Nello spazio

Usciamo a riveder le stelle. Con Giotto e Van Gogh

Astri, comete e arte che brilla – Carl Gustav Jung: “L’Europa si riempie di volte blu-oro quasi a rifare la creazione divina…”

7 Gennaio 2025

Uno spettacolo vertiginoso, estatico e per di più for free. La meravigliosa liaison tra l’uomo e la volta celeste riflessa attraverso le opere e i luoghi d’arte. Spiritualità e bellezza, il visibile e l’invisibile: come si è trasformata nel corso del tempo la percezione, la rappresentazione iconografica di quei puntini luccicanti e silenziosi lassù. Donzelli pubblica, autore Giorgio Agnisola, Viaggio nell’arte delle stelle. “Cogliere i segni di un’attesa, di una speranza, specchiarsi in un bisogno di infinito; ecco perché il mondo stellato ha sempre affascinato l’uomo”.

Il cielo notturno come uno spazio fisico e metafisico insieme, un assoluto metaforico a perdita d’occhio, e gli artisti lo sanno. Agnisola muove dalle società primitive quando, scrisse James Cornell, “il cielo era una carta geografica, un calendario, un orologio e altro ancora”. Ecco i dipinti parietali delle grotte di Lascaux, un prodigio insondabile: protagonisti ne furono i Cro-Magnon, antica forma di homo sapiens. Una scoperta spartiacque, con i suoi soffitti fittamente istoriati lungo 200 metri di cunicoli e caverne sottoterra. Una visione spaziale ante litteram. Dalle intuizioni dei popoli mesopotamici (“i primi veri cercatori di stelle”) alle immagini della dea egizia Nut, che costellavano le piramidi: corpo stellato e quintessenza dell’acqua e della notte, della nascita e della rinascita. L’arte come ponte magico e religioso tra la specie umana e il firmamento. Quando nel 1933 Carl Gustav Jung rivisitò Ravenna, ne rimase folgorato: “L’Europa si riempie, nel Medioevo, di volte affrescate in blu con stelle d’oro, quasi a riprodurre il caelatum, la cesellatura divina della creazione”.

Dal Romanico agli inizi del Rinascimento, passando per il Barocco, chiese e cappelle riproducono il cielo by night. A introdurre il tema delle comete a mo’ di annuncio e prefigurazione, ci pensa Giotto, che ne dipinge una nella Cappella degli Scrovegni a Padova. La scena è quella, celeberrima, dell’Adorazione dei Magi. Ecco i grandi zodiaci dell’età rinascimentale perché, per millenni, “l’astrologia ha dialogato con l’astronomia”. Osservare il cielo per divinare il futuro, oltre che altre possibili forme di vita. Al centro, si intende, c’è la galassia del nostro sistema solare: prendiamo L’origine della Via Lattea di Tintoretto o l’omonimo di Rubens.

Durante il Rinascimento, i palazzi signorili e i complessi ecclesiali accolgono autentiche mappe del cielo. Occupa la cupolina della cappella della sacrestia vecchia della chiesa di San Lorenzo a Firenze, opera di Brunelleschi, un dipinto di Giuliano d’Arrigo detto il Pesello. È il primo oroscopo dipinto. Sovente fanno capolino gli strumenti astronomici in uso prima dell’invenzione del telescopio. Un classico è L’astronomo di Vermeer. L’uomo è attorniato dai suoi attrezzi del mestiere: un globo con le costellazioni, una bussola e un astrolabio. In Sant’Agostino nello studio di Botticelli, il santo “è sommerso da oggetti matematici e astronomici, tra i quali si riconosce una sfera armillare”. Mirabili e preziose restano le carte celesti. Famoso è il planisfero di Albrecht Dürer, con le tavole che seguono ancora la tradizione tolemaica.

Un balzo in avanti e siamo nel (Romantico) Ottocento. In Stella della sera di Turner, “il sole è già tramontato, ma il cielo è ancora luminoso e in alto è apparsa una stella, la prima della sera”. Altra atmosfera ne La notte stellata di Van Gogh. Tormento interiore e dramma incombente giustapposti a un Big Bang di energia. “Le stelle sono segnali, avvertimenti di un oltre annunciato dal cipresso che con la sua sagoma sembra una fiamma nera protesa verso l’alto” annota Agnisola. L’anno precedente il pittore aveva scritto al fratello: “Prendiamo la morte per andare su una stella”.

Con i dispositivi tecnologici a disposizione oggi il cielo, benché ottenebrato da smog e luci artificiali, non dovrebbe nascondere più misteri. Ma l’incanto siderale permane: anche se ormai alziamo poco lo sguardo, anche se stiamo incurvati sul nostro smartphone. Il Novecento era stato il secolo dei paesaggi cosmici di Anselm Kiefer, delle stelle pop e psichedeliche di Warhol Mario Schifano, dell’Art Space e delle installazioni “stellari”. Sculture e artefatti vari sono finiti in orbita, al seguito di satelliti e missioni spaziali. Fino alla lapidaria rivelazione scientifica: siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatte le stelle. Insomma, “figli delle stelle”. Aveva ragione Alan Sorrenti e, prima di lui, Platone: “Il Demiurgo fece un numero di anime pari a quello delle stelle, e le distribuì, ciascun’anima nella propria stella”.

Dal balcone di casa o per la strada, in montagna o in spiaggia, ci ritroviamo a contemplare quel capolavoro sempre uguale e sempre diverso che ci sovrasta. “È come per il fiore. Se vuoi bene a un fiore che sta in una stella, è dolce, la notte, guardare il cielo. Tutte le stelle sono fiorite” (Saint-ExupéryIl Piccolo Principe).

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