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La missione di Meloni da Trump, la nuova offensiva ucraina nel Kursk |
Donald Trump e Giorgia Meloni a Mar-a-Lago, sabato
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di Elena Tebano |
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«Una bella serata, lo ringrazio per l’accoglienza. Pronti a lavorare insieme». Giorgia Meloni, ieri su Facebook, ha commentato così la visita di sabato al presidente eletto americano Donald Trump nella sua residenza di Mar-a-Lago, in Florida, organizzata nel massimo riserbo due settimane prima dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca e solo cinque giorni prima della visita del presidente uscente Joe Biden a Roma (qui il racconto della serata di Viviana Mazza).
Meloni è una dei pochi leader stranieri che hanno incontrato Trump in Florida dopo le elezioni del 5 novembre: oltre a lei ci sono il presidente argentino Javier Milei, il primo ministro ungherese Viktor Orbán e il primo ministro canadese Justin Trudeau. È, come spiega Massimo Gaggi, la conferma che per la nuova amministrazione Usa Meloni sarà l’interlocutrice privilegiata nella Ue e avrà una sorta di ruolo-cerniera con la commissione di Ursula von der Leyen e i leader dei grandi Paesi europei. «Ha davvero preso d’assalto l’Europa» ha detto non a caso di lei Trump sabato sera, definendola una «donna fantastica».
All’incontro hanno partecipato anche Marco Rubio, il senatore della Florida scelto come segretario di Stato da Trump, Mike Waltz, prossimo consigliere per la sicurezza nazionale, il futuro segretario del Tesoro Scott Bessent, l’imprenditore texano Tilman Fertitta, nominato ambasciatore Usa a Roma e l’ambasciatrice d’Italia negli Usa Mariangela Zappia. Non c’era invece Elon Musk, che secondo avrebbe un ruolo da mediatore con Trump. Scrive ancora Viviana Mazza:
Una fonte dice al Corriere che Musk avrebbe distratto l’attenzione dall’incontro tra i leader, ma sta di fatto che i suoi progetti di investimento in Italia continuano a prendere corpo, come il possibile contratto dal valore di 1,5 miliardi di euro con SpaceX per la fornitura al governo di servizi di telecomunicazione sicuri: secondo Bloomberg il piano «era in stallo e sembra aver fatto passi avanti» dopo la visita di Meloni.
La premier italiana ci teneva a visitare Trump prima del suo alleato-avversario Matteo Salvini (che parteciperà alla cerimonia di insediamento di Trump il 20 gennaio), ma soprattutto voleva affrontare con Trump la questione della giornalista italiana detenuta in Iran Cecilia Sala. Spiega Mazza:
Il vero motore del viaggio, secondo diverse fonti, è il caso di Cecilia Sala. Meloni ha «premuto aggressivamente» per l’incontro, dice una fonte al New York Times. I rapporti tra Iran e Stati Uniti sono molto tesi e lo stesso Biden in queste ultime settimane della sua amministrazione ha parlato della possibilità di essere più duro con l’Iran.
Anche per questo la missione di Meloni in Florida è stata organizzata con così tanto riserbo da «stressare», come racconta Marco Galluzzo, «il sistema istituzionale del nostro Paese»:
Dalla Farnesina ad alcuni pezzi dei nostri apparati di sicurezza infatti non tutti hanno gradito la genesi di un viaggio che in molti casi non è stato comunicato e condiviso con gli altri attori di governo. Persino Antonio Tajani, il nostro ministro degli Esteri, ha appreso a cose fatte la notizia del viaggio. Che è nato, è stato costruito e si è svolto su binari in cui ha prevalso il rapporto personale di Giorgia Meloni con lo staff di Trump, piuttosto che un movimento omogeneo del sistema italiano.
Per ragioni legali, spiega ancora Galluzzo:
Un presidente eletto non può affrontare con capi di Stato stranieri, o con altri interlocutori, dossier concreti di politica interna o estera prima del giuramento. Per gli americani è un regola aurea, e per averla violata ci ha rimesso la testa, nel 2017, Michael Flynn, che ammise di aver trattato con la Russia prima ancora che Trump si insediasse. Una lezione che nel team di transizione americano hanno imparato, e sul quale la delegazione italiana è stata caldamente consigliata. (…)
Formalmente e sino al 20 gennaio il dossier è gestito dall’amministrazione Biden, che sarà a Roma in visita al Papa e alla stessa Meloni fra pochi giorni, ma una valutazione incrociata delle carte è in corso e la visita lampo di Meloni sembra aver confermato le impressioni che circolano ai vertici del nostro sistema. L’ingegnere iraniano arrestato dalla nostra magistratura, ragione del ricatto politico che Teheran ha messo in piedi con la detenzione della giornalista italiana, non sembra una pedina di primo piano o imprescindibile, anche secondo la valutazione del team di transizione fra le due amministrazioni degli Stati Uniti. Un punto che appare consolidare una fiducia maggiore, nel governo, sull’intera vicenda.
