Santa Maria Capua Vetere – La vita interpretata e vissuta come in un romanzo, quella di Carlo Bifone, in arte Bini, tenore nato a Santa Maria Capua Vetere, spentosi all’età di 84 anni nell’agosto del 2021 a Monsummano in Toscana dove da anni risiedeva, non poteva non finire stampata in una biografia che è un romanzo di pura realtà. Ne è autrice Nina Ferrari, scrittrice di origini trentine che la vita dell’artista che aveva calcato i palcoscenici dei più grandi teatri lirici del mondo l’ha tradotta nel volume “Carlo Bini. Il mio canto per il cielo” da qualche mese edito da Fede&Cultura di Verona. «Giorni di conversazioni che erano stati come lo svolgersi di una bobina di ricordi dice la moglie Margaret Bailey, già prima ballerina del Royal Ballet di Londra racconti che erano anche un po’ consolatori dei disagi che gli procurava una malattia che purtroppo lo rapiva alla vita nell’agosto di tre anni fa».
Una vita variegata, la vivacità giovanile da campione del gioco del biliardo, da appassionato di lirica, agli studi era stato consigliato e invogliato da Carlo Campanini che lo aveva casualmente ascoltato, all’approdo alla scuola canora del maestro Mino Campanino del San Carlo di Napoli come allievo grazie all’amicizia di Luigi e Achille Masciandaro, famosa famiglia sammaritana del commercio di tessuti d’èlite, fino agli esordi prima nelle operette e poi nella grande lirica. Sammaritano purosangue, Carlo ai primi anni Sessanta era pendolare per e da Caserta dove aveva aperto una famosa sala di biliardo in via Mazzini vicino al cinema Esedra, un passato di “stecca d’oro”, che a dirlo negli anni successivi a un tenore di bella carriera poteva sembrare uno sberleffo. A Santa Maria Capua Vetere i genitori Antonio e Teresa gestivano una pescheria, Carlo unico maschio fra sei sorelle, giovane di bellissimo aspetto, su di lui gli occhi della gioventù femminile che non deludeva.
Il biliardo, dunque. Lui “uomo dal braccio d’oro” cominciò a guadagnare con la stecca. Girava per i paesi dell’aera vesuviana ove certe sale da biliardo erano bische, vi si presentava con poche centinaia di lire in tasca, le prime partite a bazzica, puntate al minimo, perdeva per strategia. Poi cominciava a rifarsi, le poste sempre più alte, rotoli di biglietti da mille in tasca e lasciava le sale sbigottite. La sua prima auto, una Giulietta sprint di colore grigio, sul sedile posteriore una specie di portastrumenti musicali, da oboe, ma era una stecca smontabile col raccordo in bronzo leggerissimo, il suo Stradivari. Acquistata l’auto cominciò a investire i soldi in lezioni di canto per la lirica che da passione diventò una professione. Catena di successi, dopo l’esordio di Napoli al San Carlo arrivavano le scritture dal Covent Garden di Londra all’Opera di Parigi, a Vienna, alla Scala con la direzione di Claudio Abbado; al Metropolitan di New York debuttò nella “Carmen” di Bizet con recensioni lusinghiere, tra le sue partner le star Montserrat Caballè, Katia Ricciarelli, Raina Kabaivanska.
Sul passato da rubacuori, Carlo Bini mise una grossa pietra nel 1966, aveva incontrato la donna della sua vita, Margaret Bailey, inglese, ballerina poi coreografa che gli è stata vicino nell’ultimo sofferto percorso di vita. Negli anni era diventato devotissimo alla figura di padre Pio, Nina Ferrari nella biografia riporta i particolari raccontati da Carlo, la fede ritrovata dopo una “lavata di testa” ricevuta dal frate di Pietrelcina gli sarà di sostegno per diventare fondamentale nella malattia, «per trovare la luce sottolinea la biografa nell’oscurità dei momenti più difficili, anche nelle cose più minute, diventa per lui una missione personale ma anche una testimonianza che desidera condividere con gli altri».
Fonte: Il Mattino –