Incolume
in-cò-lu-me
Significato Illeso, indenne, intatto
Etimologia voce dotta recuperata dal latino incòlumis, probabilmente derivato dalla radice di calàmitas ‘sventura’.
- «Si era tanto preoccupata, ma alla fine il gatto è incolume.»
in-cò-lu-me
Significato Illeso, indenne, intatto
Etimologia voce dotta recuperata dal latino incòlumis, probabilmente derivato dalla radice di calàmitas ‘sventura’.
Non che il significato appaia difficile. Se sono incolume, non mi è successo niente di male. Ma che sfumatura mi comunica un «Sono arrivato incolume» rispetto a un «Sono arrivato indenne» o «illeso»? Qui sta la preziosa specificità dell’incolumità.
In effetti, l’incolumità è strana. Ci si riconosce subito in testa un prefisso in- dal chiaro sapore negativo, come quello di diversi suoi colleghi sinonimi, ma la sua radice che dice? Se l’illeso ha scampato una lesione e l’indenne un danno, l’incolume che cosa ha evitato? Be’, ha evitato qualcosa di simile alla calamità.
‘Calamità’ è una parola grave, incombente, e dalla storia ricca di incertezze; una certa dottrina converge sull’affermazione che il latino calamitas sia un sostantivo che viene astratto da un aggettivo non attestato — che però si ritrova in derivati come incolumis. Insomma, alla base ci sarebbe qualcosa col significato di un ‘battuto, percosso, danneggiato’. Ma ecco, che tutto questo non sia perspicuo, che non ci mandi immagini nette, ha un effetto sul nostro uso dell’incolume.
Ragionare di chi, avendo corso un pericolo grave, ne sia uscito senza danni fisici, è importante: è un’esperienza fortunata ricorrente, nell’esperienza umana. Ed è importante riuscire a darle la sfumatura più appropriata, col giusto attributo che meglio rappresenti non solo come ne esce, ma anche che cosa, per contro, ci si poteva attendere.
L’illeso ci mette in piena evidenza l’eventualità temuta della lesione — un’immagine concreta e dolorosa, di vivida corporeità. L’indenne dà una rappresentazione più generica, il danno si mostra più sfocato, spiccio, anche meno doloroso. E figuriamoci se consideriamo l’intatto: qui a farsi simbolo del non rovinato è un iperbolico ‘non toccato’, buono per roba di particolare delicatezza.
Per contro abbiamo anche immagini affermative; ad esempio l’integro, che rende con una qual pesantezza un uno inalterato e intero (sì, ‘integro’ e ‘intero’ sarebbero etimologicamente cugini dell’intatto, tutti derivati del tangere latino, ‘toccare’, ma la loro negazione non è più percettibile). Per non contare anche (anzi forse soprattutto) il salvo, o il sano e salvo, che ha una prospettiva non solo personale, ma perfino esistenziale.
L’incolume mostra una certa ricercatezza — anche il suo essere sdrucciolo, incòlume, gli getta il mantello sulla spalla. Ci offre un significato relativamente puro, slegato da immagini concrete: la persona incolume sappiamo che è scampata a un grave danno, ma non ci squaderna davanti una figura di questo danno.
Così se dico che sono uscito illeso dall’incidente (magari miracolosamente illeso), conferisco all’espressione una dimensione più concreta e drammatica, rispetto a quando dico che ne sono uscito incolume. Se parlo di come nessuno esca indenne da un certo percorso, questo danno può anche esser cosa dappoco, può trovarsi su molti piani morali e materiali, ci può essere ironia. Se invece parliamo di come nessuno esca incolume da un percorso, la questione si fa preoccupante. Se dopo la brusca frenata controllo e dico che la torta tutta riccioli di panna è intatta, faccio un rilievo tecnico, a una constatazione piena di sollievo. Se dico che la torta è incolume, intendo che magari un paio di riccioletti si sono schiacciati, ma il danno temuto, quello grosso e indicibile, è evitato — e personifico leggermente la torta. Se dico che la torta è salva, ecco in più la tinta di dramma.
Queste sono le cifre dell’incolume: è personale, eppure lontano dal patetico; considera scampato il grave pericolo — senza danni anche se con qualche capello fuori posto; adombra ciò che poteva accadere, senza dirlo troppo chiaro. Davvero un gran dire.