Al maxi processo che si celebra in Corte di Assise sulle presunte violenze in carcere ai danni dei detenuti – avvenute nell’aprile 2020 nel penitenziario sammaritano – è stato il giorno degli investigatori. A sfilare sul banco dei testimoni, gli appartenenti alla polizia giudiziaria, tutti carabinieri, che hanno condotto le indagini, in particolare quelle che riguardano l’aspetto delle intercettazioni telefoniche. Sul banco dei testimoni sono saliti 5 rappresentanti dell’accusa che hanno collaborato alla stesura dell’informativa generale, con riferimento all’ascolto delle conversazioni intercettate, alla trascrizione e all’analisi dei contenuti ritenuti rilevanti per l’inchiesta.

Gli investigatori hanno risposto alle domande del pm Daniela Pannone e delle parti, illustrando le modalità con cui sono state eseguite le attività di ascolto e selezione delle intercettazioni e i criteri adottati per la trascrizione e per l’interpretazione delle frasi captate. Alcuni dei testimoni hanno anche riferito sulle sommarie informazioni raccolte dai detenuti, soffermandosi sui metodi utilizzati per assumere le dichiarazioni e sulle procedure seguite per garantire l’attendibilità delle testimonianze.
Tra gli elementi trattati in aula, anche l’attività di riconoscimento fotografico, che ha permesso di individuare alcune persone coinvolte nei presunti episodi di violenza all’interno del carcere. In particolare sono stati sentiti i carabinieri Gabriele Amodio, Nicola Zimbardi, Nicardo Zitiello, Mario Palmieri e Adriano Giacobone. Peraltro alcuni militari, vista l’entità dell’inchiesta, sono stati utilizzati come supporto a chi effettivamente stava operando, ovvero i responsabili, all’epoca del Nucleo operativo dell’Arma a Santa Maria Capua Vetere: si tratta di ascolti e trascrizioni finite nel procedimento ascoltate in parte anche differita.
L’udienza ha rappresentato un passaggio cruciale del dibattimento, con la difesa che ha posto particolare attenzione sulle tecniche investigative adottate, sollevando interrogativi sulla corretta gestione delle intercettazioni e sulla possibile decontestualizzazione di alcune dichiarazioni. L’accusa, invece, ha ribadito l’importanza del materiale raccolto, sottolineando come conversazioni e testimonianze acquisite offrano elementi chiari sulle responsabilità degli imputati.
Ma come venivano selezionate le intercettazioni da trascrivere? La domanda, rivolta dall’avvocato Edoardo Razzino al primo teste, ha puntato sulla gestione di chi si occupava di dare ordini. Alcune domande rivolte dalla difesa ai testi, riguardavano gli «obiettivi» intercettati, ovvero se solo gli odierni imputati o anche familiari. Le prime attività avrebbero riguardato l’acquisizione delle immagini delle telecamere di videosorveglianza interne del carcere avvenute il 10 aprile, con un sequestro dell’intero impianto perché non fu possibile estrapolare immediatamente tutte le immagini.
Un impianto al piano terra del reparto Nilo con strumentazione complessa con i vari “Dvr” contenuti in varie postazioni e gabbiotti. È stato appurato che tranne quelle del reparto Nilo, le altre telecamere erano soltanto di visione immediata, non contemplavano la registrazione. Il processo proseguirà lunedì con l’audizione di consulenti tecnici ed esperti del pm. Il focus sarà sulle analisi delle copie forensi dei cellulari sequestrati e sui video acquisiti nell’ambito dell’inchiesta, materiali che potrebbero aggiungere ulteriori elementi di prova nel procedimento. Nel corso dell’udienza di ieri sono intervenuti anche gli avvocati Carlo De Stavola, Giuseppe Stellato, Luca Tornatora, Carlo De Benedectis ed Elisabetta Carfora.
FONTE: