglio che sia espressione di maggioranze a lui avverse. Non sarà cosa facile ottenere tutto questo, così come non sarà agevole formare un nuovo governo di qualunque colore esso sia. In fondo le posizioni tra Macron e Le Pen divergono profondamente sia sul piano interno sia su quello internazionale. La “ pasionaria della destra francese è intransigente sulla questione migranti, sulle tematiche care della sicurezza nazionale. In più è una sovranista convinta sul piano dei rapporti con l’Unione Europea. Nel programma della “Droite” la propensione è quella di andare d’accordo con l’Ungheria del supersovranista Orban più che con la commissaria Ue Ursula Von der Leyden né vi manca una spolverata nostalgica della “grandeur”, la dottrina politica sciovinista che pone al centro di tutto e di tutti la potenza della Francia. Sul versante opposto invece, il nuovo fronte popolare vede socialisti, comunisti ed ecologisti riuniti sotto la guida di Jean Luc Mélenchon, leader di La France insoumise (letteralmente “la Francia indomita”): questo raggruppamento è schierato su ben altre posizioni ed è stampo radicale. Ricorda infatti più le posizioni dei vecchi marxisti che quelle dei socialisti riformatori di Francois Mitterand. Insomma: due poli letteralmente distinti e distanti. Sarà pertanto estremamente difficile per Macron riuscire a servire due padroni così diversi tra di loro. Intanto, di questi tempi, la rottura tra le forze moderate francesi (gollisti e centristi) e quelle socialiste ha radicalizzato la lotta a Parigi, ove ormai si odono più gli echi delle gesta giacobine che quelle conservatrici della Vandea. Ma può Parigi tornare a guardare indietro? Ha, la Francia, un’economia florida e forte a tal punto da riuscire ad accontentare le richieste e le rivendicazioni salariali della gauche politica e sindacale? Può il paese transalpino continuare ad imbarcare migranti senza se e senza ma, evitando di rinforzare quelle malmostose minoranze di francesi naturalizzati che si agitano nelle “Banlieues”, soprattutto quelle delle grandi città? Ma più di ogni altra cosa: si potrà mai governare, recuperare voti e sostegno dai più miti riformisti francesi con una guida come quella di Malenchon che di socialdemocratico ha poco o nulla? Andando sull’altro versante politico potrà mai la Francia tornare ad essere una nazione capace di competere con le super potenze mondiali come accadeva ai tempi di Charles De Gaulle e Jacques Chirac? Potrà il sovranismo di Le Pen conciliarsi con la redditizia politica che Macron ha da tempo intessuto preventivamente con la Germania per poi imporla anche in sede europea? Si tratta di interrogativi di non facile risposta, somiglianti più a nodi gordiani che a semplici quesiti. Allora, nell’immediato, credo che Macron voglia solo recuperare tempo e consenso facendo “scoppiare” le altrui contraddizioni. Non un “vaste programme” che richiami alla mente quello del generale De Gaulle, allorquando questi, sentitosi chiedere da sotto al palco: “Morte a tutti i coglioni”, rispose lapidario: “Amico, lei propone un vasto programma!”.

*già parlamentare