Se queste interpretazioni verranno confermate, sarebbe un elemento molto importante in vista di un eventuale scambio con la giornalista italiana.
La nuova offensiva ucraina nel Kursk
L’Ucraina a sorpresa ha lanciato una nuova offensiva nella regione di Kursk, l’area della Russia occidentale in cui l’esercito ucraino era penetrato il 6 agosto, riuscendo da allora (contro molte previsioni) a mantenere circa il 60% dell’area conquistata inizialmente, un territorio prezioso perché Kiev potrebbe usarlo come merce di scambio in eventuali trattative di pace.
L’avanzata delle truppe ucraine nel Kursk
Ieri il ministero della Difesa russo ha dichiarato che le truppe russe stanno respingendo la nuova incursione delle forze ucraine, ma alcuni blogger militari russi affermano che le unità di Mosca sono sottoposte a «una pesante pressione» (secondo analisi occidentali, la Russia nella regione di Kursk ha dispiegato anche 11 mila soldati della Corea del Nord, sua alleata, per riuscire a respingere gli ucraini). Ieri Andriy Yermak, capo dell’ufficio del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ha scritto su Telegram che c’erano «buone notizie» da Kursk: «La Russia sta ottenendo ciò che si merita». EAndriy Kovalenko, il capo del Centro ufficiale ucraino contro la Disinformazione, ha scritto su Telegram che le notizie da Kursk erano «buone» (qui la cronaca di Francesco Battistini). La cittadina di Velike Soldatske, su cui punta l’avanzata, si trova a 20 km a nord-est di Sudzha, già occupata dalle truppe ucraine, e a 80 km in direzione di Kursk.
La Russia attualmente controlla circa un quinto dell’Ucraina e nell’ultimo anno è avanzata lentamente nelle aree orientali, nonostante le ingenti perdite di truppe ed equipaggiamenti. Spiega Marta Serafini:
A rendere difficile la controffensiva di Kiev è la superiorità numerica di Mosca sul resto del fronte, in particolare a Est e ancora più nel dettaglio su Pokrovsk, hub militare strategico tenuto sotto pressione dalle forze di Putin fin dalla primavera scorsa.
Immagini satellitari di sabato mostrano che le forze russe sono avanzate nel centro di Lyssivka e a nord-ovest di Vovkove, rispettivamente a sud-est e a sud-ovest della cittadina. Secondo il comandante Viktor Trehubov, portavoce del gruppo operativo ucraino Khortytsia, l’esercito russo sta cercando di circondare Pokrovsk perché vuole evitare i combattimenti urbani e interrompere le catene di comunicazione e logistica dell’esercito ucraino.
Al momento dunque la traiettoria della guerra non è favorevole all’Ucraina, che si trova a corto di personale in prima linea (una carenza aggravata dall’aumento delle diserzioni) e ha bisogno di sostegno da parte degli alleati occidentali. Giovedì ci sarà una riunione in Germania del cosiddetto gruppo di Ramstein, cioè dei Paesi occidentali che sostengono l’Ucraina. E il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto di voler «continuare a convincere» quelli che «possono contribuire a potenziare le nostre capacità non solo di difesa contro i missili, ma anche contro le bombe guidate e l’aviazione russa» (al vertice parteciperà anche il Segretario alla Difesa degli Stati Uniti Lloyd J. Austin).
L’amministrazione Biden sta spingendo per inviare il maggior numero possibile di forniture militari all’Ucraina prima dell’insediamento di Donald Trump, perché tutti si aspettano che il presidente repubblicano taglierà gli aiuti militari ed economici all’Ucraina.
Le altri notizie importanti
- Ieri in Austria, dopo le dimissioni del cancelliere dei Popolari Karl Nehammer e dopo il fallimento dei colloqui tra Socialdemocratici e Popolari che non sono riusciti a trovare un nuovo accordo di governo, il presidente della Repubblica Alexander Van der Bellen ha affidato a Herbert Kickl, il leader dell’estrema destra Fpö (Freiheitliche Partei Österreichs) il compito di provare a formare un governo.
- Nuova grana per il governo laburista di Keir Starmer: un’inchiesta giornalistica ha rivelato che la sottosegretaria al Tesoro Tulip Siddiq ha usato una serie di appartamenti messi a sua disposizione da personaggi legati al regime della zia di lei, Sheikh Hasina, la tiranna del Bangladesh deposta l’anno scorso a seguito di una insurrezione popolare e ora esiliata in India (non proprio una sorpresa, visto che zia e nipote sono sempre state molto legate).
- Hamas ieri ha detto di aver approvato una lista di 34 ostaggi israeliani da restituire come parte di un accordo che potrebbe portare a un cessate il fuoco. Ma l’ufficio del premier israeliano Benjamin Netanyahu ha negato di aver ricevuto una simile lista.
