Carbonifero

 Le parole dei dinosauri

car-bo-nì-fer-ro

Significato Aggettivo relativo agli strati rocciosi ricchi di carbone, e nome di un sistema stratigrafico e del relativo intervallo dei tempi geologici

Etimologia composto di carbone e dall’elemento -fero ‘che porta’, che è dal verbo latino ferre ‘portare’.

  • «La frana sul fianco della montagna ha esposto un livello carbonifero.»

Quella del Carbonifero è una storia tipicamente anglosassone, quel genere di vicende che formano il tessuto mitologico e l’, di matrice protestante e capitalistica, devote al self made man, l’industrioso lavoratore che, partendo da umili origini, ha scalato la  sociale ed ha costruito il proprio successo con il sudore della fronte ed uno  fiuto per gli affari.

La storia del Carbonifero inizia alla fine del Settecento, in Inghilterra. Siamo nel pieno di una  economica e sociale di portata , trainata da quella che, non penso di esagerare, è stata la più importante innovazione tecnologica nella storia umana: la macchina a vapore. Per la prima volta, un oggetto meccanico era in grado di produrre da solo il lavoro di dozzine di uomini e bestie messe assieme. La Macchina è potente, efficiente e strabordante, ma ha sempre fame.  di combustibile, è avida di carbone.

La geologia, fino a quel momento vista unicamente come futile curiosità per  della Natura, diventa ragione di Stato. Il carbone non affiora a caso, ma si rinviene principalmente in stratificazioni particolari, dette appunto ‘carbonifere’, che occorre localizzare e mappare. Il nostro  nasce quindi come umile aggettivo per denotare gli strati più utili alla crescente industrializzazione anglosassone. Da quel momento, la scalata al successo dell’umile portatore di carbone sarà inarrestabile. Già negli anni Venti dell’Ottocento, il carbonifero viene promosso, acquisisce l’iniziale maiuscola. Difatti è non più l’aggettivo di un generico strato roccioso, bensì il qualificatore di un ben preciso insieme di successioni sedimentarie, estese in varie parti dell’Inghilterra e del Nord Europa, ricchissime del prezioso combustibile, detto Serie Carbonifera.

Ma all’ Carbonifero non basta essere un aggettivo subordinato ad un banale sostantivo. Esso pretende il diritto di essere  un soggetto autonomo, un vero e proprio individuo. Da socio dipendente, il nostro eroe diviene infine un entità indipendente, il proprietario della più grande impresa mineraria immaginabile, il padrone di ben sessanta milioni di anni di storia della Terra, estesi da trecentosessanta fino a trecento milioni di anni fa. Quello è, nella  suddivisione delle età della Terra, il Carbonifero, il quinto  dell’Era Paleozoica, l’età durante la quale si formarono le principali stratificazioni di carbone fossile su cui si è sostenuta gran parte della Rivoluzione Industriale.

Il carbone è difatti legno fossilizzato: cellulosa e lignina che hanno subito un processo fisico-chimico di arricchimento della componente in carbonio ed idrogeno, a discapito degli altri elementi  presenti in origine nella materia vivente. Un processo che avviene molto lentamente, richiede decine di milioni di anni, a chilometri di profondità, sotto la pressione ed il calore di depositi rocciosi sovrastanti. Il carbone quindi richiede antichissime foreste, e paludi estese su superfici continentali, paludi nel cui fondale melmoso i tronchi degli alberi di quelle foreste possano accumularsi dopo la loro morte, depositarsi per decine di milioni di anni, ed iniziare la lenta trasformazione in combustibile.

Il Carbonifero fu quindi un’età di paludi , ricoperte da una flora a noi aliena, fatta di felci arboree alte decine di metri, foreste del tutto prive di fiori, di uccelli o mammiferi, eppure pullulanti di vita. Un’età di  animali simili a salamandre, libellule gigantesche, e  millepiedi grandi come automobili. Un’età mitica ed al tempo stesso da incubo, che supera la nostra più sfrenata immaginazione.

Atonale

 Le parole della musica

a-to-nà-le

Significato Linguaggio compositivo non tonale, che non accoglie i principi della musica tonale ottocentesca

Etimologia dal latino tonus ‘tensione di una corda; accento; intervallo fra due note’, col prefisso a- privativo.

  • «Ci credo che non la trovi molto orecchiabile, è musica atonale.»

