SOMMARIO

  1. IL CASO GARLASCO E IL PROCESSO MOLLICONE 

  2. TOTI LA FACCIA DA CULO VERSO UN ALTRO PROCESSO 

  3. COCA.MAZZETTE E SPIONI DA MILANO DA BERE A MILANO NELLA MERDA…

  4. A NAPOLI INVECE SI SPECULA ANCHE SUI MORTI 

  5. LA CAMORRA NELLE CARCERI I BOSS COMANDANO COME A CASA LORO 

  6. LE PRIME PAGINE DEI GIORNALI DI OGGI 

  • La svolta su Garlasco Ovvero, si riapre clamorosamente il caso dell’uccisione di Chiara Poggi, avvenuta il 13 agosto 2007 nel paese in provincia di Pavia, e per la quale nel 2015 è stato condannato in via definitiva il fidanzato Alberto Stasi, in carcere da 10 anni. Ora, 18 anni dopo, gli inquirenti sospettano che il materiale genetico trovato sotto le unghie di Chiara sia di Andrea Sempio, oggi 37enne, e che all’epoca del delitto ne aveva 19 ed era amico del fratello di Chiara. Domani Sempio, su ordine del giudice, dovrà presentarsi nella sede della scientifica dei carabinieri di Milano per essere sottoposto alla prova del Dna che aveva rifiutato la scorsa settimana. La cronaca di Cesare Giuzzi.

  • La svolta sul delitto Mollicone Un’altra giovane donna uccisa molti anni fa, un’altra verità forse da riscrivere. «La corte annulla la sentenza e rinvia a un nuovo processo d’Appello». Così, 24 anni dopo l’uccisione di Serena Mollicone, i giudici della prima corte penale della Cassazione hanno accolto il ricorso della procura generale: resta così in piedi l’ipotesi che ad uccidere la 18enne di Arce, il 1° giugno 2001, siano stati il maresciallo della caserma dei carabinieri, Franco Mottola, la moglie Anna Maria e il figlio Marco, accusati in concorso di omicidio volontario e occultamento di cadavere. La cronaca di Fulvio Fiano.

