Io so’ io e tu… (di Stelio W. Venceslai)

Nel nuovo corso della politica americana, il Presidente Trump ha trovato nuovi amici. Pappa e ciccia con Putin, con un occhio alle nuove conquiste e vestito da benefattore della pace, si sente padrone del mondo. E lo è.
La Cina è lontana, la Russia è una potenza regionale di media grandezza che in tre anni non è riuscita a battere l’Ucraina, l’Europa è un ammasso di Stati mollicci buonisti, democratici e pacifisti, perennemente in rissa fra loro. Vuoi mettere gli Stati Uniti?
Il delirio è grande: voglio Panama, voglio la Groenlandia, voglio il Canada, voglio Gaza, voglio le terre rare. Chi potrà opporsi?
Solo la Russia può capirlo, perché parlano lo stesso linguaggio, quello della prepotenza, affamati di terre e di popoli che non li vogliono. Ma che importanza hanno i popoli? Nessuna. La democrazia dell’Impero è a senso unico. America first.
Si comincia ad aprire gli occhi. Il “sogno” americano è finito.
Il segnale che viene dalle Cancellerie europee è esplicito: l’alleanza “tradizionale” con Washington è esaurita. Sia il Segretario di Stato americano sia il vice Presidente sono stati chiarissimi. Se v’interessa tutelarvi e avere un ruolo nel mondo, fatelo da soli. La copertura americana non c’è più. Anzi, i vecchi alleati se non sono nemici poco ci manca. Sono un peso.
I nuovi amici sono quelli che contano: la Russia, Israele, l’Arabia Saudita.
Il rovesciamento delle alleanze è una cosa seria, soprattutto per l’Europa. Riusciranno i nostri pallidi leader europei a prendere atto della svolta e a reagire?
Macron trova una buona occasione per riapparire sulla scena internazionale. Ma la Francia con il suo passato e con il suo esercito conta come il due di coppe in una partita a briscola.
Il Regno Unito è un pezzo importante nella scacchiera europea ma, se possibile, oggi conta ancora di meno della Francia. Fuori dall’Europa per volontà popolare, fuori da un Commonwealth che non esiste più, è solo un’isola, nel senso vero della parola. Ma l’isolamento è una gran brutta bestia.
La Germania, un tempo nell’asse franco-tedesco motore dell’Europa, aspetta il risultato delle prossime elezioni per decidere cosa fare. Gli spettri del ritorno al passato, con il timore del successo di Afd, filo fascista e filo putiniano, fanno paura.
Resta l’Italia, un Paese perennemente diviso tra chi crede nel fascismo (gli antifascisti) e chi si autoproclama democratico e antifascista. Roba vecchia che non interessa nessuno. La Meloni è a un bivio. O segue supinamente Trump ed esce dal (s)concerto europeo oppure si accosta al nascente nazionalismo europeo. Una scelta difficile. Non si può essere atlantisti se l’America non ci sta.
Sì, bisogna dirlo: il modo in cui gli Americani ci trattano, come Europei, può anche avere qualche giustificazione, ma è insultante. In fondo siamo stati come ci hanno imposto di essere con la fine della guerra mondiale. Ora, non serviamo più.
Alle porte ci sono i barbari, Putin all’est e Trump all’ovest. Prendiamone atto. Potrebbe essere un’occasione.
Sono anni che si parla della necessità di una politica estera vera che risponda a un disegno strategico deciso da un vero governo europeo, eletto dal popolo europeo, e sostenuto da un forte esercito europeo. Fandonie? Lo sono state, ma ora sono una necessità inderogabile.
Cominciamo dalla NATO. I Paesi europei membri della Nato devono uscire da questa organizzazione fasulla, foraggiata dagli Americani, e farsene una loro. Troppo difficile? Basta volerlo e capire che siamo sull’orlo di un baratro.
Occorre un governo europeo, un vero governo, non una Commissione dove si misura con il bilancino del farmacista l’importanza di uno Stato rispetto ad un altro. Per questo ci vogliono elezioni europee vere, per un Parlamento europeo che non sia un’inutile finzione dei parlamenti nazionali.
L’esercito europeo non esiste. Bisogna farlo. Ce ne sono anche troppi di eserciti nazionali: ventisette più uno, quello britannico. Messi assieme sono un esercito enorme, da far paura anche all’Armata russa che deve ricorrere ai mercenari e ai nordcoreani per battere gli Ucraini e non c’è ancora riuscita. Ma bisogna metterli assieme, non vagheggiare un altro esercito europeo, in aggiunta a quelli nazionali, cercando i soldi per farlo con confuse astrazioni finanziarie.
Economicamente, l’Europa è ancora la seconda (quasi a pari merito con la Cina), potenza economica mondiale. Demograficamente, 500 milioni di Europei vivono su questo territorio tra la Russia e l’Atlantico. Varrà pure qualcosa tutto questo, per difenderlo e per farne un protagonista mondiale come è sempre stato.
Tutto il resto, in una situazione di emergenza come quella che si sta profilando, non conta più nulla. Settant’anni di pacifismo, di buonismo, di politicamente corretto, di democrazie più o meno rispettose dei diritti umani, sono spazzatura. Se questo pianeta torna ad essere governato con la forza (come in realtà è sempre accaduto in passato), occorre la forza per sopravvivere. Non dobbiamo fare la guerra a nessuno. L’Europa ne ha fatte financo troppe al punto da suicidarsi, ma non è mai morta.
Un nazional-sovranismo europeo, a questo punto, per i nostri valori, per la nostra cultura, per la nostra civiltà, quella che Putin contrasta e Trump contesta, diventa necessario.
Roma, 18/02/2025