Il Caffè di Gramellini
Cameriere, champagne

 

«Quel che conta nella vita è il cash. Bere bene, giocare ai cavalli e qualche fanciulla». A parte l’uso del termine «fanciulla» (un po’ anomalo, considerato il contesto) ecco le cose che mi colpiscono nelle dichiarazioni di Filippo Romeo, in arte Filippo Champagne, figlio di papà, fratello di politico e frequentatore assiduo del locale milanese assurto a simbolo della depravazione contemporanea. 1) L’età del soggetto, 49 anni: la totale dedizione agli impulsi basici è una prerogativa della giovinezza, poi di solito la tavolozza degli interessi si allarga o comunque si complica, ma pare non sia questo il caso. 2) La mancanza di un segno caratteristico: anche George Best diceva «ho speso gran parte dei miei soldi in alcol, donne e macchine veloci, il resto l’ho sperperato», però è stato una delle più grandi ali destre della storia del calcio e, come tanti altri dissipatori del proprio talento, aveva — appunto — un talento con cui allietare il suo prossimo, ma pare non sia questo il caso.

3) L’assenza di prospettive: il ricco turbo-materialista è sempre esistito, però non si accontentava del consumo immediato e non si godeva la vita in leasing. Collezionava cose e aveva un’idea di futuro, ma pare non sia questo il caso. 4) Senza un hobby adulto, né un talento, né una visione, Filippo Champagne ha 452 mila followers su Instagram che vorrebbero essere come lui. Se qualcuno pensa che la scuola dell’obbligo abbia fallito, è proprio questo il caso.