*Piè veloce Giorgia* di Vincenzo D’Anna*
Non c’è che dire. Giorgia Meloni ha visione politica e prontezza d’intuito soprattutto in politica estera, materia che caratterizza più di ogni altra lo spessore di chi ha l’arduo compito di governare la nazione.
Non fu per caso che nella cosiddetta prima repubblica il posto di ministro degli Esteri fu quasi sempre occupato da leader politici di primo piano. La stessa collocazione geo politica del Belpaese, proteso al centro del Mediterraneo, ponte naturale tra il vecchio Continente, le sponde dell’Africa e dell’Asia minore, conferiva al nostro Paese il naturale ruolo di ponte tra queste grandi realtà politiche ed economiche. Se da un lato quella posizione di sponda ci ha svantaggiato (e tuttora ci svantaggia) per il fenomeno migratorio, dall’altro lato ci favorisce come interlocutori privilegiati nei confronti di realtà politiche ed economiche così diverse tra di loro. Questo aspetto è stato colto appieno dalla premier italiana, prima con l’intensa e continua interlocuzione con gli Stati frontalieri africani dai quali parte l’esodo migratorio, per fermarlo alla fonte anche con io “Piano Mattei” che rappresenta un tangibile sforzo di collaborazione socio economica con l’altra sponda del Mediterraneo. Un “piano Marshall” in sedicesimi, quello italiano, rispetto a quello varato dagli States nel primo dopoguerra verso taluni paesi europei per indurli ad essere attratti dalla politica atlantica e non dalle lusinghe dell’Urss nell’estenuante guerra fredda “combattuta” attorno a quell’ipotetica barriera che Winston Churchill chiamò “cortina di ferro”. Insomma un piano che attirava simpatie e solidarietà verso i regimi liberal democratici dell’Occidente ed in contrasto con quelli marxisti leninisti etero diretti da Stalin per il tramite dei carri armati dell’Armata Rossa. Un’opera meritoria che il governo italiano ha voluto ripetere proprio nell’ottica di frenare l’invasione dei migranti e per arginare il multiculturalismo politico e religioso tanto caro alla sinistra italiana. Lo stesso tipo di politica di raccordo, ascolto e confronto che Meloni ha imbastito dentro la stessa Comunità Europea riuscendo peraltro a collocare Raffaele Fitto ben dentro l’esecutivo dell’Unione Europea. Insomma le vecchie intese politiche barricadere e sovraniste intessute in precedenza con l’italiano Salvini, l’ungherese Orban, lo spagnolo Abascal e la francese Le Pen, sono state accantonate in favore di una politica pragmatica e più vicina alle forze del centro politico che a quelle della classica destra antagonista. Un’evoluzione necessaria per imbastire politiche più assonanti con quelle del mainstream europeo. Ma non si tratta solo di accostarsi a pratiche politiche più redditizie nella Ue quanto per la necessità di assecondare una futura metamorfosi politica di Fratelli d’Italia. In parole semplici l’approdo verso sponde liberali, meglio ancora definibili come moderate, abbandonando l’impostazione primigenia del partito della Meloni di stampo centralista, l’idea dello “Stato forte “ ossia entro il motto “law and order” (legge ed ordine ) tipico delle formazioni della Destra . E quale migliore viatico per poter celebrare con FdI una nuova “Fiuggi“ che quello di avviare la palingenesi con la politica estera. Può certo essere quest’ultima la politica che agevoli non poco il raggiungimento di un nuovo ruolo. Un ruolo che dia alla leader della destra italiana così riformata, le insegne del mediatore, del pontiere tra il blocco socialista che governa a Bruxelles ed il polo liberal democratico dei conservatori. Con un tempismo encomiabile la premier italiana è volata da Donald Trump nel più stretto riserbo per chiedere al bizzarro miliardario newyorkese, che a giorni si insedierà alla Casa Bianca, di essere l’alleato privilegiato per districare l’aggrovigliata matassa sia nell’Est europeo che in quello medio orientale. Non nutro molta fiducia che Trump, qualunquista e solipsista per natura, possa conferire duratura delega agli italiani, ma Giorgia conta anche su un’intesa con Elon Musk che pare sia il più ascoltato dei consiglieri del presidente Usa. Un’intesa tra i due che sarebbe stata corroborata adeguatamente anche sul piano economico. Secondo Bloomberg (la multinazionale operativa nel settore dei mass media), infatti, il governo di Roma starebbe per definire con SpaceX, società che fa parte dell’universo di Elon Musk, un accordo per avere servizi sicuri nelle telecomunicazioni. In pratica: le delicate comunicazioni militari e quelle “riservate” sarebbero curate dall’azienda del miliardario americano con un contratto che non ha eguali in Europa per dimensione economica. Insomma mentre gli oppositori del governo abbaiano alla luna e si avvitano su questioni, ormai usurate, di politica interna, c’è chi riesce a guardare oltre e molto più lontano. Se il provincialismo è un limite oggettivo, per la politica italiano guardare oltre la punta del naso è un merito. Speriamo che “piè veloce” Giorgia colga buoni frutti.
*già parlamentare