il Delitto

Caso Garlasco, nuovo indagato: il Dna e quel mancato confronto

2007 – Per la morte di Chiara Poggi fu condannato a 16 anni Alberto Stasi

12 Marzo 2025

C’era del Dna sotto le unghie di Chiara Poggi. Materiale genetico che non apparterrebbe all’ex fidanzato Alberto Stasi ma, secondo indagini difensive, sarebbe compatibile con quello di un amico di famiglia, Andrea Sempio. Allora diciannovenne, Sempio ebbe dei contatti telefonici con la casa della vittima nei giorni precedenti il delitto. È indagato per omicidio in concorso e oggi dovrà presentarsi alla sezione rilievi dei carabinieri di Milano, per sottoporsi a un prelievo coatto del materiale genetico, che sarà confrontato con quel profilo.A 18 anni dall’omicidio di Garlasco, una nuova indagine potrebbe riscrivere la storia di uno dei casi più famosi della cronaca italiana. Chiara Poggi, studentessa di 26 anni, viene trovata morta nella villetta di famiglia il 13 agosto del 2007. È stata colpita più volte con un’arma mai trovata. Una morte per cui a oggi c’è un colpevole, Stasi, il primo a dare l’allarme, condannato in via definitiva dopo un lungo e tormentato processo: assolto in primo e secondo grado, la sentenza viene annullata dalla Cassazione; la Corte d’appello bis condanna Stasi a 16 anni, decisione confermata dalla Suprema Corte, contro il parere del procuratore generale della Cassazione. Quello contro Stasi è un processo indiziario. Funestato da polemiche sulle indagini, dalla lentezza con cui i carabinieri procedono a sequestri nei confronti di Stasi, fino alla condanna del comandante della stazione per vicende parallele, successive all’inchiesta. Stasi, per chi indaga, non avrebbe potuto uscire da quella villa senza essersi sporcato le scarpe di sangue. E avrebbe poi cambiato il pedale della bici per cancellare le tracce.La pista alternativa emerge per la prima volta nel dicembre del 2016, quando i legali di Stasi, Giada Bocellari ed Enrico Giarda, depositano i risultati di una corposa indagine difensiva, che reca per la prima volta il nome di Sempio come possibile autore del delitto. Tutto nasce da un dato emerso nell’appello bis: il genetista Francesco De Stefano rileva del Dna sotto alle unghie di Chiara. Si procede a un confronto con il profilo di Stasi. Ma per De Stefano il materiale è troppo degradato per dare risultati significativi.
I difensori si rivolgono a un altro genetista, Pasquale Linarello, che arriva a un risultato opposto: il Dna non sarebbe di Stasi. Ad aggiungere un ulteriore pezzo sono gli accertamenti di un’agenzia investigativa privata, la Skp di Milano, che arriva al nome di Sempio. All’epoca il giovane era stato sentito, ma aveva un alibi. Sarebbe stato in libreria, e per dimostrarlo ha tenuto il biglietto di un parcheggio per oltre un anno. Ha un numero di scarpe compatibile con l’impronta trovata nella villetta, 42-42,5. L’equipe difensiva fa un passo ulteriore: preleva di nascosto un campione di Dna del sospettato, lo mette a confronto con la traccia sotto le unghie di Chiara e trova una compatibilità. Non è un confronto che ha validità giudiziaria e tutto viene consegnato alla Procura di Pavia. La tesi viene archiviata un anno più tardi come un tentativo “pretestuoso” per scagionare Stasi. L’inchiesta, coordinata dall’aggiunto Mario Venditti e dal pm Giulia Pezzino, viene chiusa senza effettuare la controprova del Dna.I difensori di Stasi nel frattempo depositano altri elementi. Il nuovo input investigativo viene raccolto dallo stesso ufficio investigativo, che però nel frattempo ha cambiato vertici. A Pavia adesso ci sono il procuratore Fabio Napoleone e l’aggiunto Stefano Civardi, magistrati che hanno entrambi alle spalle una lunga carriera a Milano. Chiedono di riaprire le indagini, ma trovano il diniego del gip. Fanno ricorso in Cassazione e ottengono un via libera a riaprire l’inchiesta, per dare una risposta scientifica alla teoria nata dalle indagini difensive. Sempio, tecnicamente è indagato in concorso. In altre parole, si ipotizza una sua presenza sul luogo del delitto insieme a Stasi, che si è sempre dichiarato innocente. Ma è chiaro che se quella traccia genetica dovesse collegarlo in qualche modo al luogo del delitto, questo elemento aprirebbe la strada anche a una richiesta di revisione processuale per quello che fino a oggi è stato l’unico vero grande sospettato per quell’omicidio. Sempio, attraverso il suo avvocato Massimo Lovati, si dice estraneo ai fatti e “sconvolto” dalle contestazioni.

 

 

 

