Avvertire

av-ver-tì-re (io av-vèr-to)

Significato Percepire, considerare; rendere consapevole qualcuno di qualcosa; ammonire, minacciare

Etimologia voce dotta recuperata dal latino advèrtere ‘rivolgere’, derivato di vèrtere ‘volgere’ con prefisso ad- ‘verso’.

  • «Avverto una nota di biasimo nel tuo racconto.»

Abbiamo parole così, e non ne avvertiamo la profonda meraviglia. Non di solito, almeno.

Se partiamo col dire che ‘avvertire’ significa ‘percepire’ siamo già un po’ fuori strada. La percezione ha un marcato tratto fisiologico e burocratico — e diciamo pure . Secondo la lettera della sua origine latina è un ‘prendere completamente’ (càpere è ‘prendere’ e per- ha qui il valore di ‘interamente’). Ma noi attraversiamo esperienze di senso enormemente più sottili di questa  ‘percezione’, buona per stimoli e stipendi.

Quando avvertiamo qualcosa, l’incomparabile poesia popolare dei tempi andati ci dice che ci ‘volgiamo verso’ (advèrtere deriva da vèrtere, ‘volgere’, col prefisso ad-). Non è qualcosa che ci prende: è qualcosa che ci attira.
In effetti, se mi volgo in una direzione perché ho avvertito un rumore, non è detto che io abbia avuto una percezione netta, che posso  e spiegare. Può essere un  di sensazione, un brandello d’impressione, un sospetto, un’intuizione — l’avvertire è ciò che fa muovere l’orecchio del cane, che fa vibrare il baffo del gatto. Nella sua sottigliezza sposta l’attenzione,  con attenzione, e questo è .
Lo sentiamo, se avverto un certo disagio o la bellezza di un paesaggio, se avverto una nota di  nella tua voce, se avverto un’atmosfera d’: non sono sensazioni che possano essere dissezionate e analizzate, sono zaffate di mondo. Dopotutto è in questo modo che si manifesta anche un fratello etimologico, l’avverso.

Ora, la percezione oltre ad essere seduta sa essere piuttosto gonza, inconsapevole, una  sensoriale — tant’è che qualcuno ha dovuto  nel cappello per tirar fuori l’, percezione della percezione. Invece l’avvertire è pronto — se non ha già capito, è pronto a capire. Tant’è che se ti avverto di un pericolo a te ignoto, ecco che te ne rendo consapevole. Poi magari razionalmente non ci credi o lo escludi; ma ciò che è da notare è il passaggio fra quell’impressione sottile e questo genere di consapevolezza, ricco di possibilità.

Quando sono stato avvertito dell’arrivo di qualcuno, quando vengo avvertito che è il mio turno o che un lavoro è finito, ecco che la mia attenzione si raccoglie su quel punto (spesso atteso), riprende ciò che è alla coda dell’occhio, e considera il fatto. L’avvisare, sinonimo, è più notificatorio e rumoroso (figlio com’è di un parere, l’avviso originario). Perché l’avvertimento è laterale, non si siede mai al centro. Anche quando è un monito o una minaccia. Perché se ti avverto che devi fare molta attenzione al ghiaccio, o se ti avverto che se non  userò le maniere forti, considero qualcosa, un pericolo che non è qui e ora, in mezzo, ma che arriverà poi forse in base alle tue azioni. E le persone avvertite non sono solo o tanto quelle a cui è stata fornita un’informazione, ma che sono diventate vigili, o che sono pronte a rendersi .

, questa parola così comune, che ci facciamo girare in bocca e per iscritto con grande , è un miracolo d’introspezione, di lettura dell’umano, di sottigliezza di concetto.