venerdì, 31 Gennaio 2025
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LA RASSEGNA STAMPA DI OGGI – DA “Il Fatto”, “Dagospia”, “Notix” e “Cronachedi” a cura di Ferdinando Terlizzi

Strasburgo

Condanna dell’Europa: “Grave rischio per gli abitanti della Terra dei Fuochi, l’Italia intervenga”

La Cedu riconosce un rischio per la vita “reale e accertabile”, che può essere “imminente”. Don Patriciello: “Quante calunnie subite. Un ricordo commosso ai nostri morti di cancro”. I promotori del ricorso: “Basta annunci, Stato intervenga”

Le autorità italiane mettono a rischio la vita degli abitanti della Terra dei Fuochi, l’area campana  tra le province di Napoli e Caserta coinvolta nei decenni scorsi nell’interramento di rifiuti tossici. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani che ha condannato l’Italia che, pur riconoscendo la situazione, non ha preso le dovute misure.

La Cedu ha stabilito che l’Italia deve introdurre, senza indugio misure generali in grado di affrontare in modo adeguato il fenomeno dell’inquinamento in questione. La sentenza è definitiva. La Corte si è pronunciata sul ricorso istruito dall’avvocato Valentina Centonze e presentato da decine di cittadini e 5 associazioni del territorio.

Entro due anni lo Stato italiano dovrà introdurre misure a garanzia della tutela della salute nell’area dove è stato registrato un aumento dei tassi di cancro e dell’inquinamento delle falde acquifere.

La Corte ha riconosciuto un rischio per la vita “sufficientemente grave, reale e accertabile“, che può essere qualificato come “imminente”. I giudici inoltre ritengono che “non ci siano prove sufficienti di una risposta sistematica, coordinata e completa da parte delle autorità nell’affrontare la situazione della Terra dei Fuochi”. Evidenziano che i progressi nel valutare l’impatto dell’inquinamento sono stati lenti, quando invece occorreva celerità. Inoltre indicano che lo Stato non è stato in grado di dimostrare di aver preso tutte azioni penali necessarie per combattere lo smaltimento illegale di rifiuti nell’area della Terra dei Fuochi.

“Data l’ampiezza, la complessità e la gravità della situazione, era necessaria una strategia di comunicazione completa e accessibile, per informare il pubblico in modo proattivo sui rischi potenziali o reali per la salute e sulle azioni intraprese per gestire tali rischi. Questo non è stato fatto. Anzi, alcune informazioni sono state coperte per lunghi periodi dal segreto di Stato”, scrive la Cedu.

La Cedu ha deciso di accettare in parte le obiezioni del governo e ha rigettato i ricorsi delle associazioni e di numerosi individui. I giudici ritengono che le associazioni non sono “direttamente interessate” da presunte violazioni derivanti da un pericolo per la salute dovuto all’esposizione al fenomeno dell’inquinamento, e che mancano della legittimazione ad agire per conto dei loro membri. Per quanto attiene invece agli individui, per alcuni non ci sono prove sufficienti che loro i parenti vivessero in aree interessate dal fenomeno dell’inquinamento.

 

Don Patriciello: quante calunnie subite

“Quante calunnie abbiamo dovuto subire; quante minacce; quante derisioni; quante offese; quante illazioni. I negazionisti, ignavi, collusi, corrotti, ci infangavano. Siamo andati avanti. Convinti. Vedevamo con i nostri occhi lo scempio delle nostre terre e delle nostre vite. Grazie a tutti i volontari; grazie ai medici per l’ambiente; grazie alle Chiese campane con i loro vescovi e i loro preti”. Don Maurizio Patriciello commenta così, sui social, la sentenza della Corte europea dei diritti umani che ha condannato l’Italia per quanto non è stato fatto per tutelare i cittadini della Terra dei Fuochi.   “Un ricordo commosso va ai nostri morti di cancro. Ai miei fratelli Giovanni e Francuccio. A mia cognata Giuseppina e a mio nipote Severino. Ai tanti, tanti bambini che il cancro ha dilaniato – scrive don Maurizio – Un ricordo particolare per il compianto magistrato Federico Bisceglia. A tutti voi che con noi avete lottato, sofferto, ingioiato lacrime e amarezze, un abbraccio grande quanto il sole”.

