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Giustizia & Impunità La protesta delle toghe contro il governo: da Milano a Napoli in migliaia abbandonano l’anno giudiziario. E torna il grido “resistere, resistere”
La protesta delle toghe contro il governo: da Milano a Napoli in migliaia abbandonano l’anno giudiziario. E torna il grido “resistere, resistere”
La mobilitazione lanciata dall’Anm contro la separazione delle carriere è una prova di compattezza in vista dello sciopero proclamato il 27 febbraio. Nordio a Napoli: “Ingiusto pensare che voglia umiliare la magistratura”. Mantovano a Roma bacchetta gli ex colleghi: “Abbandonare il tavolo mostra debolezza”
Se servirà a fermare il progetto del governo è ancora impossibile da dire. Ma intanto la prima grande protesta dei magistrati contro la separazione delle carriere ha raggiunto il suo scopo: non passare inosservata. In tutte e 26 le sedi di Corte d’Appello italiane – da Torino a Palermo, da Milano a Napoli, da Roma a Reggio Calabria – giudici e pubblici ministeri hanno risposto in massa alla mobilitazione lanciata dall’Associazione nazionale magistrati per contestare la riforma costituzionale firmata dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, appena approvata in prima lettura alla Camera. E hanno abbandonato, sfilando in modo composto, le cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario al momento in cui prendevano la parola i rappresentanti dell’esecutivo (video), lasciando le aule semivuote: una prova generale di compattezza in vista dell’appuntamento più importante, lo sciopero dalle udienze deliberato per il 27 febbraio. Il clima ricorda molto quello rovente degli anni del berlusconismo, tanto che a Milano, nel suo intervento, il membro togato del Consiglio superiore della magistratura Dario Scaletta ha citato le celebri parole pronunciate nella stessa sede oltre vent’anni fa dal procuratore generale Francesco Saverio Borrelli contro i progetti dei governi a guida Forza Italia: “Resistere, resistere, resistere“. Un’esortazione accolta da un applauso scrosciante.
La manifestazione più attesa era quella di Napoli, dove ha scelto di intervenire Nordio: già dal primo mattino giudici e pm si sono radunati fuori da Castel Capuano, sede storica del Tribunale, con la toga addosso e al petto una coccarda tricolore, secondo le istruzioni dell’Anm. Durante l’esecuzione dell’inno di Mameli tutti hanno alzato la copia della Costituzione che tenevano in mano; quando ha preso la parola Nordio, poi, sono usciti lentamente dal salone dei Busti, tenendo la Carta sempre in vista. “Il dissenso è il sale della democrazia e ringrazio i magistrati per averlo espresso in maniera composta. Ma pensare che un ex magistrato come me, che ha servito lo Stato per oltre trent’anni, possa avere l’obiettivo di umiliare la magistratura è ingiusto“, ha reagito il ministro nel suo discorso. Per poi ripetere che la temuta sottoposizione del pm al potere politico “non avverrà con questa riforma costituzionale”, anche se, ha aggiunto, “il futuro è nel grembo di Giove”. Il Guardasigilli è stato invece applaudito a lungo dagli avvocati rimasti in sala. Di fronte a Castel Capuano e alle altre sedi delll’inaugurazione hanno manifestato anche gli addetti all’Ufficio per il processo, i funzionari assunti con fondi del Pnrr per velocizzare i tempi della giustizia, la maggioranza dei quali, però, sono ancora in attesa di stabilizzazione dopo anni di servizio: “Abbattiamo l’arretrato, come premio il precariato”, il messaggio sullo striscione esposto a Napoli. Nelle cerimonie di tutta Italia i dirigenti delle Corti d’Appello hanno chiesto un intervento per garantire la loro stabilità lavorativa.
Alla cerimonia di Roma a parlare per il governo c’era un altro peso massimo, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, magistrato fuori ruolo. Che alla protesta ha risposto con una reprimenda agli ex colleghi: “Una chiusura così drastica non fa bene neanche a chi la oppone. Abbandonare il tavolo del dialogo non è una manifestazione di forza, se mai di debolezza. Non prendo la sedia vuota come mancanza di rispetto istituzionale, la prendo come un’opportunità che si perde“, dice. È da ricordare, però, che il ministro Nordio ha definito la riforma “blindata”, e per questo motivo lo stesso Mantovano ha convinto Forza Italia a ritirare gli unici emendamenti di maggioranza. Dalla Capitale è arrivata una netta presa di posizione anche dai vertici della Corte d’Appello, appartenenti alla magistratura moderata: “È arduo sostenere che le nuove riforme siano in grado di realizzare un cambio di passo nei tempi della giustizia”, ha detto il presidente Giovanni Meliadò, esprimendo “sgomento” per la scelta improvvisa del governo di trasferire, “senza alcun aumento dell’organico”, alle Corti di secondo grado la competenza a decidere sulle convalide dei trattenimenti di migranti. Mentre il procuratore generale Giuseppe Amato ha espresso “la preoccupazione che la separazione possa fare perdere al pubblico ministero quella posizione di “parte imparziale” per cui deve agire per la corretta applicazione della legge e anche nell’interesse dello stesso indagato”.
