Rintuzzare
rin-tuz-zà-re (io rin-tùz-zo)
Significato Spuntare, ribattere una punta; soffocare, reprimere; respingere, ribattere
Etimologia attraverso la voce del latino volgare ricostruita come tuditiare, da tuditare ‘colpire ripetutamente’, frequentativo di tùndere ‘colpire’ — col prefisso rin- che indica un’opposizione.
- «Ho provato a muovergli una critica ma mi ha subito rintuzzato.»
Questo non è un campo di significato che si distingua per affollamento di parole. Qui le possibilità sono contate, e spesso le immagini su cui s’imperniano sono consunte, appannate. Ma stiamo parlando di un modo di respingere, di ribattere, che è rilevante saper comunicare perché corrisponde ad azioni significative.
Se stiamo sul concreto, il rintuzzare ci racconta un colpire vòlto a spuntare una punta, a smussare una lama. Dopo quel prefisso rin-, che ci presenta un contro che volge all’indietro, abbiamo l’esito masticatissimo del latino tuditare, un frequentativo di tùndere ‘colpire’, quindi un ‘colpire ripetutamente’. Anche se oggi difficilmente rintuzziamo lance e spade, possiamo rintuzzare un chiodo perché non sporga, posso rintuzzare una punta temendo che ferisca qualcuno, posso rintuzzare un bordo metallico affilato su cui mi è capitato di tagliarmi. Un significato molto suggestivo — e infatti la sua impressione prende il largo con vele di metafora.
Abbiamo il reprimere, abbiamo il soffocare, verbi ariosi di stretta e di pressione, per indicare un modo di contrastare qualcosa neutralizzandolo — reprimo una passione, soffoco una rivolta. Il rintuzzare qui si mostra più preciso e di polso, e anche meno sbavato: quanta fatica nel reprimere qualcosa che scappa da ogni lato, quanta urgenza mortale nel soffocare. Il rintuzzare, martello alla mano, colpisce punte e fili di lama, piega all’indietro, ottunde (peraltro ‘ottundere’ è suo parente, nipote di quel tùndere che dicevamo, e segue l’analogo significato figurato dello smussato — colpito in punta — in contrapposizione all’acuto, al sottile, al tagliente).
Il rintuzzare picchia dove c’è da picchiare per rendere inoffensivo. Se dico che rintuzziamo una rivolta, che rintuzziamo una passione, trasmetto un senso di efficacia misurata.
Ma posso anche rintuzzare un’offesa, una critica. In questi casi spesso ribattiamo, confutiamo, sconfessiamo, ma sono verbi che lasciano la partita aperta e si pongono su un piano fortemente intellettuale. Rintuzzare un’offesa lascia chi l’ha mossa con un’arma spuntata, una critica rintuzzata non taglia e non punge più.
‘Rintuzzare’ è un verbo icastico. Ha una figura immediata, comunica un movimento d’impatto — sia alla lettera sia in metafora — e ha quello speciale grado di ricercatezza che impreziosisce e fa netto un concetto senza renderlo ostico. Se contiamo poi quante volte, nella vita, ci capita di rintuzzare qualcosa o qualcuno, diventa una trovata irrinunciabile.