Il Caffè di Gramellini Oltre ogni ragionevole dubbio

In largo anticipo sugli eventi delle ultime settimane, già il filosofo Bertrand Russell attribuiva i problemi del mondo al fatto che «gli stupidi sono sicurissimi e gli intelligenti pieni di dubbi». Vale per i politici e i giornalisti come per i magistrati. I recenti sviluppi del giallo infinito di Garlasco, con il ritorno in scena di un amico del fratello di Chiara Poggi (al quale apparterrebbe il Dna trovato sotto le unghie del cadavere), suggeriscono che la riforma della giustizia più urgente sarebbe il ritorno del dubbio come metodo investigativo. Fu un magistrato, nel 2017, ad archiviare con parole nette («infondatezza assoluta») la richiesta di prendere in esame la perizia del Dna che invece adesso altri suoi colleghi ritengono fondatissima, al punto da avere iscritto Andrea Sempio nel registro degli indagati.


Ci mancherebbe che in un articolo che esalta il potere del dubbio mi permettessi di nutrire certezze sull’archiviazione di ieri o sulla riapertura di oggi. Mi limito a osservare che i magistrati, di ieri e di oggi, dovrebbero sempre farsi guidare dall’indicazione «oltre ogni ragionevole dubbio». A maggior ragione quando lavorano sulla carne viva (c’è un uomo in carcere da anni per quell’omicidio). Lo spirito del tempo pretende provvedimenti rapidi, temendo che l’unica alternativa al decisionismo sbrigativo sia l’inerzia. Ma proprio Bertrand Russell diceva che un uomo deve imparare a coltivare dubbi e al tempo stesso a non lasciarsene paralizzare. Un uomo, figuriamoci un magistrato.