Anche a Milano giudici e pm si sono riuniti sulla scalinata del Palazzo di giustizia prima della cerimonia, esponendo striscioni con alcune frasi del giurista Piero Calamandrei. “La magistratura non potrà mai tacere laddove dovessero manifestarsi evidenti intenzioni di limitarne in svariati modi il raggio d’azione”, ha detto il presidente della Corte d’Appello Giuseppe Ondei, un altro “moderato”. A Palermo il presidente della Corte Matteo Frasca ha avvertito come la riforma sia solo “la punta dell’iceberg”, inserendosi “in un progetto unitario che vuole ridisegnare l’equilibrio tra i poteri dello Stato”: un’intenzione, peraltro, rivendicata appena il giorno prima dal vicepresidente dal Consiglio superiore della magistratura Fabio Pinelli alla cerimonia in Cassazione. Dalle inaugurazioni arriva anche una risposta all’offensiva pronunciata in Parlamento da Nordio, che ha definito i pm “superpoliziotti” e li ha accusati di trascinare “indagini occulte ed eterne” attraverso la “clonazione dei fascicoli”. ” I comportamenti che lei ha rappresentato costituiscono un reato. Se ha dei fatti io sono qui, li raccoglierò, è importante che dal suo scranno provenga un’indicazione lineare. Lei ha detto queste cose in Parlamento e non in un salotto”, ha detto, rivolgendosi a Nordio, il procuratore generale di Bari Leone De Castris. Mentre da Campobasso il togato del Csm Marco Bisogni, pm alla Dda di Catania, ha difeso la sua categoria: “Il pubblico ministero non è un super-poliziotto che fa indagini eterne ed occulte senza alcuna responsabilità, ma una parte imparziale che assicura la ricerca della verità tutelando i diritti tanto delle parti offese quanto degli indagati: in altri termini il primo dei giudici con cui si confronta il cittadino che ha la sventura di imbattersi in un procedimento penale.”
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La protesta delle toghe contro il governo: da Milano a Napoli in migliaia abbandonano l’anno giudiziario. E torna il grido “resistere, resistere”
La mobilitazione lanciata dall’Anm contro la separazione delle carriere è una prova di compattezza in vista dello sciopero proclamato il 27 febbraio. Nordio a Napoli: “Ingiusto pensare che voglia umiliare la magistratura”. Mantovano a Roma bacchetta gli ex colleghi: “Abbandonare il tavolo mostra debolezza”
AnmAnno GiudiziarioCarlo Nordio
Se servirà a fermare il progetto del governo è ancora impossibile da dire. Ma intanto la prima grande protesta dei magistrati contro la separazione delle carriere ha raggiunto il suo scopo: non passare inosservata. In tutte e 26 le sedi di Corte d’Appello italiane – da Torino a Palermo, da Milano a Napoli, da Roma a Reggio Calabria – giudici e pubblici ministeri hanno risposto in massa alla mobilitazione lanciata dall’Associazione nazionale magistrati per contestare la riforma costituzionale firmata dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, appena approvata in prima lettura alla Camera. E hanno abbandonato, sfilando in modo composto, le cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario al momento in cui prendevano la parola i rappresentanti dell’esecutivo (video), lasciando le aule semivuote: una prova generale di compattezza in vista dell’appuntamento più importante, lo sciopero dalle udienze deliberato per il 27 febbraio. Il clima ricorda molto quello rovente degli anni del berlusconismo, tanto che a Milano, nel suo intervento, il membro togato del Consiglio superiore della magistratura Dario Scaletta ha citato le celebri parole pronunciate nella stessa sede oltre vent’anni fa dal procuratore generale Francesco Saverio Borrelli contro i progetti dei governi a guida Forza Italia: “Resistere, resistere, resistere“. Un’esortazione accolta da un applauso scrosciante.
