Arrendiamoci tutti (di Stelio W. Venceslai)

Oggi come oggi, chi minaccia l’Europa?
Prima di tutto, ci sono i cretini, molti, sparsi in variegate associazioni contrabbandate per partiti politici, che tali non sono. In realtà, sono “espressioni” (ma è un termine troppo educato) di alcuni capibanda che attorno al proprio nome chiamano consensi.
I cretini sono diffusissimi e si riproducono assai velocemente, data la facilità di procreazione del luogo comune.
Come cretini sono ignoranti sul passato e utopici sull’avvenire. Si spacciano per progressisti ma sono conservatori perché di quel passato cui si riferiscono poco o nulla conoscono e per questo diventa patrimonio comune non contestabile.
Le stucchevoli polemiche sul Manifesto di Ventotene del 1941 ne sono un esempio. Si può parlare male di tutto, dal Mahabharata al Vangelo, ma sui sacri testi della Resistenza mai.
Poi, in seconda battuta, ci sono i fautori del federalismo. Sono tanti. A sentire la gente, tutti vorremmo gli Stati Uniti d’Europa. Mi ricordano i primi moti carbonari che volevano la Costituzione di Cadice. Nessuno sapeva cosa contenesse, ma la volevano ad ogni costo.
Immaginare gli Stati Uniti d’Europa sull’esempio nordamericano è una sciocchezza: i ventisette Stati europei dell’Unione trasformati in stati come l’Ohio o l’Arizona è una forzatura inimmaginabile. Oltreatlantico c’era un popolo che parlava la stessa lingua ed aveva una base culturale, religiosa, economica e politica piuttosto omogenea, quella anglo sassone.
Qui, in Europa, le cose sono andate per secoli diversamente.
Gli Stati Uniti d’Europa, forse, sono un’utopia se non ci si sbarazza dall’esempio nordamericano. Occorre una struttura diversa che tenga conto delle diversità esistenti e si strutturi sul “nazionalismo europeo”, di cui nessuno vuol parlare perché nazionalismo è una brutta parola (meglio quelli nazionali?).
Sbarazzarsi di ventisette Ministeri degli Esteri e di ventisette Ministeri della Guerra o della Difesa in cambio di uno solo è impresa titanica ma necessaria. Sono pronti, i fautori del federalismo, a compiere questa scelta?
Terzo: l’ostilità nordamericana. Chi minaccia l’Europa di oggi? La von der Layen profetizza uno stato di guerra. Dov’è il nemico?
La Russia sta conducendo una guerra periferica alle nostre frontiere, ma non minaccia l’Europa, almeno per ora. Quali atti ostili sono stati compiuti dalla Russia nei confronti dell’Europa? Nessuno, mi pare. È l’Europa che minaccia la Russia, con le sue sanzioni, in difesa dell’Ucraina, giusto o sbagliato che sia.
L’Europa però si sente minacciata dall’orso russo. Può salire sull’albero e gridare aiuto. Ieri c’era mamma America ma oggi mamma America tresca con l’orso. È un gran puttana, mamma America, ma chi se lo sarebbe mai immaginato? Un voltafaccia, un tradimento? Forse, ma gli interessi non hanno sentimenti.
Il vero nemico è ad ovest, negli Stati Uniti. Per mezzo secolo e più gli Stati Uniti hanno invaso l’Europa, ricattato l’Europa, violentato l’Europa, forti della protezione nucleare che ci metteva a riparo servile contro il mostro sovietico prima e russo ora. Se le sue truppe in Europa non stanno qui per difenderla, che ci stanno a fare?
L’idea originaria era che ci fosse il pericolo di un’aggressione russa da contenere con uno sforzo congiunto euro-americano. Adesso, invece, pare che non sia più così.
Il ricatto ora è evidente: se non pagate il servizio reso noi ce ne andiamo. L’illusione è caduta e dobbiamo fare da soli. L’Europa è un agnello in un branco di lupi. Ci piace?
Le sottilissime ed eleganti disquisizioni fra riarmo, difesa, esercito comune o rafforzamento degli eserciti nazionali sono stupidaggini sulle quali è inutile perdere del tempo che, invece, corre velocemente. Il riequilibrio geopolitico in corso esige mano ferma e decisioni fatali perché sono in gioco i nostri destini.
Quarto. Dilettarsi di ricorsi storici è roba da accademia. Se, come credo, siamo ad una svolta decisiva, occorre decidersi se il lungo coma europeo, staccata la spina nordamericana, può essere interrotto, oppure stiamo scivolando verso la pace eterna.
In Italia, ad esempio, sappiamo che la nostra Presidente del Consiglio non ama l’Europa a suo tempo preconizzata da Spinelli, Colorni e Rossi. Bene, è un suo diritto avere un’opinione controcorrente. Ma qual’è l’Europa, invece, che contrappone a questa idea oppure all’attuale costruzione europea?
Avremmo il diritto, almeno come elettori, di conoscerla. La fumosità delle contraddizioni e dell’opposizione lascia nel vago le questioni serie. Si parla troppo e a vanvera, ma questo non basta.
La Meloni deve uscire dall’equivoco. Rifugiarsi nell’atlantismo è una fuga dalla realtà. Non esiste o, almeno, non esiste più. È l’8 settembre dell’Alleanza Atlantica. Quelli se ne vanno e noi restiamo con il cerino in mano, come è accaduto in Vietnam, in Afghanistan, in Iraq.
Qualunque ricetta ci può andar bene, anche un placebo, ma deve essere una ricetta.
L’alternativa è arrendersi all’evidenza: se non c’è più il nemico, arrendiamoci tutti, dato che siamo incapaci di sopravvivere in un mondo di leoni rapaci. Ci pesano la storia, la cultura, l’intelligenza, la democraticità, strumenti inutili se qualcuno ti aggredisce o ti ricatta.
IL governo, visto che ne abbiamo uno, non può gingillarsi su banali questioni di parrocchia o di condominio, facile preda delle opposizioni. Tutti rifuggono da un dibattito serio. Che si faccia in Parlamento o nel Paese è secondario, ma è necessario affrontarlo.
Auspichiamo un autocrate europeo per cambiare le cose? Anche questa è una possibilità. Le polemiche pretestuose stanno a zero e contano zero.
L’alternativa, nel vuoto, è solo arrendersi al primo venuto.
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