Chissà cos’avrà pensato il buon Totti nel vedere i cartelloni pubblicitari con la sua gigantografia e lo slogan in cirillico «l’Imperatore sta arrivando nella terza Roma». «La terza? Ho sempre giocato titolare nella prima: ti pare che all’età mia, mi rimetto a fà la gavetta?», gli sarà scappato, e giustamente.
Invece per i russi la terza Roma è Mosca (la seconda era Costantinopoli, la quarta un cantiere che finirà tra un paio di Giubilei), dove l’8 aprile Totti dovrebbe essere ospite di un premio organizzato da un sito di scommesse.
Ora, sarà che la parola «boicottaggio» mi ha sempre dato l’orticaria (come la parola «scommesse», peraltro), ma pur pensandola su Putin diversamente da capitan Salvini, non me la sento di unire la mia flebile voce al coro di chi esorta il Capitano, quello vero, a disertare l’evento perché si svolge in territorio nemico.
E non solo per la banale ragione che non considero i russi, in quanto tali, miei nemici. È che mi sembrerebbe di infierire. Ma come, Pupo sì e il Pupone no? Conte, non mi riferisco all’allenatore, a Mosca ci andrebbe di corsa, magari facendo il giro largo da Pechino, e senza neanche pretendere di farsi precedere da cartelloni imperiali. Ma la lista dei potenziali turisti della democrazia è lunga e accidentata come un ragionamento del professor Orsini. Se non ci vanno è solo perché nessuno li invita.
Ma allora che senso ha impuntarsi proprio su Totti, che al massimo salirà sul palco per raccontare una barzelletta su sé stesso? Ditemi se non è invidia, questa.