La manifestazione più attesa era quella di Napoli, dove ha scelto di intervenire Nordio: già dal primo mattino giudici e pm si sono radunati fuori da Castel Capuano, sede storica del Tribunale, con la toga addosso e al petto una coccarda tricolore, secondo le istruzioni dell’Anm. Durante l’esecuzione dell’inno di Mameli tutti hanno alzato la copia della Costituzione che tenevano in mano; quando ha preso la parola Nordio, poi, sono usciti lentamente dal salone dei Busti, tenendo la Carta sempre in vista. “Il dissenso è il sale della democrazia e ringrazio i magistrati per averlo espresso in maniera composta. Ma pensare che un ex magistrato come me, che ha servito lo Stato per oltre trent’anni, possa avere l’obiettivo di umiliare la magistratura è ingiusto“, ha reagito il ministro nel suo discorso. Per poi ripetere che la temuta sottoposizione del pm al potere politico “non avverrà con questa riforma costituzionale”, anche se, ha aggiunto, “il futuro è nel grembo di Giove”. Il Guardasigilli è stato invece applaudito a lungo dagli avvocati rimasti in sala. Di fronte a Castel Capuano e alle altre sedi delll’inaugurazione hanno manifestato anche gli addetti all’Ufficio per il processo, i funzionari assunti con fondi del Pnrr per velocizzare i tempi della giustizia, la maggioranza dei quali, però, sono ancora in attesa di stabilizzazione dopo anni di servizio: “Abbattiamo l’arretrato, come premio il precariato”, il messaggio sullo striscione esposto a Napoli. Nelle cerimonie di tutta Italia i dirigenti delle Corti d’Appello hanno chiesto un intervento per garantire la loro stabilità lavorativa.
Alla cerimonia di Roma a parlare per il governo c’era un altro peso massimo, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, magistrato fuori ruolo. Che alla protesta ha risposto con una reprimenda agli ex colleghi: “Una chiusura così drastica non fa bene neanche a chi la oppone. Abbandonare il tavolo del dialogo non è una manifestazione di forza, se mai di debolezza. Non prendo la sedia vuota come mancanza di rispetto istituzionale, la prendo come un’opportunità che si perde“, dice. È da ricordare, però, che il ministro Nordio ha definito la riforma “blindata”, e per questo motivo lo stesso Mantovano ha convinto Forza Italia a ritirare gli unici emendamenti di maggioranza. Dalla Capitale è arrivata una netta presa di posizione anche dai vertici della Corte d’Appello, appartenenti alla magistratura moderata: “È arduo sostenere che le nuove riforme siano in grado di realizzare un cambio di passo nei tempi della giustizia”, ha detto il presidente Giovanni Meliadò, esprimendo “sgomento” per la scelta improvvisa del governo di trasferire, “senza alcun aumento dell’organico”, alle Corti di secondo grado la competenza a decidere sulle convalide dei trattenimenti di migranti. Mentre il procuratore generale Giuseppe Amato ha espresso “la preoccupazione che la separazione possa fare perdere al pubblico ministero quella posizione di “parte imparziale” per cui deve agire per la corretta applicazione della legge e anche nell’interesse dello stesso indagato”.
Anche a Milano giudici e pm si sono riuniti sulla scalinata del Palazzo di giustizia prima della cerimonia, esponendo striscioni con alcune frasi del giurista Piero Calamandrei. “La magistratura non potrà mai tacere laddove dovessero manifestarsi evidenti intenzioni di limitarne in svariati modi il raggio d’azione”, ha detto il presidente della Corte d’Appello Giuseppe Ondei, un altro “moderato”. A Palermo il presidente della Corte Matteo Frasca ha avvertito come la riforma sia solo “la punta dell’iceberg”, inserendosi “in un progetto unitario che vuole ridisegnare l’equilibrio tra i poteri dello Stato”: un’intenzione, peraltro, rivendicata appena il giorno prima dal vicepresidente dal Consiglio superiore della magistratura Fabio Pinelli alla cerimonia in Cassazione. Dalle inaugurazioni arriva anche una risposta all’offensiva pronunciata in Parlamento da Nordio, che ha definito i pm “superpoliziotti” e li ha accusati di trascinare “indagini occulte ed eterne” attraverso la “clonazione dei fascicoli”. ” I comportamenti che lei ha rappresentato costituiscono un reato. Se ha dei fatti io sono qui, li raccoglierò, è importante che dal suo scranno provenga un’indicazione lineare. Lei ha detto queste cose in Parlamento e non in un salotto”, ha detto, rivolgendosi a Nordio, il procuratore generale di Bari Leone De Castris. Mentre da Campobasso il togato del Csm Marco Bisogni, pm alla Dda di Catania, ha difeso la sua categoria: “Il pubblico ministero non è un super-poliziotto che fa indagini eterne ed occulte senza alcuna responsabilità, ma una parte imparziale che assicura la ricerca della verità tutelando i diritti tanto delle parti offese quanto degli indagati: in altri termini il primo dei giudici con cui si confronta il cittadino che ha la sventura di imbattersi in un procedimento penale.”