Ex presidente Liguria

Altri guai per Toti: indagato per truffa ai danni dello Stato

L’ipotesi – Un’assunzione fantasma per ingresso gratis al lido

11 Marzo 2025

L’onda lunga dell’inchiesta giudiziaria per corruzione che ha travolto Giovanni Toti riserva un’ultima sorpresa per l’ex governatore ligure: per anni la sua giunta avrebbe tenuto a libro paga un collaboratore fantasma, che non aveva alcun vero compito se non quello di far entrare gratis nei suoi stabilimenti balneari, Toti e il suo fedelissimo assessore Giacomo Giampedrone. È in questo clima da fine impero, con Toti che sta scontando la pena del patteggiamento ai lavori socialmente utili e ha fondato un’agenzia di comunicazione, che la magistratura riporta alla mente un personaggio che aveva già incuriosito alcuni giornalisti fra il 2015 e il 2016, quando sbucò come un fungo nel caravanserraglio dell’opulento staff del cerchio magico totiano. Il suo nome è Davide Marselli, titolare dei bagni San Marco di Fiumaretta, provincia di La Spezia. In tanti allora si chiesero se, a parte l’amicizia con Toti e Giampedrone, ci fossero altre qualità a spiegare l’affidamento di quell’incarico. La Guardia di Finanza, che ha già avviato accertamenti e audizioni di testimoni, ha concluso di no: Marselli praticamente non si sarebbe mai presentato a Genova, negli uffici della Regione Liguria. È vero che il contratto lo inquadrava inizialmente come un collaboratore a progetto (trasformato poi in un dipendente), un po’ fumosamente a disposizione di Giampedrone, con una retribuzione fra i 9 e gli 11 mila euro lordi l’anno, per un totale di 80 mila euro. Ciò non toglie, secondo gli inquirenti, che l’impiego fosse fittizio. Questo vale l’accusa di truffa ai danni dello Stato per Toti, Marselli e Giampedrone, e di falso per il solo Giampedrone, per la chicca dell’assegnazione di un’ulteriore di un premio produzione.A condire la vicenda di un po’ di colore è il curriculum allegato da Marselli, corporatura massiccia e passione per il calcio dilettantistico, che fra i propri pregi esalta la “capacità di coordinazione”. E in effetti, forse non ci voleva solo coordinazione, ma anche una certa agilità per districarsi nei contratti fiduciari che fioccavano negli anni del fulgore totiano. Marselli in cambio avrebbe ospitato gratis il governatore e il suo braccio destro, quando tornavano a casa prendere un po’ di tintarella. I diretti interessati, attraverso gli avvocati, negano gli ingressi a scrocco. Ma è lo stesso imprenditore a confermarli in alcune intercettazioni. E non solo al telefono. Marselli, sanguigno spezzino, non era solito professare l’understatement. Ecco cosa diceva al Secolo XIX, che nel 2015 faceva notare come il gestore dei bagni San Marco, prima e dopo la campagna elettorale, avesse appena portato tutto il futuro governo ligure a mangiare ai suoi bagni la “bagna verde”, salsa che è la specialità della casa: “Con Giovanni e Giacomo ho rapporti fraterni da molto tempo, la politica non c’entra nulla. E poi qui da me vengono tutti, anche quelli di sinistra, con un passato comunista, come Lorenzo Forcieri (ex sottosegretario alla Difesa) o Massimo Baudone (presidente della Provincia). Quanto alle competenze in tema di protezione civile, delega di Giampedrone: “Sono un uomo di fiducia, non ho titoli specifici se non un diploma da ragioniere, ma in pochi conoscono la zona del Magra quanto me. Io aiuto in ogni senso Giacomo e Giovanni, con passione e impegno”.

davide lacerenza

“COCA, MAZZETTE E SPIONI: GLI ABISSI DELLA MILANO PERDUTA” – PIERO COLAPRICO SUONA IL “DE PROFUNDIS” A MILANO “MISERA, SPOCCHIOSA E SENZA ELEGANZA”: “È SEMPRE PIÙ SPIETATA CON I POVERI E I DEBOLI E SEMPRE PIÙ ASSERVITA AI RICCHI, VERI E PRESUNTI TALI, COME GLI SPOCCHIOSI CLIENTI DELLE SERATE CAFONE DI LACERENZA” – “SCOPRIRE OGGI CHE IL RISARCIMENTO A UNA DELLE PROSTITUTE DELLA GINTONERIA, CHE SI ERA SENTITA MALE DOPO UNA ‘BOTTA’ DI COCA, CONSISTE IN UN PACCO DI PANNOLINI PER BAMBINI, MOSTRA L’ABISSO”

selvaggia lucarelli - davide lacerenza - giuseppe cruciani

“CRUCIANI, MEGAFONO DI LACERENZA E ORA ‘QUESTURINO’ TARDIVO” – SELVAGGIA LUCARELLI ATTACCA IL CONDUTTORE DE “LA ZANZARA”: “PRIMA CONTRIBUISCE A CREARE IL MOSTRO,   ESALTANDOLO COME UN MILIONARIO ONESTO, VENUTO DAL NULLA COL SOLO VIZIETTO DI DROGARSI UN PO’ E PURE PLAYBOY, POI, QUANDO IL MOSTRO FINISCE ARRESTATO, SENTE L’IMPELLENTE BISOGNO DI GIUSTIFICARSI” – REPLICA DI CRUCIANI A DAGOSPIA: ””LA ZANZARA” È UNA TRASMISSIONE RADIOFONICA MICA LA COMMISSIONE D’INCHIESTA SULLE STRAGI, AL MASSIMO PUÒ RACCONTARE DEI PEZZI DI REALTÀ. COME NEL CASO COCA&MIGNOTTE DI LACERENZA, CHIAMIAMO CHI CI FA DIVERTIRE (O ARRABBIARE) E CHI PENSO FACCIA ASCOLTI. LO FANNO TUTTI, SOLO CHE NON LO DICONO” – “SE L’ACCUSA È QUELLA DI METTERE IN PIEDI “MESTI SPETTACOLINI”, E DI COPIARE IL FORMAT DI BARBARA D’URSO, EBBENE NE SONO ORGOGLIOSO, PER ME È UNA MEDAGLIA”  ANCHE PARENZO HA QUALCOSA DA DIRE ALLA “PM LUCARELLI’’ –