I promotori del ricorso: basta annunci, lo Stato intervenga

“Dopo undici anni arriva finalmente una sentenza che attesta come lo Stato italiano non abbia tutelato la salute dei suoi cittadini. E ora basta annunci e proclami, bisogna intervenire con le bonifiche e un nuovo e concreto progetto di rilancio di questo territorio”. Alessandro Cannavacciuolo, 36 anni di Acerra (Napoli), è tra i promotori del ricorso presentato nel 2013 su cui è intervenuta la decisione della Corte Europea dei diritti umani.

Alessandro, anima del Comitato Terra dei Fuochi, ha pagato un alto prezzo familiare, con parenti ammalati, e ora si dice solo parzialmente soddisfatto, “perché negli anni è aumentata la consapevolezza delle persone. Però è lo Stato che ora deve capire che è il tempo di agire”. Anche Enzo Tosti, residente ad Orta di Atella (Caserta), del Comitato Terra dei Fuochi, fu tra i firmatari del ricorso alla Cedu e sta “pagando”, visto che gli è stato diagnosticato un linfoma e nel sangue è stata trovata una concentrazione preoccupante di sostanze cancerogene come l’esaclorobenzene. “E’ passato tanto tempo – dice – ma la sentenza è finalmente arrivata. Però la situazione non è cambiata, tra Caserta e Napoli si continua ad ammalarsi, a morire e a sversare rifiuti. Va avviata subito la bonifica dei siti inquinati”.

 

Il legale dei ricorrenti: sentenza storica

“Una sentenza storica quella emessa oggi dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo che si è pronunciata sul caso di Cannavacciuolo e altri ricorrenti accertando che lo Stato Italiano ha violato l’art. 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo vista l’esistenza di un pericolo concreto reale ed imminente per la salute dei cittadini campani”, lo dichiara l’avv. Valentina Centonze, che assiste 71 ricorrenti residenti in Terra dei Fuochi assieme ai colleghi Antonella Mascia, Armando Corsini e Ambrogio Vallo. La sentenza ammette “un rischio – spiega Centonze – sufficientemente grave, reale, accertabile e imminente dovuto al fenomeno dell’inquinamento in atto”, l'”esistenza di un obbligo di protezione” e la mancanza “di una risposta sistematica, coordinata e strutturata”. Quindi, impone misure generali dettagliate da attuare entro due anni dalla sentenza definitiva per affrontare il problema Terra dei Fuochi. “Si evidenzia anche la necessità di una strategia globale che riunisca le misure previste – conclude l’avvocato Centonze – un meccanismo di monitoraggio indipendente e una piattaforma informativa. La Corte si riserva di valutare danni morali ai ricorrenti in base al comportamento delle autorità governative circa gli strumenti individuati per supplire alle carenze segnalate, e le misure correttive raccomandate dalla Corte”.

 

Legambiente: la sentenza richiama responsabilità politiche

“Una sentenza che richiama alla responsabilità un’intera classe politica bipartisan che per anni ha sottovalutato, nascosto quello che accadeva in quel territorio. La Terra dei fuochi è una terra “martoriata” nella sua essenza più profonda ed ignorata per decenni da una classe politica trasversale che non è riuscita ad adottare soluzioni serie e concrete”. Così, in una nota congiunta, Stefano Ciafani e Mariateresa Imparato rispettivamente presidente nazionale e regionale di Legambiente commentano la sentenza della Corte europea dei diritti umani sulla Terra dei fuochi.
“Dal 2003, anno in cui come Legambiente abbiamo coniato il termine nel nostro rapporto Ecomafia, raccogliendo le denunce che arrivavano dai nostri circoli presenti sul territorio, si sono succeduti 12 governi nazionali e 5 a livello regionale senza trovare un ‘vaccino’ efficace contro il virus ‘Terra dei Fuochi’ – spiegano – Chiediamo che in quei territori venga da subito attuata la sentenza, che impone una strategia globale, l’istituzione di un monitoraggio indipendente e una piattaforma di informazione pubblica. Deve essere fatta davvero ecogiustizia, a partire da una accelerazione seria, efficiente ed efficace della bonifica e con la chiusura del ciclo dei rifiuti”. “Lo dobbiamo ai tanti onesti cittadini campani che vogliono riscattare il proprio territorio e affermare i principi di legalità e trasparenza. Per fermare il fuoco e i veleni dell’ecomafia è necessario dare risposte efficaci, troppo a lunghe rimandate, che richiedono uno sforzo congiunto di tutti”, concludono.