- La governatrice democratica di New York Kathy Hochul ha annunciato l’introduzione di un pedaggio di 9 dollari per transitare nella zona più congestionata di Manhattan, nell’area a sud di Central Park. I Repubblicani intendono opporsi e il presidente eletto Donald Trump ha detto che lo abolirà.
- Il capo dello Stato Sergio Mattarella ieri ha assistito alla messa di don Maurizio Patriciello al Parco Verde di Caivano, un segnale di vicinanza alla popolazione oppressa dalla camorra. Dopo le tensioni createsi per gli sgomberi degli occupanti illegittimi dalle case popolari del quartiere, il parroco aveva dovuto annullare la messa di mezzanotte di Natale.
- L’europarlamentare leghista Roberto Vannacci ha registrato il marchio del movimento Mondo al contrario: il simbolo comparirà alle Regionali toscane del 2025 insieme a quello della Lega. Ieri Vannacci è andato a portare la sua solidarietà a un uomo accusato di omicidio (ha sparato al vicino albanese che con una ruspa minacciava di demolire il tetto della sua casa).
- Daniele Bordicchia, 38 anni, guardia giurata di Gaifana, frazione di Gualdo Tadino, sabato ha ucciso la moglie Eliza Stefania Feru, 29 anni, con la pistola che deteneva per lavoro, poi si è sparato nel loro letto. Si erano sposati a maggio. È il primo femminicidio del 2025. Cosa sia la violenza dei femminicidio lo mostra drammaticamente la foto di Martina Voce, la ragazza italiana accoltellata ad Oslo dall’ex. «Queste sono le ferite che mi porterò sempre dietro: faranno parte della mia vita», dice lei. «Queste ferite – aggiunge – rappresentano la anche mia salvezza: se sono viva, però, lo devo anche a una serie di circostanze e a due giovani che mi hanno salvata».
- Marco Menichetti, 56 anni, ex assessore di San Donato Milanese, è precipitato dal sentiero e rimasto ferito lungo la via che divide il rifugio Alpe Massero e Carcoforo, in Val Sermenza, valle laterale della Valsesia (Vercelli). Si è salvato grazie alla figlia 16 Vera, che – anche lei ferita – è riuscita comunque a tornare al paese per chiedere aiuto.
- «Scioccante interpretare Mussolini: lui non era sincero neanche con sé stesso. Sembra sempre su un palcoscenico, anche in famiglia, perché lui ha sempre una maschera che indossa». Lo dice Luca Marinelli, l’attore che interpreta il dittatore nella nuova serie Sky, nell’intervista a Walter Veltroni.
- «L’ultimo antibiotico l’ho preso 40 anni fa. A pranzo? Solo una spremuta. E corro ancora cinque km al giorno». Silvio Garattini, ricercatore, oncologo, farmacologo, 96 anni compiuti lo scorso novembre, racconta i suoi segreti a Roberta Scorranese.
- Il calcio: la Roma ha vinto 2 a 0 il derby contro la Lazio. Non sono mancate le tensioni fuori e dentro il campo. È finita invece 0 a 0 Torino-Parma.
Risponde il direttore Luciano Fontana
Sud, le tante richieste di fondi e qualche segnale incoraggiante
Il presidente della Repubblica nel suo discorso ha presentato un’agenda molto concreta (l’ha descritta bene in un editoriale sul Corriere Roberto Gressi) per il Paese e la sua classe politica. Un’agenda oltre le contrapposizioni e le logiche di fazione che dominano il confronto politico in Italia. Come a dire: basta, questi sono i problemi, cerchiamo finalmente di affrontarli.
Certamente vere emergenze sono le differenze di reddito, servizi e infrastrutture tra Nord e Sud. Differenze che hanno radici storiche, che non si cancellano in un attimo, e responsabilità che ricadono sulle classi politiche e dirigenti in senso largo del Mezzogiorno. Purtroppo, ha ragione, si continuano a chiedere solo più finanziamenti senza un minimo di bilancio su come sono stati spesi (e spesso non spesi) quelli italiani ed europei, in particolare i fondi regionali e di coesione. Sperperi, ritardi, truffe sono stati e continuano ad essere all’ordine del giorno. Che generino diffidenza nel resto del Paese non può stupire.
Qualche segnale positivo si vede però in questi ultimi anni: i tassi di crescita del Meridione sono più alti rispetto al resto del Paese, molte aree del Sud stanno diventando luoghi di ricerca e innovazione. Se si mette da parte lo spirito assistenzialista, se i fondi diventano progetti efficaci e innovativi, se le classi politiche non pensano solo a chiedere ma a spendere bene, forse passi in avanti si possono fare.
(Risposta a Alfredo Porro, qui la sua lettera)
Grazie per aver letto Prima Ora e buon lunedì
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