Catasta

ca-tà-sta

Significato Mucchio di oggetti messi gli uni sugli altri alla rinfusa; mucchio ordinato di legna; misura di legna da ardere; rogo

Etimologia dal latino catasta ‘palco, graticola’, dal greco katástasis ‘collocazione, stabilità’, derivato dalla radice di kathístemi ‘collocare’.

  • «Ho fatto una catasta con tutta la roba da buttare.»

Fare una catasta di legna non è una cosa banale. Nei luoghi dove la legna continua ad essere una stretta compagna di vita, accatastarla è un’arte, e le cataste fanno parte del sottile tessuto del paesaggio. Se mi metto io a fare una catasta di legna, il risultato è pieno di interstizi, traballante, e quindi anche pericoloso. Se fa una catasta chi sa farla, con pezzi omogenei per forma e dimensione, il risultato è solido e pulito come un muro a secco. E qui troviamo una delle diverse  che rendono questa parola tanto .

Di solito per noi la catasta è un mucchio disordinato. Una catasta di giocattoli, una catasta di , una catasta di sedie da giardino. E lo sentiamo ancora meglio nel verbo ‘accatastare’, che ci dà proprio l’idea di un ammucchiare particolarmente massiccio. Ma fa forte eccezione la catasta originaria, che è proprio quella di legna, composta ordinatamente con componenti omogenei.

La catasta di legna viene da lontano, nel tempo e anche nello spazio — in maniera curiosa. Questa parola, così schiettamente popolare anche nel suo modo di essere unità di misura informale della legna da ardere, tuttora in uso in  e in montagna e di notevole variabilità, ci arriva dal latino attraverso il greco. In greco ha un’aria così  e ! Infatti la katástasis è la collocazione. Una parola che, forse diremmo, si attaglierebbe meglio a fondazioni, piuttosto che a mucchi di legna — ma c’è un motivo se la catasta parte da qui.

La catasta, in latino, è un palco. Non teatrale. Un palco di vendita. In particolare, il palco da cui si vendevano gli schiavi. La maggior parte delle nostre parole attinenti alla sfera della falegnameria sono longobarde (lo stesso ‘palco’), ed è curioso come il latino qui prenda un prestito dal greco — per un oggetto che solo in maniera tangenziale investe la legna, perché il rilievo è sul tratto commerciale di strumento. Però all’orecchio latino parla di legna e in maniera evidentemente suggestiva, perché la catasta diventa anche il complesso della graticola di tortura, un rogo a fuoco lento, che richiedeva una griglia metallica con sotto… una catasta di legna. Forse  è questa catasta a perdurare. Dopotutto, nella lingua antica e letteraria la catasta si conserva rogo, pira.

Così abbiamo una parola greca, usata in latino per indicare le postazioni per la vendita degli schiavi e i roghi di tortura, che nella lingua popolare permane come cumulo di legna, e che si dissocia in mucchi ordinati per  — la legna accatastata si vende a un prezzo, non accatastata a un altro, ovviamente —, e in mucchi disordinati per antonomasia — cataste di corpi, cataste in garage, cataste di  sporche. Una sorte incredibile, a cui aggiungiamo un ultimo tassello. Il catasto c’entra qualcosa?

Non molto. Il catasto arriva dal greco tardo, di epoca , come ‘registro’ — attraverso le porte della Romagna (che ricordiamo, è detta ‘Romagna’ perché fino alla tarda antichità c’erano i Romani… d’Oriente, cioè i Greci) e di Venezia. Katástikhon ha proprio questo significato, e lo costruisce come lista derivandolo da stíkhos ‘riga’ col prefisso kata– ‘verso il basso’ — immagine di splendida sintesi, la cascata di righe del catasto. Che però finisce per adattarsi in questa forma italiana su modello della catasta. E alla fine, non è  una catasta anche quella del catasto?