Politica

Caso Almasri, Meloni indagata attacca: “Alcuni giudici vogliono governare”. L’Anm: “I politici non provino a fare i magistrati”

Caso Almasri, Meloni indagata attacca: “Alcuni giudici vogliono governare”. L’Anm: “I politici non provino a fare i magistrati”

La premier tuona contro l’iniziativa della Procura di Roma: “È un danno alla nazione, mi manda ai matti”. Conte: “Non sei sopra la legge, ricomponiti”. Schlein: “Macchina del fango che deve finire”

 | 30 Gennaio 2025

 

“A chiunque nei miei panni di fronte a questa vicenda cadrebbero un po’ le braccia“. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni torna sul caso Almasri dopo essere stata iscritta nel registro degli indagati per favoreggiamento e peculato – insieme ai ministri Piantedosi e Nordio e il sottosegretario Mantovano – per la liberazione e l’immediato rimpatrio con volo di Stato del comandante libico. L’atto del procuratore di Roma, Francesco Lo Voi, “era chiaramente un atto voluto“, ha rimarcato la premier intervenendo in videocollegamento all’evento “La Ripartenza”, organizzato dal giornalista Nicola Porro a Milano: “Tutti sanno che le Procure in queste cose hanno la loro discrezionalità come dimostrato da numerosissime denunce di cittadini contro le istituzioni e su cui si è deciso di non procedere con l’iscrizione nel registro degli indagati, come negli anni del Covid”, sottolinea. Evidentemente, però, l’esposto presentato dall’avvocato Luigi Li Gotti aveva quantomeno una parvenza di attendibilità e quindi non poteva essere iscritto nel modello 45, il registro degli atti non costituenti notizia di reato, in cui le Procure archiviano le segnalazioni palesemente infondate. Pochi anni fa, d’altra parte, pure l’allora premier Giuseppe Conte era stato indagato per peculato – e successivamente archiviato – sulla base di una denuncia sporta da un’esponente di Fratelli d’Italia.

L’attacco in stile berlusconiano: “Alcuni giudici vogliono governare” – Meloni parla di “magistrati politicizzati” che cercano “di colpire chi non è schierato politicamente con loro”. E in un discorso dagli accenti berlusconiani accusa i giudici di voler governare senza passare per le elezioni (video): “Prendiamo quello che fa un pezzetto della magistratura. Alcuni giudici, pochi, vogliono decidere le politiche industriali, ambientale, dell’immigrazione, come riformare la giustizia. Vogliono governare loro. Ma c’è un problema, se io sbaglio gli italiani mi mandano a casa, se sbagliano loro nessuno può fare o dir niente. In nessun paese al mondo le cose funzionano così, i contrappesi servono a questo”, ha aggiunto. “Se alcuni giudici vogliono governare, si candidano e governano. L’unica cosa che non si può fare – ha continuato – è che loro governano e io vado alle elezioni. Noi abbiamo scelto di riscrivere un’altra storia, di rispetto dei ruoli e credibilità. Forse per questo non siamo graditi”. “La magistratura – ha aggiunto Meloni – è una colonna portante della nostra Repubblica, ma nessun edificio poggia su una colonna sola”.

