Giustizia

App tribunali, spesi 4,8 milioni. Però il progetto ne costa 20

I tribunali in tilt per il software di Cyber Nordio – La decisione del ministro Nordio è stata drastica: da inizio gennaio ci si affida alla tecnologia.

Di Vincenzo Iurillo e Ferruccio Sansa
9 Gennaio 2025

Quattro milioni e 800 mila euro. È quanto è stato già pagato per la realizzazione della famosa App. Quella che nei giorni scorsi ha mandato in tilt i tribunali di mezza Italia. E si tratta soltanto del primo lotto.

A vincere la gara è stata la Sirfin-Pa. L’autorizzazione di spesa è stata firmata il 13 agosto scorso dal ministero della Giustizia. Si tratta soltanto di una prima fetta degli ingenti investimenti che lo Stato ha previsto per informatizzare la giustizia italiana. Tanto che nell’atto autorizzativo di spesa dei primi 4,8 milioni si fa riferimento a un impegno complessivo per 53,8 milioni.

LEGGI – App tribunali, il sistema fa acqua da tutte le parti: le 14 criticità che lo rendono inutile

Ancora: il 15 gennaio del 2024 è stato chiuso un bando per “affidamento tramite procedura aperta suddivisa in cinque lotti sopra la soglia europea, del servizio di digitalizzazione dei fascicoli giudiziari di Procure della Repubblica, Tribunali ordinari, sezioni penali, Corti di Appello, sezioni penali”.

In tutto fanno 20 milioni. Proprio di questa gara, a quanto riferito da fonti giudiziarie al Fatto, farebbe parte il primo lotto vinto dalla dalla Sirfin-Pa (gruppo Accenture) che ha prodotto l’App inaugurata nei giorni scorsi.

I cronisti hanno tentato inutilmente di contattare la Sirfin-Pa sia presso la sede legale di Roma sia presso quella operativa di Cosenza. Nessuna risposta.

Senza risultati anche il tentativo di ottenere chiarimenti da Accenture: “Vi faremo avere tutte le informazioni”, poi niente.

I cronisti desideravano soltanto avere conferme del costo complessivo dell’ormai famosa App e conoscere le cause degli inconvenienti che hanno mandato in tilt i processi in mezza Italia, al punto da spingere i vertici dei Tribunali a sospendere l’utilizzo della nuova tecnologia, affiancandola per lo meno a strumenti più tradizionali: carta e penna.

Sirfin-Pa ha uno scopo preciso, come riporta il suo sito: “Siamo nati nel 2011 da un gruppo di professionisti esperti e appassionati. L’obiettivo è quello di diventare un punto di riferimento del settore IT in Italia e di consolidare il proprio rapporto con la Pubblica amministrazione”.

Già, l’informatizzazione della Pubblica amministrazione è un settore in crescita esponenziale. Estremamente redditizio alla vigilia delle gare previste dal Pnrr.

Così un colosso mondiale come Accenture nel 2024 ha deciso di acquistare Sirfin-PA.

Ma la giustizia non è materia per matematici: “Il processo somiglia più a un’arte che a una scienza, non è roba da ingegneri, ma da romanzieri”, diceva un noto avvocato milanese all’epoca di Mani Pulite. Ma il ministro Nordio, che pure è stato pm, si fida più degli ingegneri.

TAJANI, UN MINISTRO PER MANCANZA DI PROVE – IL “CORRIERE” RIVELA COME L’EX MONARCHICO SIA STATO ACCANTONATO SUL CASO SALA: “LA DATA DI SVOLTA È IL 2 DI GENNAIO, QUANDO I QUOTIDIANI SCRIVONO CHE SALA NEL CARCERE DI EVIN DORME SUL PAVIMENTO, SITUAZIONE CHE STRIDE CON LE DICHIARAZIONI TRANQUILLIZZANTI DI TAJANI. LA PREMIER DECIDE DI SFILARE IL DOSSIER AL VICEPREMIER. CONVOCA UNA RIUNIONE DI EMERGENZA A PALAZZO CHIGI (SENZA L’ALLORA DIRETTRICE DEL DIS BELLONI), INFORMA IL MINISTRO DEGLI ESTERI CHE DA QUEL MOMENTO SARÀ IL SOTTOSEGRETARIO MANTOVANO A COORDINARE LA TRIANGOLAZIONE CON WASHINGTON E TEHERAN. E PIANIFICA DI VOLARE DA TRUMP SENZA RIVELARE LA DATA AI SUOI VICE SALVINI E TAJANI, TANTO CHE LA NOTIZIA PLANERÀ SULLA FARNESINA SOLO AD AEREO DI STATO DECOLLATO” – L’IMBARAZZANTE INTERVISTA DI TAJANI CHE INGOIA IL ROSPO: “IL VIAGGIO DI MELONI DA TRUMP? ERA UNA MISSIONE DELLA PREMIER. IO LAVORERÒ AI MIEI DOSSIER”.

DAILY MAGAZINE

 

De Rosa, Di Monaco, la Provincia di Caserta e la storia della secchia rapita

L’EDITORIALE DI ANTONIO ARRICALE

– La vicenda della Provincia di Caserta mi ricorda un po’ la storia della secchia rapita. Non la ricordate? Ve la rammento.

Raccontata in versi da Alessandro Tassoni, è la storia del conflitto tra bolognesi e modenesi. Questi ultimi, costretti in ritirata, si fermarono ad un pozzo per dissetarsi portando via, come trofeo di guerra, una secchia di legno. E al rifiuto di riconsegnare la secchia, i bolognesi dichiararono loro di fargliela pagare. Superfluo raccontarvi come finisce la storia, dal momento che il poema – per stessa ammissione del Tassoni – è eroicomico. Soltanto che, nella vicenda della Provincia di Caserta c’è poco di eroico e molto di comico.

