Quadriglia

 Le parole della musica

qua-drì-glia

Significato Ballo figurato danzato da più coppie, in auge nella prima metà dell’Ottocento

Etimologia da quadrille (francese) e cuadrilla (spagnolo), da cuadro ‘quadrato’ o cuadra con suffisso diminutivo –illa.

  • «Due pariglie di cavalli formano una quadriglia?»

La quadriglia è un ballo, ma il suo nome non nasce in ambito musicale. In qualunque lingua lo si pronunci, fa sempre capolino il numero quattro. L’idea di quadriglia scaturisce genericamente come un insieme omogeneo, formato indicativamente da due coppie. Una compagnia di cavalieri che partecipava a una  o che sfilava in parata era detta quadriglia, come anche la piccola squadra di banderilleros e picadores che assistono il matador nella corrida formano una cuadrilla. E poi, si può giocare in quadriglia sia a scacchi che a bocce.

L’etimologia vuole che quadriglia provenga dal francese quadrille e proprio dallo spagnolo cuadrilla. La lessicografia musicale suggerisce che derivi dall’italiano squadriglia o, ancora, dallo spagnolo; però, anche squadriglia discende dallo spagnolo, escuadrilla.

L’accezione di quadriglia nel senso di squadriglia si coglie in un editto emanato nel 1559 a Bologna per mantenere l’ordine: «che persona alcuna… non debba fare in casa sua  di gente, né armate, né andare in quadriglia per la città… la quadriglia sarà ogni volta che uno gentiluomo bolognese di qual si voglia grado e titolo, manerà seco più di otto persone».

In Spagna la parola cuadrilla è documentata almeno sin dal primo Quattrocento, indicando originariamente la spartizione (in quattro) del bottino. Anche in Italia è ben attestata, ma sembra che comparve soltanto poco prima della metà del Cinquecento, e in Francia qualche decennio più tardi. Comunque, nelle varie corti sfilavano a cavallo quadriglie di cavalieri sontuosamente abbigliati con oro, argento e ogni sorta di prezioso .

La danza denominata quadriglia nacque nel Settecento in Francia e toccò l’apice del successo durante il Primo Impero napoleonico (1804-1815), raggiungendo ben presto Londra, Berlino, Vienna e tutta l’Europa, perfino la Finlandia. Era un ballo figurato, ossia prevedeva l’esecuzione di figure e di passi obbligati.

All’epoca la quadrille (qui in un breve video dell’Istituto Luce e qui in una ricostruzione moderna) si suddivideva solitamente in cinque parti, che mantenevano i nomi delle contredanses originarie, danze campestri che in inglese erano dette country-dance, da cui l’italiano contraddanza. Infatti, la quadriglia si era diffusa dai saloni di Francia alle campagne e ai villaggi d’Europa. La musica era vivace e ben ritmata; ogni sezione di quadriglia prevedeva numerose ripetizioni, rigorosamente distribuite ogni otto o sedici .

I temi delle danze che formavano la quadriglia potevano essere originali, come la Fledermaus-Quadrille di Johann Strauss II, oppure essere presi in prestito dalle composizioni di maggior successo, come dal Ballo in maschera di Verdi. Qualsiasi brano famoso poteva diventare un  o una quadriglia, anche se non aveva nessuna attinenza con il ballo; bastava ‘deformarlo’ per adattarlo all’uso.

Una sorte del genere capitò addirittura allo Stabat Mater di Rossini. È vero che, per il suo particolare carattere, il quartetto che canta il n. 6, Sancta mater, fu definito da Luigi Rognoni «un’esuberante preghiera fatta con animo ‘terreno’». Sta di fatto che dopo la prima rappresentazione in Inghilterra, lo Stabat venne trasformato in una serie di quadriglie da James William Davison, celebre critico musicale di The Times con  compositive. Il rimaneggiamento venne intitolato Bologna Quadrille perché si riteneva che Rossini fosse felsineo, invece che pesarese.

Non fu risparmiato nemmeno Wagner e, così, anche i Souvenirs de Bayreuth di Fauré e Messager sfruttarono motivi tratti da L’anello del Nibelungo.

