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lunedì 17 marzo 2025
Trump e Putin pronti a parlarsi (di nuovo)
Papa Francesco, 
editorialista
di   Elena Tebano

 

Buongiorno. L’annuncio di una nuova telefonata tra Trump e Putin per la trattativa sull’Ucraina; le titubanze dei partiti italiani sul piano di riarmo europeo in vista del Consiglio Ue; le minacce degli Stati Uniti agli Houthi e la sfida di Trump ai giudici sulle espulsioni. E poi la prima foto del Papa dopo il ricovero (qui sopra). Sono queste le principali notizie sul Corriere di oggi. Vediamo.

Verso una nuova telefonata Trump-Putin

Il presidente americano Donald Trump e  quello russo Vladimir Putin dovrebbero parlare questa settimana dopo che le «distanze» tra Ucraina e Russia «si sono ridotte». Lo ha detto l’inviato speciale di Trump Steve Witkoff. Sarebbe la seconda telefonata nota tra i due leader da quando Trump ha iniziato il suo secondo mandato a gennaio. Trump e Putin si sono parlati a febbraio e hanno concordato di avviare colloqui per porre fine alla guerra in Ucraina. «Credo che i due presidenti avranno una discussione davvero positiva questa settimana», ha detto Witkoff ieri alla Cnn.

«Sicuramente per Trump il dialogo con Putin sarà molto più difficile rispetto a quello con Zelensky. L’Ucraina si trova in una posizione estremamente più debole e ha dovuto accettare un cessate il fuoco di 30 giorni senza precondizioni. Non credo che Putin sia disposto a concedere la stessa cosa» dice il politologo Ian Bremmer, presidente di Eurasia Group, intervistato da Giuseppe Sarcina. «Putin non può semplicemente dire no alla proposta americana per il cessate il fuoco. Nella telefonata dei prossimi giorni cercherà di capire che cosa possa ottenere da un negoziato diretto con Trump. Ecco perché questa conversazione sarà fondamentale. Per Trump potrebbe essere il più importante impegno diplomatico da quando sta affrontando questa situazione. Putin, invece, dovrà stare attento a non esagerare, perché la reazione del presidente americano potrebbe essere pesante. Ricordiamoci che nel corso del suo primo mandato, Trump ha fornito i missili Javelin all’Ucraina» aggiunge Bremmer.

Gli Stati Uniti hanno proposto un cessate il fuoco di 30 giorni che l’Ucraina ha già accettato. Putin ha dichiarato di essere d’accordo in linea di principio ma al momento non ha ancora detto sì.

Intanto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha presentato ufficialmente un missile a lungo raggio di produzione ucraina, il «Nuovo Neptune», che ha una gittata di mille chilometri. E ha mostrato un video del 14 marzo, in cui salta in aria un grande serbatoio della raffineria russa di Tuapsyn, a 550 chilometri dal confine ucraino. «La prima prova del lancio del nostro Neptune ha avuto un bel successo» ha commentato Zelensky

Spiega Lorenzo Cremonesi:
«Le sue parole sono indirizzate a tre pubblici differenti. Primo: vuole rassicurare la popolazione ucraina, che negli ultimi giorni è scossa dalle notizie della ritirata dalla regione russa del Kursk.
L’Ucraina non s’arrende, segnala Zelensky, anzi continua ad armarsi in modo indipendente dagli alleati e si sta preparando a tenere botta. Il fatto poi che questa nuova arma sia una versione più potente e sofisticata del Neptune-1, il «missile autarchico» che nell’aprile 2022 colpì e affondò l’incrociatore pesante Moskva, la nave ammiraglia della flotta russa del Mar Nero, per il pubblico ucraino è notizia di grande gioia e fiducia nelle proprie forze.
Secondo: a Kiev si stanno convincendo che l’America è sempre più lontana e potrebbe presto tornare a tagliare o limitare gli aiuti militari. Di recente un commentatore del Kyiv Post ha azzardato l’ipotesi che i russi in avanzata a Kursk abbiano ricevuto qualche «imbeccata» dall’intelligence americana. Dunque, diventa fondamentale sviluppare in modo autonomo la produzione di missili e droni sofisticati.
Terzo: Zelensky replica a Putin con il suo stesso linguaggio, forza contro la forza. Non crede affatto che Mosca accetterà seriamente il cessate il fuoco. «Tutto ci fa pensare che Putin non voglia la pace e stia solo prendendo tempo, senza rispondere alla proposta americana di cessate il fuoco per 30 giorni. Ogni bombardamento sulle nostre città rivela le vere intenzioni russe di annullarci per sempre come Stato indipendente», ribadisce Zelensky».

Le reazioni in Italia al piano di riarmo

Oggi la premier Giorgia Meloni sentirà (o vedrà), gli altri leader della maggioranza, per poi riferire al Senato (domani) e alla Camera (dopodomani) sul Consiglio Ue previsto per giovedì e venerdì.

Spiega Monica Guerzoni:
«Il passaggio stretto è il testo della risoluzione di maggioranza che andrà messa ai voti e che dovrà certificare la (presunta) unità su questioni cruciali, come la guerra in Ucraina, la posizione dell’Italia rispetto a Ue e Usa, le spese per la difesa e le truppe che Francia e Gran Bretagna vorrebbero inviare a Est, se e quando sarà siglata la tregua tra Mosca e Kiev. Il governo è contrario e Meloni lo ha detto nella video call di sabato con i leader «volenterosi», convocati dal britannico Keir Starmer.
La presidente ribadirà che “i militari italiani non partiranno” e confermerà le sue priorità: l’urgenza del cessate il fuoco, la necessità di tenere unito il fronte Occidentale fidandosi della mediazione di Trump, la proposta di un vertice Usa-Ue. Meloni tornerà a illustrare i dubbi sul piano di riarmo di Ursula von der Leyen, votato da FdI e bocciato dalla Lega e la contrarietà all’uso dei fondi di coesione. Non solo a Strasburgo i partiti del centrodestra hanno votato in ordine sparso, ma la donna che guida il governo si è scontrata con Giorgetti sulle spese per la difesa. E anche ieri la Lega si è smarcata. Armando Siri ha rilanciato il niet di Salvini a “850 miliardi di debito per comprare armi”.
In questo quadro di frizioni e tensioni, il discorso della premier prima a Palazzo Madama e poi, mercoledì, a Montecitorio, sarà un esercizio da funambola. Per non perdere l’equilibrio, dovrà concertare con i suoi vice anche le virgole. Alla bozza lavorano a Palazzo Chigi i sottosegretari Fazzolari e Mantovano
».

Domani si riuniranno anche i gruppi parlamentari per discutere della risoluzione che i partiti presenteranno al Senato e alla Camera in occasione delle comunicazioni della premier. E potrebbe essere l’occasione per una prima resa dei conti tra la leader del Pd Elly Schlein e la minoranza guidata da Stefano Bonaccini che all’Europarlamento ha votato a favore del piano ReArm Europe.

«Credo che alla fine il Pd si spaccherà. I voti di politica estera diventeranno sempre più frequenti ed Elly Schlein non potrà andare avanti a gestire il partito con i “ma anche”. L’indecisione della segretaria del Pd è pari a quella di Giorgia Meloni» dice il leader di Azione Carlo Calenda intervistato da Alessandra Arachi. Calenda auspica che ne nasca «una coalizione forte al centro» con «Forza Italia, noi di Azione, i liberali del Pd» (notevole che da questa «forte» coalizione manchi già il suo ex alleato, ora avversario, Matteo Renzi con Italia viva).

Trump contro gli Houthi

Sia il presidente americano Donald Trump che i ribelli Houthi in Yemen, sostenuti dall’Iranminacciano un’escalation dopo che gli Stati Uniti hanno lanciato attacchi aerei contro la fazione armata yemenita nella capitale Sanaa e in altre province, tra cui Saada, la roccaforte dei ribelli al confine con l’Arabia Saudita. Nei bombardamenti secondo fonti del gruppo sono rimaste uccise almeno 53 persone, tra cui cinque donne e due bambini. Sabato Trump aveva promesso di usare «una forza letale schiacciante» finché gli Houthi non cesseranno i loro attacchi e ha avvertito che Teheran sarà ritenuta «pienamente responsabile» per le loro azioni.

Gli Houthi attaccano da mesi le navi nel Mar Rosso, in quello che definiscono un atto di solidarietà con i palestinesi di Gaza. Gli attacchi si erano fermati quando a gennaio è scattato il cessate il fuoco tra Israele Hamas, ma sono ripresi contro le navi israeliane dopo che Israele ha interrotto il flusso di aiuti umanitari verso Gaza questo mese.

I bombardamenti contro gli Houthi, scrive Guido Olimpio, fanno parte della strategia americana contro l’Iran:
«Massima pressione diplomatica/sanzioni per bloccare il programma nucleare e avviare negoziati; eventuale opzione militare (anche se Trump ha ribadito che preferisce la trattativa). Prendendo di mira l’alleato yemenita dei mullah gli Stati Uniti vogliono far capire all’interlocutore che tutto è possibile e lo mettono alla prova.
I collaboratori del presidente hanno poi indicato le linee guida: per ora nessuna azione di terra, le incursioni proseguiranno fintanto che i militanti non smetteranno di prendere di mira il trasporto in Mar Rosso. Un passo in più rispetto alla strategia del contenimento di Joe Biden
».

Trump sfida i giudici sui migranti
Ancora Trump. La sua amministrazione ha espulso centinaia di immigrati in El Salvador in base a una dichiarazione di guerra che ha più di due secoli, anche se un giudice federale ha sospeso temporaneamente le espulsioni. I migranti erano già in volo al momento della sentenza. La decisione è di fatto una sfida contro i giudici.

La norma usata da Trump è l’Alien Enemies Act del 1798, che è stato utilizzato solo tre volte nella storia degli Stati Uniti: durante la Guerra del 1812 e durante le due Guerre Mondiali. Prevede che il Presidente dichiari che gli Stati Uniti sono in guerra, e gli dà poteri straordinari per detenere o allontanare stranieri che altrimenti sarebbero protetti dalle leggi sull’immigrazione o dalle leggi penali. L’ultima volta l’Alien Enemies Act è stato utilizzato per mettere nei campi di concentramento civili giapponesi-americani durante la Seconda Guerra Mondiale, una delle pagine peggiori della recente storia statunitense. L’uso della norma per espellere immigrati e presunti criminali  potrebbe finire di fronte alla Corte suprema americana.

Il presidente salvadoregno Nayib Bukele, ha accettato di detenere per un anno circa 300 immigrati – presunti membri del gruppo criminale Tren de Aragua – in un carcere per  terroristi per un periodo di un anno (rinnovabile). In cambio gli Stati Uniti, secondo l’agenzia Ap, pagheranno 6 milioni di dollari.

Le altre notizie importanti

  • Tutti hanno promesso di abbassarle, ma le tasse in Italia non calano mai. Nel 2001 la pressione fiscale era del 40%, da allora ci sono state minime ma continue oscillazioni con un picco oltre il 43% con i governi Letta-Renzi: oggi siamo al 42,8% (fonte Ocse). Lo spiegano Milena Gabanelli e Andrea Priante nel Dataroom di oggi.

  • Ieri il Vaticano ha diffuso la prima foto del Papa dopo 31 giorni di ricovero: lo scatto (in apertura di questa newsletter), sulla sedia a rotelle e con lo sguardo rivolto all’altare, durante la messa celebrata nella cappellina del Gemelli. «Il fisico è debole e nell’ora della prova mi unisco a chi è fragile», ha scritto Francesco nella nota letta nell’Angelus di ieri.

