Il vino di Franciacorta, tra storia e futuro
Cosa possiamo imparare da 35 anni di cultura enologica italiana
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Care lettrici, cari lettori,
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mi capita spesso, in locali di tutta Italia, che il cameriere mi proponga di cominciare con “un calice di Prosecco” e, al mio sì, vedermi portare un’altra “bollicina”, un Trento doc o un Franciacorta. Che peccato che proprio chi fa questo mestiere non conosca la differenza tra i diversi vini, che hanno storie, metodi produttivi e origini geografiche diversissime.
È importantissimo far delle distinzioni, perché la forza delle eccellenze italiane sta proprio delle diversità. Non parlo di cosa sia meglio, ma di sottolineare le differenze.
Ora che vi scrivo dalla Franciacorta penso che sia davvero importante.
Franciacorta infatti spegne in questi giorni 35 candeline (il Consorzio è stato creato nel marzo del 1990) e lo fa in grande stile, con tre giorni di celebrazioni dal 5 al 7 marzo. Un’occasione per brindare ai successi di un territorio che ha saputo conquistare il mondo con le sue bollicine di classe. Oltre 120 cantine e più di 200 soci della filiera si ritrovano per fare il punto su una crescita che parla chiaro: in 15 anni, l’export è aumentato del 130%. Numeri da capogiro per una denominazione che oggi conta 3.634 ettari vitati su un totale di 20.370 ettari distribuiti su 19 comuni.
Novità in arrivo: le UGA e il futuro della Franciacorta
Un grande passo avanti è l’approvazione delle Unità Geografiche Aggiuntive (UGA), un’ulteriore mossa per valorizzare il territorio. L’ultima arrivata? La 135esima UGA, Tesa a Gassago. Ora il dossier passa alla Regione Lombardia, per poi approdare al Ministero e infine a Bruxelles. Ma per vedere le prime bottiglie etichettate con le nuove UGA dovremo aspettare il 2030. Nel frattempo, il Consorzio si prepara a un cambio al vertice: a maggio si vota per il nuovo presidente, dato che l’attuale, Silvano Brescianini, ha raggiunto il limite dei due mandati.
Franciacorta nel mondo: missione comunicazione
Denis Pantini di Nomisma ha portato numeri interessanti: il 95% delle persone conosce Franciacorta e il 61% l’ha già bevuto. Bene, no? Sì, ma c’è ancora strada da fare. Il vero problema? Spesso i consumatori non conoscono la storia e l’identità del Franciacorta. “Viviamo nella bellezza e nella storia, ma dobbiamo imparare a comunicarla meglio”, dice Brescianini. E aggiunge un punto cruciale: i veri competitor non sono solo Champagne e Prosecco, ma anche tutti quei potenziali consumatori che ancora non si avvicinano al mondo del vino.
Il futuro? La nuova generazione di Franciacorta
Uno sguardo avanti: il futuro del Franciacorta è nelle mani dei giovani. “Oggi ventenni crescono in un mondo più evoluto e portano il prodotto sulle tavole internazionali”, sottolinea Brescianini. Un nuovo slancio per portare il Franciacorta ancora più lontano, con freschezza e nuove idee.
Vocazione, un concetto chiave
Il professor Attilio Scienza ha acceso il dibattito su un tema fondamentale: la vocazione. “La Franciacorta ha vocazione perché esiste, ma non è spiegabile con semplici numeri”, dice. E sottolinea come la viticoltura non possa rimanere ancorata agli schemi del passato. “Le vigne hanno impiegato 50 milioni di anni per evolversi, non possiamo pensare che il modello di 50 anni fa sia ancora perfetto”. Insomma, il vino è evoluzione e il Franciacorta ne è un esempio perfetto.
Tra storia e leggenda
La Franciacorta ha un’aura quasi mitica. Si racconta che Carlo Magno, impossibilitato a tornare in Francia per festeggiare San Dionigi, abbia annesso questa terra al regno d’Oltralpe, battezzandola “Corta Francia”. Leggenda? Probabilmente sì. Più realisticamente, il nome deriva dalle “curtes francae”, le comunità monastiche benedettine che qui si stabilirono nel Medioevo. Un legame con la Francia che continua oggi, visto che il Franciacorta adotta il metodo champenoise, proprio come lo Champagne.
L’identità di un’eccellenza
In pochi decenni, la Franciacorta è diventata sinonimo di metodo classico, grazie alla visione imprenditoriale e alla qualità rigorosa. Nomi come Guido Berlucchi, Bellavista, Ca’ del Bosco e Cavalleri hanno fatto la storia, ma il vero segreto è un’identità solida. A differenza di molti altri vini spumanti, Franciacorta non ha bisogno di scrivere “DOCG” in etichetta: basta il suo nome per raccontare tutto. Un privilegio condiviso solo con Champagne e Cava. Certo, i numeri sono diversi: in Italia si bevono 9 milioni di bottiglie di Champagne contro i 4 milioni di Franciacorta, ma il valore del marchio cresce ogni anno.
Franciacorta: bollicine per ogni occasione
Prodotto con Chardonnay, Pinot Nero e una piccola percentuale di Pinot Bianco, il Franciacorta è un vino che unisce struttura e freschezza. Fermenta in bottiglia per almeno 18 mesi e matura per 25 mesi dalla vendemmia prima di arrivare nei calici. Perfetto per tutto il pasto e da tenere lontano dai dolci (sì, basta brindisi con lo spumante sul panettone!).
Con 35 anni di storia alle spalle, Franciacorta guarda avanti con entusiasmo: tra innovazione, nuove generazioni e una strategia di comunicazione più incisiva, le sue bollicine sono pronte a conquistare ancora più calici in tutto il mondo. Cin cin al futuro!
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Laureata in Filosofia, appassionata conoscitrice della tradizione enogastronomica italiana, Eleonora Cozzella collabora da venti anni con i siti dedicati al food del gruppo Gedi, e da giugno 2024 è direttrice del Gusto. Scrive per Repubblica, La Stampa e e coordina il panel italiano del premio The World’s 50 Best Restaurants che stabilisce un’esclusiva classifica della ristorazione internazionale. Finalista con il libro “Pasta Revolution” del premio Bancarella Cucina e vincitrice con “La carbonara perfetta” dei Cook Book Awards, ama approfondire la storia di prodotti e le tendenze legate all’alimentazione. Degustatrice di professione, sommelier per passione e docente di Giornalismo Gastronomico all’università LUISS di Roma, è una globe trotter del cibo, sempre a caccia di eccellenze.
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