“È un danno alla nazione e questo mi manda ai matti” – Così, mentre il governo diserta il Parlamento e non è ancora chiaro se e quando ci sarà un’informativa in Aula sul caso Almasri, la presidente del Consiglio interviene all’evento di Porro. “Io ieri mi ritrovo sulla prima pagina del Financial times con la notizia che sono stata indagata e se in Italia i cittadini capiscono perfettamente quello che sta accadendo all’estero non è la stessa cosa”, ha aggiunto Meloni descrivendo quello che sta avvenendo come “un danno alla nazione, alle sue opportunità e questo mi manda ai matti“. Si rivolge poi agli italiani: “Finché ci siete voi ci sono anche io. Non intendo mollare di un millimetro, finché gli italiani sono con me”. Dice comunque di non esse “né preoccupata né demoralizzata”: “Quando ho accettato di guidare la nazione sapevo esattamente a cosa sarei andata incontro”.

Casciaro (Anm): “I politici non provino a sostituirsi ai magistrati” – Alle parole di Meloni risponde il segretario dell’Associazione nazionale magistrati Salvatore Casciaro: “Sono sorpreso e preoccupato per i violenti attacchi rivolti alla magistratura e al procuratore Lo Voi in queste ore. Il procuratore di Roma si è limitato a non rinnegare i propri doveri, assolvendo all’obbligo impostogli da una legge costituzionale. Rispettare “le regole” e “i ruoli”, dunque le istituzioni, vuol dire rimettere alla giurisdizione i controlli anche sugli atti di chi riveste alte funzioni di governo, salve le ovvie prerogative sovrane delle assemblee legislative in tale delicato ambito. I magistrati non fanno politica, sarebbe auspicabile che i politici non provassero a sostituirsi ai magistrati, lasciando loro il compito istituzionale di esaminare e valutare gli atti processuali senza impropri condizionamenti”.

Conte: “Non sei sopra la legge, ricomponiti” – L’intemerata della premier innesca reazioni indignate anche dalle opposizioni. Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 stelle, cita la vecchia indagine nei suoi confronti nata dalla denuncia di FdI: “Meloni dice che la notizia dell’indagine sul caso Almasri è un danno all’immagine del Paese all’estero che “la manda ai matti”. Era un danno d’immagine anche quando Fratelli d’Italia mi portava in Tribunale da premier a suon di esposti e fake news? Era un danno di immagine anche quando gridava paonazza che l’Italia aveva un premier “criminale”? Meloni, non sei sopra la legge. Sei in una democrazia. Ricomponiti!”, attacca. La segretaria del Pd Elly Schlein accusa la capa del governo di voler intorbidare le acque: “È evidente che Meloni alzi lo scontro coi giudici per non parlare del merito della questione: la scelta politica di riportare a casa un torturatore libico. E per continuare la sua ostinata ricerca di un nemico al giorno, oggi un magistrato che ha fatto una mera comunicazione prescritta dalla legge. Questa macchina del fango della destra per colpire singole persone deve finire. È inaccettabile che chi governa usi il suo potere per deligittimarne un altro previsto in Costituzione”. Per il leader dei Verdi Angelo Bonelli, quello della premier “è un attacco gravissimo all’indipendenza della giustizia e un goffo tentativo di insabbiare le colpe del governo”. Mentre il leader di +Europa, Riccardo Magi, parla di “deliri di onnipotenza di una premier che si sente al di sopra della legge e che continua a fuggire dalle proprie responsabilità”.

FERRAGNEZ, LA GENESI DELLE CORNA – PER ANNI, ACHILLE LAURO HA AFFITTATO UNA VILLA SULL’ISOLA DI ALBERELLA (NEL PARCO DEL DELTA DEL PO) DI PROPRIETA’ DELLA FAMIGLIA MARCEGAGLIA – QUALCHE TEMPO FA, CHIARA FERRAGNI ANDÒ A TROVARE IL SUO AMANTE CANTERINO, MA COMMISE UN ERRORE. ALLA RECEPTION, INVECE CHE FARE IL NOME DI LAURO, CHIESE DI VILLA MARCEGAGLIA. COSÌ GLI ADDETTI ALLA RECEPTION CHIAMARONO EMMA, L’EX PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, E TUTTI SCOPRIRONO L’ALTARINO DEI DUE AMANTI CLANDESTINI.