E, siccome la  ha sempre accompagnato la società civile, a volte gli artisti si sono divertiti a immaginare anche ‘quadriglie politiche’, chiamando in causa perfino Abraham Lincoln.

Comunque, la parola si può sempre usare figuratamente, magari nel presentare una quadriglia di crostini croccanti e fumanti come antipasto.

Linfa

lìn-fa

Significato Liquido circolante nei vasi delle piante; liquido circolante nei vasi linfatici degli animali; figuratamente, ciò che alimenta e sostiene; acqua limpida

Etimologia voce dotta recuperata dal latino lympha ‘acqua’, dal greco nýmphe ‘fanciulla, sposa, ninfa’.

  • «Come no, la linfa che sostiene tutto il baraccone è l’abnegazione, non il denaro.»

Quando diciamo che queste idee daranno nuova linfa al progetto, quando diciamo che la ricerca è la linfa dell’arte, quando diciamo che certi interessi hanno succhiato tutta la linfa di un’iniziativa piena di slancio, di che linfa stiamo parlando? Che è, la linfa?

Non è una cosa sola. E non ha una storia lineare. C’è un concetto  — nemmeno messo troppo a fuoco — che è stato semplicemente rivisto e riletto (e anche riscritto e ridetto) in modi via via diversi. Già solo cominciare dicendo che la linfa nasce dalla ninfa ci chiarisce che ci sarà poco di chiaro ma molto di suggestivo.

Il greco nýmphe, fra gli altri, ha il significato di ‘ninfa’ — una divinità minore  a schiere che popolano la natura, e che in qualche modo vi s’incarnano. Fra queste schiere possiamo ricordare le Naiadi, ninfe delle acque dolci, le Oreadi, ninfe dei monti, le Driadi, ninfe dei boschi. Il termine propriamente indicherebbe anche ‘fanciulle’ e ‘spose’, e la sua etimologia è molto incerta (forse è un termine del sostrato pre-ellenico, ma se ne discute).
In latino giunge, con un prestito proprio dal nýmphe greco, la parola lympha. In particolare lympha si afferma come termine poetico per dire ‘acqua, fonte limpida’ — c’è sotteso un riferimento per eccellenza alle ninfe delle acque.

La linfa sarebbe rimasta un modo poetico di chiamare le acque cristalline, se non fosse stato per certi usi invalsi in epoca , e in ambito scientifico.
Qui, in particolare fra Sei e Settecento, ‘linfa’ inizia ad essere usato come nome per generi di fluidi vitali che scorrono in piante e animali — fluidi che in effetti abbisognavano di nomi specifici perché non erano i soliti, quelli osservati (o immaginati) da . Al solito, pescare nel laghetto delle lingue classiche per tirar su la parola giusta è parsa la cosa più naturale da fare — e ad abboccare fu appunto lympha, acqua sì ma di valore speciale, personificata, divina.

In botanica la linfa, greggia o elaborata, diventa l’umore che circola nei diversi vasi della pianta; rispettivamente contiene acqua e sali minerali, o  organiche nutrienti. In zoologia, la linfa diventa il fluido lattiginoso che circola nel sistema circolatorio linfatico — uno degli apparati meno noti al grande pubblico, forse perché privo delle funzioni pirotecniche, evidenti e facili da raccontare che altri vantano, ma non per questo meno rilevante.
Queste  scientifiche che insistono su un’acqua speciale, superiore, che  un corpo, creano nell’Ottocento lo spazio semantico per la linfa come ciò che alimenta e sostiene qualcosa. Nuove iscrizioni portano linfa all’associazione; la partecipazione locale è la linfa vitale dell’iniziativa politica; e si discute di quali  siano la linfa di un certo sport.

Un percorso , che attraverso i secoli ha saltato fra riferimenti ed estensioni parziali in un esercizio continuo d’altezza poetica e scientifica — e che così ha lucrato il , splendido effetto di conservare la linfa enigmatica e altamente simbolica.