DAILY MAGAZINE

 

Caro estinto, inchiesta nata da lettera anonima. Tutti i nomi dei 70 indagati colpiti da ordinanza

NAPOLI – Per le truffe del ‘caro estinto’ al servizio sanitario nazionale, nella maxi operazione di questa mattina il gip Fabio Provvisier del tribunale di Napoli ha emesso diciannove ordinanze di custodia cautelare in carcere, cinquanta agli arresti domiciliari ed un obbligo di dimora, mentre ha rigettato la richiesta di misura restrittiva della Procura nei confronti di altri venti indagati “per mancanza di esigenze cautelari.

Le indagini sono partite in seguito alla denuncia dell’ingegnere Ciro Verdoliva, direttore generale e legale rappresentante dell’Asl, il quale aveva ricevuto una lettera anonima in cui si parlava di condotte penalmente rilevanti da parte della dottoressa Margherita Tartaglia. A quel punto sono iniziate le indagini attraverso intercettazioni ambientali e video riprese nel centro medico “Tartaglia medicina estetica’. L’inchiesta ruota intorno alle figure dei tre dirigenti medici Margherita Tartaglia, Luigi Rinaldi e Federico Amirante, ritenuti gli organizzatori delle truffe. Avrebbero stabilito un tariffario per le imprese di pompe funebri a cui avrebbero fornito certificati necroscopici tesi che attestavano falsamente il decesso domiciliare, evitando alle agenzie di pompe funebri di fare visite domiciliari o di prelevare il Dna in caso di cremazione. Inoltre, sempre in cambio di denaro, avrebbero rilasciato certificati che attestavano false patologie per ottenere il beneficio del contrassegno del parcheggio.

Questi gli indagati arrestati in carcere: Massimiliano Accarino, Salvatore Aloisio, Federico Amirante, Luciano Arciello, Mario Bellomunno, Emiliano Botta, Gabriele Canzanella, Massimo Centomani, Emanuel D’Abile, Raffaele Grimaldi, Vincenzo Incoronato, Emanuele Lettera, Umberto Moccia, Vito Paduano, Carlo Perfetto, Maurizio Petriccione, Luigi Rinaldi, Gennaro Tammaro e Margherita Tartaglia.

Questi gli indagati agli arresti domiciliari: Salvatore Alajo, Gaetano Ambrosio, Antonio Ascione, Vincenzo Ascolese, Paolo Balestrieri, Renato Botta, Fulvio Buhne, Arturo Caiazzo, Carlo Canzanella, Pasquale Canzanella, Angelo Capolino, Francesco Carratta, Raffaele Castaldo, Massimo Cavaliere, Davide Cecere, Antonio Chiarotti, Fabio Chiarotti, Alessio Cimmarosa, Carmine Cirino, Antonio Colucci, Antonio Cozzolino, Silvana Cutolo, Gennaro D’Alessio, Leonardo De Napoli, Massimiliano Dell’Anno, Pasquale Di Nardo, Antimo Evangelista, Renato Forte, Bruno Genovese, Luigi Giordano, Patrizia Guarino, Salvatore Landi, Giuseppe Liguori, Federico Manda, Raffaele Montuoro, Salvatore Murante, Gennaro Pepe, Ciro Piccirillo, Giovanni Pilato, Gennaro Riccio, Michele Romano, Rosario Romano, Ciro Russo, Francesco Strano, Oreste Strazzullo, Pasquale Tammaro, Giuseppe Trombetta, Nazareno Trombetta, Giancarlo Tuccillo Castaldo e Luigi Villani.

