Il rumore dei cristalli rotti

(di Stelio W. Venceslai)

La Parola Che Non Muore

Un mondo senza regole non è solo disordinato. È pericoloso. È quello che sta accadendo perché non ci sono più certezze.

L’avvento di Trump ha scomposto gli equilibri mondiali. Forse si erano troppo stratificati, forse ci eravamo abituati a considerarli definitivi. Non è più così, perché quasi a tentoni si stanno ridisegnando alleanze un tempo tradizionali.

Mi aspetto che gli Stati Uniti escano dalle Nazioni Unite. Questa istituzione non serve più alla politica rampante di oggi. Troppi vincoli, troppe lungaggini, troppa gente che non conta. Un esempio di democrazia internazionale sbagliata.

Sao Tomé ha un voto come gli Stati Uniti, l’india o la Cina. È ridicolo.

Il Consiglio di Sicurezza fu inventato nel 1945 e includeva cinque inamovibili membri permanenti, i vincitori di una guerra appena finita: Stati Uniti, l’Unione sovietica e Cina nazionalista, poi l’Inghilterra e, per graziosa concessione, la Francia. La Cina nazionalista è scomparsa ed è subentrata la Cina popolare. Al posto dell’Unione sovietica si è sostituita la Federazione russa.

Poi ci sono altri dieci membri non permanenti che ruotano ogni due anni, ma che non contano nulla perché, in omaggio a una visione distorta della democrazia il Consiglio di Sicurezza dovrebbe votare all’unanimità. Basta un veto per bloccare tutto.

Quanti ce ne sono stati di veti, in questi anni? Fino al 2018 (ultimi dati disponibili) la Cina ha esercitato il diritto di voto 11 volte, la Francia 16, l’Inghilterra 9, gli Stati Uniti 79, la Russia 106. Dal 2018 sono trascorsi ben sette anni e i numeri sono aumentati. Dopo ottant’anni dalla costituzione delle Nazioni Unite, la paralisi è evidente.

La conclusione è che le grandi Potenze, se non sono d’accordo, possono bloccare tutto come è sempre accaduto. In queste condizioni il Consiglio di Sicurezza è inutile.

Le numerose Agenzie delle Nazioni Unite hanno anche fatto cose pregevoli, ma se gli Stati importanti non ratificano le loro decisioni, restano acqua fresca.

Quindi, se gli Stati Uniti escono dalle Nazioni Unite, non succede nulla.  Tanto, le Risoluzioni dell’Assemblea sono lettera morta, fin dall’inizio, perché gli Stati membri non contano perché non sono membri permanenti e, come membri permanenti, si paralizzano a vicenda con il diritto di veto.

Il tutto è di un’inutilità assoluta.

Se gli Stati Uniti se ne vanno, però, si riducono nettamente i finanziamenti. Gli Stati Uniti sono i maggiori contribuenti del sistema. Se se ne vanno, addio Nazioni Unite.

L’abbandono del multilateralismo è pericoloso perché cambia il gioco, ma le Grandi Potenze restano sempre grandi e i piccoli piccoli. Un Paese come gli Stati Uniti, oggi, preferisce trattare direttamente con i Paesi europei piuttosto che con l’Unione europea. È più facile e il potere di coercizione è maggiore. Il multilateralismo è una difesa dei piccoli contro grandi, una stanza di compensazione degli interessi contro la forza bruta. Non ha dato grandi risultati, bisogna ammetterlo, ma + pur sempre meglio del ricatto tra il lupo e la pecora.  Contro un gregge di pecore il lupo non corre rischi.

Con la NATO siamo nella stessa situazione. Concepita come un baluardo a difesa dell’Occidente, presupponeva un Occidente coeso contro un’aggressione. Oggi, è poco più di uno straccio bagnato.

Anche qui, chi paga di più sono gli Stati Uniti. Lo hanno detto con chiarezza: se i Paesi NATO non aumentano i loro finanziamenti, Washington se ne va. Per Svezia e Finlandia, che sono entrati da poco, dev’essere una delusione. Addio ombrello nucleare. Restano solo gli ombrellini da borsetta francesi ed Inglesi.

La verità è che siamo soli, noi Italia, noi Unione europea, attorniati da un branco di lupi bramosi di mettere le zampe sul nostro benessere.

Quel poco di civiltà umana che l’Europa, nonostante tutto, ha dato al mondo, ci viene rimproverata, contestata, minacciata.

La democrazia l’abbiamo distrutta in un eccesso di buonismo.

L’economia l’abbiamo delocalizzata perché i nostri costi erano troppo alti.

La nostra sicurezza l’abbiamo compromessa, pensando che le guerre fossero finite.

La nostra cultura si è ridotta per favorire i più incolti e tollerare quella degli altri.

La nostra solidarietà verso gli altri da altruismo è diventata un veicolo per arricchirsi.

Le nostre fedi religiose si sono tramutate nel credo del Dio Denaro: in Money we Trust.

Ci siamo cullati nell’illusione di essere un paradiso con molti problemi, ma pur sempre un paradiso rispetto al resto del mondo dove proliferano regimi autoritari che impongono scelte dall’alto su popolazioni rese inerti dalla propaganda e dal mitra.

Tornare indietro è possibile, ma estremamente difficile. Tagliare il cordone ombelicale con gli Stati Uniti, se non saranno loro a farlo, sembra ancora un sacrilegio.

Il fragore dei cristalli rotti da Trump ha il merito di risvegliarci tutti da un lungo coma servile.

Noi servi, abbiamo pensato (e molti lo pensano ancora) di servirci dei padroni, di nascondere con gli slogan sulla pace e sui diritti umani, la nostra viltà, il nostro egoismo, le nostre debolezze. Ora, la festa è finita, l’Europa è un oggetto d’antiquariato sul mercato degli affari del mondo.

Eppure nei momenti più cupi ci si può risollevare. Esistono energie disperse da raccogliere e potenziare. C’è una storia dietro di noi il cui ricordo dovrebbe aiutarci a mettere fine a questo suicidio assistito.

Forse, un giorno, dovremo ringraziare Trump d’aver risvegliato un continente di morti.

Roma, 12/03/2025