|
Quando leggerete queste righe, o poche ore dopo che l’avrete fatto, la notizia del giorno sarà, con tutta probabilità, tornata ad essere la reazione delle Borse mondiali ai dazi imposti da Trump. Ma ieri era domenica, le Borse erano chiuse e The Donald era a giocare a golf in Florida (in un posto chiamato Jupiter, ossia Giove, il dio che dall’Olimpo scagliava fulmini sul mondo). Perciò, la scena è stata per un giorno occupata da altre figure: Matteo Salvini in Italia, Marine Le Pen in Francia e anche, o forse soprattutto, papa Francesco, con l’inattesa presenza in piazza San Pietro. Ma andiamo con ordine.
Voglia di Viminale
Matteo Salvini è stato riconfermato ieri a Firenze, fino al 2029, segretario della Lega. Ma non ha fatto alcun mistero di aspirare a tornare a ricoprire un altro incarico: quello di ministro dell’Interno. Peccato per lui che i suoi alleati di governo continuino a ripetergli che Matteo Piantedosi al Viminale sta facendo bene e che squadra che vince non si cambia. Certo, dentro la Lega, Salvini ha accolto sostegno alla sua richiesta di cambiare ministero, tanto da uscire con un «Matteo Piantedosi è un amico ed è un ottimo ministro. Questo è un congresso di partito. È mio dovere ascoltare quello che i sindaci e gli elettori ci chiedono. Di quello che mi chiedete con serenità parlerò sia con lui che con Giorgia Meloni».
Solo che l’allergia di quest’ultima ai «rimpasti» è cosa nota. Quanto a Piantedosi, che Salvini vorrebbe promuovere (per rimuovere) a candidato presidente nelle Regionali in Campania, Marco Cremonesi ricorda che «con tutti coloro con cui ha parlato nelle ultime settimane, ha ribadito di non essere disponibile alla candidatura: “Pur essendo legatissimo alla mia terra, mi sento più utile alla Campania lavorando al Viminale. Inoltre il centrodestra esprime sul territorio dei bravi dirigenti su cui sarebbe giusto puntare”». E c’è di più. Sempre Cremonesi segnala che “fuori taccuino, i toni degli azzurri (di Forza Italia, ndr) sono incendiari: «Se Salvini si impunta, ma non lo farà, apriamo la crisi, andiamo dal presidente Mattarella e noi ci chiamiamo fuori”».
Probabile, perciò, che Salvini debba accontentarsi di aver fatto prendere la tessera del Carroccio al generale Roberto Vannacci, oggi eurodeputato (e forse, domani, vicesegretario del Carroccio), e di aver forgiato quella Lega a sua immagine e somiglianza uscita dal congresso di Firenze, il cui identikit Cesare Zapperi disegna così: «A tutti gli effetti quello che esce dalla Fortezza da Basso è un partito nazionale, sovranista, sbilanciato a destra (anche se il leader non ama questa collocazione). Ne fanno prova tutti gli interventi degli esponenti dei partiti alleati nel gruppo europeo dei Patrioti (con la sorpresa del collegamento in diretta con Marine Le Pen). Tutti lodano Salvini, tutti professano comunione d’intenti nella battaglia contro la Commissione europea e le sue politiche. Ma il sigillo è il collegamento di sabato con Elon Musk, uno dei simboli della nuova America trumpiana, un video che ha avuto risonanza mondiale e 30 milioni di visualizzazioni».
Il j’accuse della condannata Le Pen
«Matteo, sai benissimo quello che sto vivendo perché l’hai vissuto anche tu». Uniti nella persecuzione giudiziaria (anche se lei è stata condannata in primo grado e lui assolto): così si sentono Marine Le Pen e Matteo Salvini. Almeno a quel che ha detto la leader del Rassemblement national intervenendo ieri in videocollegamento al Congresso della Lega. La decisione assunta contro di lei (interdizione per cinque anni dai pubblici uffici, legata alla condanna a 4 anni per appropriazione indebita, causa 4 milioni e passa di euro assegnati dall’Ue per assistenti a Bruxelles ma spesi invece per incarichi fittizi nel partito) «è una decisione che scrive la parola fine a tutti i principi dello Stato di diritto», ha detto Le Pen.
Che poi, rispondendo a Salvini, ha scomodato Martin Luther King: «La nostra sarà come la tua lotta, una lotta pacifica, una lotta democratica. E possiamo dire che l’esempio proviene proprio da Martin Luther King, che ha parlato dei diritti civili. Sono proprio i diritti civili dei francesi a essere rimessi in discussione». Salvini non ha voluto essere da meno: «Io voglio citare Nelson Mandela: la grande gloria di un uomo, diceva, è nel sapersi rialzare ogni volta che cade. È chiaro che, quando cammini e quando corri, cadi».
