“Vieni, Spirito creatore, dolce consolatore, dono del Padre altissimo, acqua viva, fuoco, amore, santo crisma dell’anima”. E’ questa l’invocazione di tutti i cardinali prima di entrare in “conclave”, ovvero di essere chiusi (“con la chiave”) nella Cappella Sistina per scegliere il successore dell’Apostolo Pietro, il vicario di Cristo in Terra, capo di santa Romana Chiesa e di circa un miliardo di fedeli sparsi in ogni angolo del mondo. Per dogma di fede ogni cattolico è tenuto a credere che ad orientare la scelta del nuovo Papa debba essere lo Spirito Santo che apre le menti ed i cuori al bene ed al giusto. E tuttavia, diciamoci la verità, sono pochi quelli che veramente “confidano” in questa circostanza, essendosi rivelati, molti conclavi, luoghi di acerrimo scontro tra fazioni teologiche diverse, con votazioni lunghe ed estenuanti prima di arrivare al redde rationem. Troppo vasta la Chiesa e la Curia che ne gestisce il potere temporale, perché la scelta di un “nuovo pontefice” non risenta di interessi ed opinioni divergenti. Almeno in quella componente del sacro collegio cardinalizio che, non avendo compiuto gli ottant’anni di età, ancora può partecipare attivamente al voto. Se i fatti concreti e materiali sono quelli converrà guardare alla geografia di cui si compone il conclave. Non c’è dubbio infatti che da buon gesuita Bergoglio abbia alacremente lavorato per realizzare un disegno tutto suo.
Un disegno che in futuro abbia a svilupparsi in modo tale da condizionare la scelta del suo successore. Non a caso Francesco ha tenuto finora ben dieci concistori e nominato un numero record di porporati portando il collegio a 253 cardinali, di cui 140 elettori (in un futuro conclave) e 113 non elettori. Buona parte dei votanti (110 su 149) sono stati nominati proprio dall’ex vescovo di Buenos Aires. Il che significa che il nuovo Papa sarà eletto con le preferenze di quei religiosi nominati dal Papa Argentino. Piccolo particolare: tra i votanti gli italiani sono “solo” 19 su un totale di 45. Ora, fare l’elenco di tutti gli aventi diritto al voto in conclave e la loro provenienza territoriale ci toglierebbe molto spazio ma ci indicherebbe che ormai ogni angolo del pianeta è stato rappresentato in San Pietro. Tra l’altro Bergoglio ha preferito sopprimere le cosiddette sedi arcivescovili cardinalizie, ossia le sedi di quelle grandi città i cui gli arcivescovi venivano automaticamente insigniti della porpora cardinalizia. Tra queste sono state chiuse quelle italiane di Milano, Genova, Venezia, e così per altre sedi internazionali. Bergoglio insomma ha preferito optare per la nomina dei presidenti delle conferenze episcopali e quindi ha puntato su prelati espressione di cariche elettive in seno alla Chiesa, graditi ai vescovi di quelle stesse comunità. Democrazia si dirà. Vero. Però la Chiesa non può né deve ridursi a quella pratica laica. La “democrazia” resta pur sempre uno strumento politico per eccellenza, ma può anche rivelarsi un fattore della secolarizzazione. Parliamoci chiaro: la Chiesa non può essere assimilata ad un’istituzione qualunque! Essa trova nella fede, nei Vangeli e nei suoi dogmi, il filo conduttore che la regge da oltre venti secoli. Se per avventura dovesse adeguarsi a qualche fattispecie di modernità, degraderebbe verso mode, filosofie e maniera di pensare del mondo laico.
E’ questa confusione bergogliana di volersi allineare ai tempi che corrono che spesso ha creato disorientamento tra i fedeli più avveduti i quali hanno inteso i modi di Francesco di “essere Papa fuori dai canoni”, come una trasfigurazione dell’essenza e della continuità del Credo apostolico e dei suoi riferimenti ermeneutici dei sacri testi. Il Papa Gesuita ha ostentatamente minimizzato la sacralità della figura pontificale, ridotto alla bonomia del parroco dal tratto populista e missionario l’immagine del Vicario di Cristo in Terra. Ha sacrificato la visione più vasta, sia dottrinale che pastorale, della Chiesa, per convergere verso un pauperismo tipico della teologia della liberazione in quegli ambiti ove ancora sussistono abissali differenze tra coloro che vivono agiatamente e quelli che stangano a sopravvivere nelle favelas. Un travisamento della stesa dottrina sociale della Chiesa verso forme di socialismo che in nulla aderiscono ad essa a cominciare dalla agiatezza che proviene dal lavoro. Ma questo appartiene al passato. Oggi l’urgenza è quella di comprendere se e quando l’anziano e malato Bergoglio sia ancora in grado di reggere il timone del Vaticano. Se un Papa decisionista e dal forte carattere si possa affidare a quella curia che ha sistematicamente bacchettato ed inascoltato. Avremo ancora un Pontewfice dimissionario che, da Santa Marta, orienterà le scelte di un nuovo Papa? Così stante lo stato delle cose, è verosimile che ci sia ben presto un successore “progressista” che continui a “spogliare” la Chiesa dai suoi antichi canoni. L’intento renderà più povera e più pauperista la sposa di Cristo. Chissà, forse ci attende un Pontefice che potremo incontrare per strada, simpatico ed alla mano, che risulti gradito alla cronaca ed al popolo del web. Un Papa al quale poco importa della Storia secolare ed ecumenica della Chiesa e più aderente alle mode dei tempi che corrono…