Atonale è un neologismo, uno dei numerosi coniati nell’irrequieto Novecento per dare un nome a un complesso fenomeno culturale della musica occidentale. Complesso al punto che il termine non fu ritenuto congeniale nemmeno dai principali esponenti della seconda Wiener Schule, rappresentati dal capostipite Arnold Schönberg e dai suoi pupilli Alban Berg e Anton von Webern.

La musica atonale nacque a Vienna, capitale mitteleuropea che si affermò come uno dei principali centri culturali della vecchia Europa (l’altro era Parigi). Convenzionalmente, si parla di ‘seconda’ scuola di Vienna per distinguerla dalla ‘prima’, formata dai compositori ‘classici’ per eccellenza: Mozart, Haydn e Beethoven.

Il conio della parola atonal sembra spettare al compositore e critico musicale austriaco Joseph Marx (1882-1964). La sua musica non rispecchia affatto quel linguaggio; più semplicemente, usò la parola in un testo che trattava di  e che poi divenne la sua tesi di dottorato nel 1909.

La musica atonale rappresentò un momento di passaggio da cui si diramarono diverse esperienze come la musica seriale, ma anche l’espressionismo o il puntillismo, due movimenti che presero a prestito la terminologia dagli omonimi pittorici. Atonale significa, alla lettera, senza  o comunque al di fuori delle regole tonali. Questa categoria però è generica.

L’atonalità è, in effetti, un grande contenitore  e può manifestarsi come negazione totale o parziale del sistema tonale. Viene, insomma, messo in crisi il linguaggio compositivo che la ‘prima’ scuola di Vienna aveva portato all’apice, del quale erano state esplorate tutte le possibilità espressive, sino agli estremi toccati dagli ultimi epigoni tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, fra cui Gustav Mahler e Richard Strauss.

La dodecafonia, teorizzata da Schönberg, fu tra i primi veri tentativi di codifica di un nuovo sistema ‘alternativo’, anche se già dalla seconda metà dell’Ottocento Wagner o Liszt composero musiche che sfidavano il concetto di tonalità. Nella composizione conosciuta come Bagatelle ohne Tonart di Liszt (1885), ad esempio, il ‘centro tonale’ è incessantemente fluttuante e l’orecchio è ingannato dal susseguirsi continuo di scale cromatiche. Il carattere della musica probabilmente fu determinato dalla destinazione originaria della composizione, che avrebbe dovuto essere il quarto Mephisto-Walzer. Mefistofele, l’ingannatore per eccellenza, è richiamato anche dai , i ‘diabuli in musica’.

Nulla a che vedere con il livello di atonalità che raggiungerà Schönberg, anche lui a sua volta partito da un idioma tardo-tonale. Eppure, il fondatore della dodecafonia diverrà il protagonista proprio del Doktor Faustus di Thomas Mann, incarnato nella finzione narrativa dal personaggio del musicista Adrian Leverkühn.

Invece le brevissime Bagatelles per quartetto d’archi di Webern (1911-1913) riflettono proprio le idee della Wiener Schule, da cui discenderà anche la musica seriale. Nel 1932 Webern affermò in proposito:

Mentre ci lavoravo, provavo la sensazione che una volta esaurite le dodici note, il pezzo fosse terminato.

Cromatismi e  erosero inesorabilmente i pilastri su cui poggiava la musica tonale. La gerarchia e la logica del linguaggio compositivo precedente cedettero il passo a una concezione dello spazio sonoro unitario e onnicomprensivo, dove consonanza e dissonanza si equivalevano, condensate in un nuovo equilibrio.

Sul piano concettuale, la musica abbracciò una visione ‘moderna’ e razionale. Come scrisse György Lukács in Die Theorie des Romans del 1916, l’arte abbandonò anche la sua funzione di , d’imitazione del reale, divenendo «una totalità creatrice». Il pensiero del Novecento professò la solitudine come condizione esistenziale dell’individuo e dell’artista; tuttavia, lacerato il tessuto musicale, mutò anche il rapporto con il pubblico.

Sembra comunque che Igor Stravinskij, nonostante avesse utilizzato abilmente il linguaggio atonale, dichiarasse in un’intervista che si sarebbe potuta scrivere ancora tanta musica tonale, forse perché l’innovazione può avvenire anche da idee e significati nuovi, nonostante si esprimano per mezzo dei linguaggi della tradizione.