Da Parigi, il corrispondente Stefano Montefiori segnala che la retorica ieri non è mancata nemmeno nella manifestazione di place Vauban, davanti alla tomba di Napoleone, a sostegno della stessa Le Pen: «La Storia ci ha dato appuntamento qui, in place Vauban, dove riposa Napoleone, gigante il cui solo nome fa vibrare il marmo delle nazioni», ha detto il “delfino” di Le Pen e presidente del Rassemblement national Jordan Bardella. Quanto alla leader condannata, «avete sempre potuto contare su di lei, ma oggi è lei ad avere bisogno di voi, di noi. Aiutatela! Aiutatela di fronte all’ingiustizia, ingrossando l’ondata patriottica ovunque in Francia!».
Ondata che ieri è stata minore del previsto: «Volevano spegnere una voce, hanno risvegliato il popolo di Francia! Siete diecimila!», ha proclamato dal palco Bardella. Però, annota Montefiori, «a parte che il Rassemblement national sperava in almeno 20 mila persone e stime indipendenti ne indicano appena 6.000, place Vauban è chiaramente mezza vuota ed è un po’ poco per chiamarlo “il popolo di Francia”. A manifestare per Marine Le Pen “perseguitata dai giudici” ci sono giusto i fedelissimi, non la folla imponente che avrebbe dato un senso a questa manifestazione “in difesa della democrazia”». E se è vero che Le Pen rimane in testa ai sondaggi in un eventuale primo turno delle presidenziali 2027 (la sentenza di appello è prevista nell’estate del prossimo anno) è anche vero che un altro sondaggio, di tre giorni fa (Cluster 17 per Le Point) indica che la maggioranza dei francesi (61%) considera giustificata la sua condanna.
Marine Le Pen ieri in place Vauban a Parigi
Il Papa in piazza San Pietro
Alle 11.30 di ieri mattina, papa Francesco è apparso a sorpresa, in carrozzina, in piazza San Pietro, dove l’arcivescovo Rino Fisichella stava celebrando la messa per il Giubileo dei malati. Scrive il vaticanista Gian Guido Vecchi: «Francesco porta ancora le cannule nasali per sostenere la respirazione e la voce è ancora fragile ma adesso suona più ferma, le parole sono articolate in modo più distinto quando gli accostano un microfono e dice: “Buona domenica a tutti, grazie tante!”. Appare dimagrito e sorride più disteso ai fedeli, pure il movimento delle braccia appare un po’ meno faticoso, segno che la fisioterapia motoria e quella respiratoria stanno dando i loro frutti, anche se è ancora presto per stabilire se e come potrà partecipare alle celebrazioni della Settimana Santa: la prossima è la domenica delle Palme, Pasqua è il 20 aprile. Magari potrebbe assistere in disparte alle messe mentre un collaboratore celebra all’altare, come è accaduto spesso negli ultimi anni, ma nulla è deciso».
Francesco, sottolinea Vecchi, ha le difese immunitarie ancora basse e vive isolato. Nella sua stanza entrano solo i medici, gli infermieri e i collaboratori più stretti, se necessario. Bisogna evitare il rischio di nuove infezioni. Però nella giornata dedicata ai malati ha voluto esserci: «Con voi, carissimi fratelli e sorelle, in questo momento della mia vita condivido molto: l’esperienza dell’infermità, di sentirci deboli, di dipendere dagli altri in tante cose, di aver bisogno di sostegno», ha scritto nell’omelia letta da Fisichella. Aggiungendo una citazione del suo predecessore: “Benedetto XVI — che ci ha dato una bellissima testimonianza di serenità nel tempo della sua malattia — ha scritto che “una società che non riesce ad accettare i sofferenti è una società crudele e disumana”».
Il 23 marzo, prima di tornare a Santa Marta in Vaticano, papa Francesco si era mostrato ai fedeli, per la prima volta dopo 38 giorni di ricovero al Policlinico Gemelli, e li aveva salutati da un balconcino, il volto tirato, l’aria stanca, la voce ridotta a poco più di un sospiro.