L’unico indagato all’obbligo di dimora: Francesco Orfano

TUTTI I NOMI. Raid punitivo in carcere: 11 arresti. Tra i capi del gruppo di picchiatori Valentino Tarallo di Secondigliano

Vincenzo Tarallo

 

 

NAPOLI – Raid punitivo nel carcere di Avellino. Un 25enne pestato in cella. Ieri mattina gli agenti hanno arrestano undici persone.
Le indagini della squadra mobile di Avellino (diretta da Aniello Ingenito) partono dal racconto dei testimoni e dai filmati registrati dalle telecamere nell’istituto penitenziario. Secondo gli investigatori, è stato un raid studiato nei dettagli: il 22 ottobre avrebbero raggiunto la cella 8 per pestare il 25enne napoletano Paolo Piccolo, oggi ancora ricoverato in gravi condizioni nel reparto di rianimazione. Sempre secondo il resoconto della polizia, quel giorno, riuscirono a prendere le chiavi per aprire i corridoi e chiudere le celle, dove erano gli amici del 25enne. Fecero uscire i compagni di Paolo Piccolo in malo modo.

Fu picchiato in modo violento e trascinato per le scale. Quando gli amici riuscirono a soccorrerlo, pensavano fosse morto. La questura fa sapere che le indagini sono state condotte con il N.I.C. della Penitenziaria – Nucleo Investigativo Regionale per la Campania. All’alba di ieri hanno eseguito l’ordinanza cautelare in carcere, emessa dal giudice per le indagini preliminari di Avellino, nei confronti di undici persone: Francesco Crisci Sabato, 20 anni, di Avellino, Nelly Osemwegie, 36 anni, della Nigeria, Valentino Tarallo, 31 anni, di Secondigliano, Raffaele Zona, 30 anni, di Campobasso, Agrippino Paudice, 26 anni, di Napoli, Giovanni Capone, 27 anni, di Napoli, Luigi Gallo, 42 anni, di Sarno, Luciano Benedetto, 40 anni, di Salerno, Giovanni Flammia, 38 anni, di Napoli, Pasqualino Milo, 42 anni, di Cercola, Vincenzo Pisapia, 28 anni, di Avellino.

Gli investigatori considerano Tarallo e Paudice ai vertici del gruppo. L’indagine avviata a seguito dei fatti occorsi il 22 ottobre 2024, presso la casa circondariale Graziano di Avellino, e relativi ad una rivolta dei detenuti all’interno della struttura, culminati nel grave ferimento del detenuto, trasportato all’ospedale Moscati di Avellino e ricoverato in prognosi riservata. Il complesso degli elementi ricavati dall’analisi e dall’elaborazione delle immagini acquisite presso il penitenziario irpino, dalle dichiarazioni rese, dal sequestro di corpi contundenti e delle altre cose pertinenti al reato, unitamente ad altri accertamenti tecnico-scientifici, ha consentito l’identificazione dei presunti responsabili dell’aggressione e una scansione dell’escalation di violenza, conseguente alla contrapposizione tra due distinti gruppi, impegnati a contendersi l’egemonia all’interno dell’istituto. Qui non parliamo di clan – spiegano gli investigatori – ma di gruppi nati all’interno del carcere. Già nei giorni successivi all’aggressione, vennero effettuate perquisizioni straordinarie all’interno dell’istituto penitenziario – ad opera della polizia penitenziaria ed in stretto coordinamento con gli inquirenti – a cui seguirono i trasferimenti dei detenuti ritenuti pericolosi in altre strutture penitenziarie anche di altre regioni. Le indagini tempestivamente svolte e gli esiti finora conseguiti testimoniano l’elevato grado di attenzione che la Procura della Repubblica di Avellino ha da tempo rivolto alle condizioni di sicurezza e di legalità interne all’istituto di pena irpino, nella consapevolezza che queste ultime rappresentano l’ineludibile presupposto per dare effettività ai percorsi di rieducazione. A difendere gli indagati sono stati nominati diversi avvocati, tra cui Antonio Falconieri, Lucio Coppola, Fabio Gentile, Francesco Liguori, Antonio Izzo, Domenico Dello Iacono, Dario Carmine Procentese, Vincenzo Rispoli, Antonella Senatore, Angelo Peccerella, Gerardo Santamaria ed Eduardo Izzo.