  • Ha suscitato molte critiche la notizia che Francesco Totti andrà a Mosca per partecipare all’evento annuale di uno dei principali network di informazione russi dedicati allo sport e alle scommesse (contro la Russia ci sono ancora le sanzioni).

  • Sì allo Ius scholae per i figli di immigrati (cioè la cittadinanza per quelli che nascono qui e fanno le scuole in Italia). Lo ha detto il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, dopo un incontro con il presidente della Conferenza Episcopale Italiana Matteo Maria Zuppi.

  • Almeno 59 persone sono morte nell’incendio che ha devastato il club «Pulse», una discoteca di Kocani, nella Macedonia del Nord. Secondo il ministro dell’interno macedone, le licenze del locale «erano contraffatte». L’inchiesta sulla strage ha già portato all’arresto di almeno 15 persone, falcidiando il ministero dell’Economia, competente per i permessi.

  • L’alibi di Andrea Sempio, indagato per la morte di Chiara Poggi nel 2007, si basa sulla ricevuta di un parcheggio, scrivono Cesare Giuzzi e Pierpaolo Lio.

  • Esce domani per Guanda Guardando le donne guardare la guerra. Diario di una scrittrice dal fronte ucraino di Victoria Amelina. Paolo Giordano spiega che «sarà il libro sull’invasione dell’Ucraina. Anche fra vent’anni, quando ne saranno stati pubblicati molti altri, più compiuti, formalmente perfetti».

  • Il calcio. Ottava vittoria consecutiva per l’Inter che fuori casa ha sconfitto l’Atalanta 2 a 0 (qui le pagelle). Occasione sprecata per il Napoli, che a Venezianon è andato oltre il pareggio. Altra sconfitta clamorosa per la Juventus che perde 3-0 contro la Fiorentina. Il Bologna infine ha travolto la Lazio5 a 0.

  • La Formula 1, con il primo gran premio della stagione, in Australia: ha vinto Norris davanti a Verstappen. Risultato da dimenticare per la Ferrari: Leclerc è ottavo e Hamilton decimo. Antonelli quarto, accolto il ricorso della Mercedes.

Da ascoltare

Nel podcast «Giorno per giorno», Guido Olimpio parla dei primi attacchi aerei ordinati da Donald Trump contro gli Houthi. Federico Cella racconta l’attracco della navicella Dragon (di SpaceX) sulla Stazione Spaziale Internazionale, da cui riporterà due astronauti sulla Terra dopo molti mesi. E Daniele Sparisci analizza il brutto avvio della Ferrari nel primo Gp del Mondiale di F1 2025.

Risponde il direttore Luciano Fontana

Partiti di governo e opposizione, tutti divisi appassionatamente
È molto difficile, se non impossibile, trovare azioni comuni nella politica italiana (e anche all’estero non va molto diversamente). Quando le convergenze ci sono state (durante il Covid, nel sostegno all’Ucraina) le abbiamo raccontate e valorizzate. Non prendiamocela però con lo specchio se riflette una brutta realtà.
Sui temi fondamentali vediamo purtroppo partiti di governo impegnati in una guerriglia quotidiana all’interno della maggioranza: vale per la guerra e la pace, le scelte economiche, le riforme costituzionali. Per non parlare delle scelte che riguardano le nomine pubbliche.
Anche l’opposizione fatica perfino a organizzare proteste comuni, figuriamoci a mettere in campo proposte e programmi convergenti. La regola è: «sottrarre prima di tutto consenso al mio vicino», costi quel che costi. Moltiplicare i veti e i distinguo è il pane quotidiano di una politica alla ricerca affannosa del quarto d’ora di celebrità. Non dobbiamo rassegnarci, ma osservare esattamente la realtà è il punto di partenza per cercare di cambiarla
. (Questo è un estratto della risposta al lettore Paolo Faccini. Trovate qui il testo integrale e la sua lettera)

Grazie per aver letto Prima Ora, e buon lunedì

(Le mail della Redazione Digital: gmercuri@rcs.itlangelini@rcs.itetebano@rcs.itatrocino@rcs.it)