*Il “Grand Guignol” dei due bari* di Vincenzo D’Anna*

Per “Grand Guignol” si intende un tipo di spettacolo teatrale a tinte fosche e cruente. Nacque a Parigi nel 1897 e prese il nome da “Guignol”, una marionetta ideata dal burattinaio Laurent Mourguet. Fino alla chiusura, avvenuta nel 1963, si specializzò nella messa in scena di rappresentazioni macabre, truculente e violente. Evidentemente, pur essendosi esaurita quella particolare tipologia di opera (surrogata dal cinema e dai suoi effetti speciali), ancora oggi il Grand Guignol trova illustri estimatori.

In fondo cos’altro è l’attuale tragedia che insanguina l’Ucraina da oltre tre anni, se non un teatro dell’orrore? Quale migliore e sanguinaria trama di quella che si sta svolgendo nel teatro di guerra ucraino-orientale, con centinaia di migliaia di morti e feriti, sia sul campo di battaglia che tra la popolazione civile, quotidianamente tarassata da droni e missili russi ? In una tragedia spiccano sempre le figure dei protagonisti che indossano le vesti dei depositari della violenza, del male, di coloro che mostrano una spietata malvagità. Una nuda e cruda realtà quella Ucraina che si complica ogni giorno di più. Proprio come le trame delle tragedie greche di Eschilo o di Sofocle, esse si ingarbugliano fino a diventare inesplicabili, confondendo la ragione con i torti, gli aggrediti con gli aggressori, chi la violenza la propone e chi invece la usa per difendersi. In quelle tragedie , ad un certo punto, compare la figura del “Deus ex Machina” che tutto risolve ed azzera: si tratta di un personaggio estraneo alla commedia, quasi sempre un Dio , che entra in scena grazie all’azione di una speciale macchina teatrale, per decretare la fine della contesa.

Nel “Grand Guignol” ciò non è contemplato e, per quanto meno complessa sia la trama, si va fino in fondo alla scabrosa sceneggiatura. E tuttavia non cambiano i protagonisti, quasi sempre rappresentati da elementi tracotanti, per lo più titolari del potere costituito oppure aspiranti ad esso e pronti ad utilizzare ogni mezzo ogni ingannevole stratagemma pur di averla vinta. In estrema sintesi: quelle storie non prevedono il lieto fine, né l’intervento risolutore di un soggetto esterno che riporti tutto nell’alveo della pace e della normalità. Se avessimo dovuto sceneggiare la storia della guerra russo-ucraina, avremmo iscritto tra i cattivi il despota che governa al Cremlino e tra i perseguitati il leader che si batte per Kiev.

Insomma: Putin e Zelensky nei rispettivi ruoli di carnefice e di vittima. Ma la Storia si ingarbuglia allorquando un nuovo e straripante “attore” si aggiunge alle parti in commedia: quel Donald Trump che, nella veste e nella qualità di presidente degli Usa, da grande sostenitore della ragioni degli ucraini, ha deciso di trattare la resa di questi ultimi facendo leva sul debito contratto da Kiev (oltre trecento miliardi di dollari) per armarsi e difendersi. Un colpo di teatro bello e buono, degno del miglior inventore di sceneggiature teatrali, inimmaginabile fino a poco tempo fa, e con il quale il principale sostenitore di una giusta causa, si allea con l’aggressore in danno dell’ex protetto. Quel che prima biasimava adesso sostiene e quel che prima sosteneva adesso rinnega in nome di una “realpolitik” che somiglia molto al baratto di convenienza ed utilità. Eppure c’è in giro tanta gente che incoraggia questo tipo di politica voltagabbana e mercantile, immorale e deplorevole, in nome di una politica di facciata che dice di perseguire un’aleatoria promessa di pace. In Italia Improbabili leader di partito stanno sposando, per convenienza politica, tale modus operandi .

Tra questi spiccano pure quelli che si dicono sostenitori di un’Europa “finalmente unita” ma che, al contempo, deprecano la circostanza che sia necessario armarsi per potersi difendere e per continuare a difendere il popolo ucraino. Buona parte di questi amanti del “cerchiobottismo” si sono riuniti sabato scorso in Piazza del Popolo a Roma, issando bandiere europee ed al contempo esecrando l’impiego del denaro per preparare l’esercito continentale a fronteggiare, un domani, non più uno ma addirittura due satrapi (quello di Mosca e quello di Washington) che si sono alleati tra loro per spartirsi le ricchezze naturali e le terre di un popolo aggredito e martoriato. Popolo ormai allo stremo e sul quale continuano a piovere ancor più massicciamente i ferali strali dei russi. Un gioco nel quale due bari si cimentano nei giochi di prestigio sostenuti da quegli irenici smidollati. In verità anche il nostro governo si barcamena nella speranza, da un lato, di poter accontentare sia il baro che veste a “stelle e strisce” sia porre fine all’orrore del “Grand Guignol” che si sta consumando in terra ucraina. In una sola frase: Inseguono l’illusione di poter costruire la pace duratura dandola vinta ai prepotenti.

*già parlamentare