L’antefatto della vicenda – in dettaglio – ve lo racconta la collega Rita Sparago in un articolo a parte.

Per intanto, velocemente, vi basti sapere che ci sono due consiglieri provinciali – un tempo, peraltro, della stessa maggioranza politica – che si contendono la presidenza dell’ente di via Lubich. Una presidenza fittizia, a dire il vero, nel senso che – sia Marcello De Rosa, attuale “facente funzione”, ma defenestrato all’ultimo momento dall’allora presidente Giorgio Magliocca e reinsediato, su ricorso in autotutela, momentaneamente dal Tar a quel posto; e sia Gaetano Di Monaco, investito del ruolo f.f. probabilmente non del tutto legittimamente sempre dal Magliocca, per fare un dispetto politico a De Rosa, e contro il quale, ora, sempre in autotutela chiede l’intervento del Consiglio di Stato per ripristinare lo status quo ante – l’uno o l’altro avrebbero dovuto indossare la fascia azzurra di presidente per non più un mese, giusto il tempo di indire nuove elezioni. Questo, almeno secondo lo statuto della Provincia di Caserta. E, comunque, al massimo di 90 giorni, secondo il combinato disposto della Legge Del Rio e del Testo Unico degli Enti Locali.

Invece, per come sta prendendo la piega, probabilmente con la reggenza temporanea dell’ente si arriverà fino alle elezioni regionali. Insomma, a fine anno.

L’esame nel merito del ricorso di De Rosa è fissato, infatti, per il prossimo 16 aprile. Sulla richiesta in autotutela di Di Monaco, invece, dovremmo poterne saperne di più già nei prossimi giorni. In entrambi i casi, al punto cui sono giunte le cose, prevedere il riappello dell’uno o dell’altro – e, dunque, il protrarsi della vicenda – non è idea peregrina.

Ed è tutto qui il senso della partita che si sta giocando nei retrobottega della politica casertana – indipendentemente dai consiglieri provinciali direttamente coinvolti nella vicenda, cui pure questo clima di incertezza alla fin fine non dispiace affatto – in barba alla normativa vigente e grazie ai bizantinismi interpretativi che il sistema italiano consente. E, soprattutto, nel silenzio assordante degli organi tutori, cui pure spetterebbe fare da arbitro o garante in contesti del genere. Non fosse altro per evitare di attivare non dico impropriamente, ma per ragioni di opportunità, gli organi giurisdizionali.

Ovviamente, questo significa che entrambi i consiglieri provinciali hanno in animo di candidarsi alle regionali. Ed entrambi potrebbero farlo, per come si sono messe le cose, in schieramenti diversi da quello di partenza: il primo passando da sinistra a destra; il secondo, facendo il percorso all’incontrario. Ma tutto questo poco importa, ormai. Così come del tutto ininfluente appare, in questa storia, che la posta in gioco sia una secchia di legno. Ma non è così. L’obiettivo vero non è restare presidente della Provincia, semmai arrivare alla Regione.

In foto da sinistra: Marcello De Rosa, Alessandro Tassoni, Gaetano di Monaco, la sede della Provincia di Caserta e Giorgio Magliocca

 

Il clan Macor si impone a Forcella: sfrutta le retate contro i nuovi Giuliano

NAPOLI – Con i nuovi Giuliano spalle al muro e con i Mazzarella e i Contini che devono fare i conti con le faide interne, a Forcella si sta facendo largo un nuovo gruppo criminale. Secondo le informazioni in possesso degli investigatori, pare che negli ultimi mesi nello storico quartiere di Napoli la famiglia Macor si stia allargando al punto da formare un vero e proprio clan. Sembrerebbe che per il momento la cosca si stia dedicando soprattutto alla gestione delle occupazioni abusive. Però, gli investigatori hanno già captato elementi per credere che a breve i Macor possano allargare il proprio raggio d’azione, irrompendo nello spaccio di stupefacenti. Infatti con gli altri clan che sono stati costretti dalle retate delle forze dell’ordine e dalla necessità di risolvere altre questioni ad allentare la presa su Forcella, pare che a smerciare le sostanze stupefacenti nei vicoli del ventre molle di Napoli siano i cani sciolti.

In pratica le piazze di spaccio del centro storico sono da considerarsi scoperta. Un piatto appetibile per i gruppi malavitosi in grado di poter muovere soldi e uomini per impossessarsi dei punti vendita di droga. Secondo quanto raccolto dalle forze dell’ordine, sembrerebbe che i Macor abbiano già mosso i primi passi per conquistare il quartiere. Ovviamente le altre cosche non resteranno a guardare. Tra queste sarà complicato inserire i nuovi Giuliano, visto che gli arresti effettuati da polizia e carabinieri negli ultimi anni hanno praticamente sventrato il clan. I Mazzarella e i Contini, però, si sono già messi in allerta. Sono pronti a intervenire, a meno che i Macor non intendano stringere un accordo con uno dei due maxi cartelli presenti a Napoli. Sarebbero in posizione subordinata, ma comunque in grado di gestire piazze di spaccio molto remunerative. Infatti Forcella è una delle zone di Napoli maggiormente frequentate dai turisti.

Tra i visitatori ci sono molti giovani, italiani e stranieri. Purtroppo a quanto risulta alle forze dell’ordine, pare che l’età media degli assuntori di sostanze illecite si stia abbassando sempre di più, fornendo ai gruppi criminali una clientela sempre più nutrita. Per questo motivo le forze dell’ordine non intendono abbassare la guardia. Faranno quanto è in loro possesso per frenare anche l’ascesa dei Macor.