CORNA E BICORNA

Fabrizio Corona risponde allo sfogo di Chiara Ferragni. Anche le avrebbe tradito più volte Fedez durante il loro matrimonio. «Sei stata zitta in tutti questi anni non perché volevi voltare pagina e per non rimuginare sul dolore, non perché hai due figli che sentiranno tutto. Il tuo ex marito non ha deciso a tavolino col suo amico. Ti dimentichi, cara Chiara chi sono e cosa faccio. […] Racconterò la mogliettina perfetta che sei, quante stronzate racconti da 15 anni, tutti i dettagli del tuo circolino, i tuoi affari sporchi e l’amore che però hai vissuto tradendolo costantemente. Incominciamo da uno, che canta a Sanremo quest’anno, Achille Lauro. Ti ricordi quando hai ammesso a Fede che ci sei andata a letto? […]. È un anno che l’unica cosa che chiedi a Federico è poter mostrare i figli. Tu che con i figli non ci stai mai. Solo babysitter strapagate» [Coviello, Vanity].

«La genesi del gossip riconduce sull’isola di Albarella, nel parco del Delta del Po. Il lembo di terra è di proprietà dei Marcegaglia ed è proprio lì che Achille Lauro per anni ha affittato la villa che era del papà di Emma, Steno Marcegaglia. Qualche anno fa sull’isola è “capitata” Chiara Ferragni. Era in incognito e la ragione era semplice: era andata lì per incontrare Lauro. Non voleva essere riconosciuta e confidava che il suo arrivo sull’isola sarebbe passato inosservato. Ma ha commesso un singolo, semplice errore. Alla reception dell’isola, che è di proprietà privata, chiese di Villa Marcegaglia. Una richiesta che portò gli addetti alla reception a chiamare Emma Marcegaglia al posto di Achille Lauro. Un misunderstanding che scoperchierà la verità: Chiara Ferragni era sull’isola per andare nella villa del cantante» [Dago]. «E siamo a martedì 11 febbraio: inizia il Festival di Sanremo. Saranno tutti sul palco: ci sono Fedez, Achille Lauro e persino Tony Effe, quello del dissing che a Fedez aveva cantato “fai i figli solo per postarli. Chiara ti è rimasta vicina nella malattia e quando aveva bisogno sei scappato via”. E al quale lui rispondeva: “Scrivevi a mia moglie mentre mi abbracciavi, quelli come te io li chiamo infami”. Fedez duetterà con Marco Masini cantando Bella stronza, brano d’altri tempi, quando dire “mi verrebbe di strapparti quei vestiti da puttana e tenerti a gambe aperte…” non era tacciato di patriarcato e sessismo» [Morvillo, Cds].

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Processo Telematico, penalisti napoletani sul piede di guerra: tribunale partenopeo nel caos

NAPOLI – Gli avvocati napoletani sul piede di guerra: i penalisti hanno proclamato lo stato di agitazione, annunciando “ulteriori e più incisive forme di protesta” a causa delle disfunzioni legate al processo penale telematico “che hanno gettato nel caos il tribunale partenopeo”.

“In un colloquio com la presidenza del tribunale, il 20 gennaio scorso – si legge in un documento della Camera Penale a firma del presidente Marco Muscariello e del segretario Maurizio Capozzo – era stata manifestata ampia disponibilità al confronto e alla collaborazione, fornendo anche indicazioni sulle soluzioni finalizzate alla risoluzione delle criticità. A tutt’oggi, però, i penalisti non sono stati convocati e neppure informati di iniziative che invece sono state intraprese dalla presidenza del tribunale con un decreto del 23 gennaio con il quale viene adottato un disciplinare temporaneo in attesa di un futuro protocollo, contribuendo – viene sottolineato – a generare un disorientamento tra gli avvocati”. “Lo stato di agitazione – si legge ancora nella nota – si rende indispensabile in ragione del diffondersi di prassi che ostacolano l’esercizio del diritto di difesa, seguendo un’interpretazione delle norme sul processo telematico che non può essere in alcun modo condivisa in quanto grava il difensore di oneri che la legge pone invece a carico delle cancellerie”.