Il caso dazi
In attesa di sapere se quello di oggi sarà, come pare, un altro lunedì nero per le Borse dopo le perdite miliardarie della settimana scorsa (a Tokyo il Nikkei 225 ha aperto a -8% e i futures di Wall Street promettono altri sfracelli, soprattutto dopo che Trump, di ritorno dalla Florida, sull’aereo presidenziale ha detto: «A volte è necessario prendere una medicina per sistemare le cose»), lo studio delle contromosse alla guerra commerciale dichiarata da Donald Trump prosegue. Adriana Logroscino descrive così la triangolazione Bruxelles-Roma-Washington che starebbe prendendo forma: «Nessun mandato esplicito, non potrebbe esserci. Ma la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha ogni ragione per sperare nel buon esito del bilaterale tra Giorgia Meloni e Donald Trump del 16 aprile. Su cui l’ambasciata ora è stata allertata. Ne sono certi nel governo: “Giorgia — dicono — può agevolare la trattativa tra Europa e Stati Uniti per evitare una guerra commerciale”. La proposta potrebbe essere di tornare a zero dazi, presumibilmente per ora irricevibile da parte di Trump. L’obiettivo concreto, strappare un dimezzamento: fissare dazi reciproci del 10 per cento».
I 27 Paesi Ue, però, sono abbastanza lontani da un accordo complessivo su come muoversi nella guerra dei dazi. Oggi a Lussemburgo si incontrano i ministri del Commercio. L’Italia è tra i Paesi che si battono per scongiurare la linea dura dei contro-dazi. Sempre oggi, a Palazzo Chigi, si riunisce la task force che Meloni ha istituito per studiare le stime sugli effetti dei dazi settore per settore e ridurne l’impatto agendo su altre leve, come agevolare migliori performance dell’export italiano in aree diverse dagli Stati Uniti, derogare al patto di stabilità e sospendere le norme del green deal che pesano sull’automotive: «Torneremo a chiedere con forza all’Europa di rivedere le normative ideologiche del Green Deal e l’eccesso di regolamentazione in ogni settore: veri e propri dazi interni, insensati che si sommano a quelli esterni». (E il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, intervistato da Federico Fubini, suggerisce di attingere agli stanziamenti non utilizzati del Piano nazionale di ripresa (Pnrr) e dei fondi di coesione per incentivare le imprese colpite dai dazi americani).
A proposito della possibilità di «contrattare» con Trump, la corrispondente da Washington Viviana Mazza segnala che, secondo il consigliere economico della Casa Bianca Kevin Hassett, intervistato dalla tv Abc, «più di 50 Paesi» avrebbero contattato la Casa Bianca «per avviare negoziati» sulla questione dei dazi. I Paesi che hanno proposto di aprire i colloqui «lo fanno perché capiscono che dovranno farsi carico di una quota significativa di queste imposte», ha aggiunto Hassett. «Non è il genere di cose che si possono negoziare in giorni o settimane, dobbiamo vedere che cosa offrono questi Paesi e se è credibile», ha però avvisato il segretario al Tesoro Scott Bessent parlando sulla tv Nbc (in un’intervista che sembra per ora zittire le voci che lo volevano pronto a lasciare l’incarico, in disaccordo sulle tariffe).
In attesa di capire come andrà a finire, il direttore del Corriere, Luciano Fontana, rispondendo a un lettore, mette qualche puntino sulle i riguardo a come tutto sia iniziato:
Vorrei che, prima di tutto, fosse chiaro un punto: Donald Trump non sta rispondendo ai dazi che hanno imposto gli altri Paesi. Sta facendo un’operazione diversa: vuole colpire tutte le nazioni che hanno un avanzo commerciale nei confronti degli Stati Uniti, cioè esportano più merci verso gli Usa di quante ne importino. Vuole costringere le aziende a spostare le produzioni in America e i Paesi europei a fare più acquisti (ad esempio di gas) dagli Stati Uniti. Le ragioni del disavanzo commerciale non possono però essere attribuite, come fa Trump, a ruberie e scorrettezze. I prodotti tecnologici e finanziari americani hanno invaso l’Europa, le Tesla (prima di questi ultimi mesi) erano automobili iconiche e innovative molto acquistate e addirittura sussidiate. Chi vuole collegarsi a Starlink per la sua rete wifi può farlo senza problemi. La libera circolazione delle merci è uno degli elementi fondanti delle società occidentali. Se l’Unione europea ha esagerato con barriere e regole discutiamone, apriamo un tavolo tra alleati. Altro è sconvolgere i mercati, mettere a rischio la crescita economica, inaugurare una guerra che può produrre inflazione e disoccupazione per tutti. Se poi, solo per fare un esempio, carne, vini, formaggi, pasta vengono venduti moltissimo negli Stati Uniti rispetto ai prodotti locali, forse una ragione ci sarà. Non è che i cittadini statunitensi si sono resi conto che i prodotti italiani sono migliori? E allora non gradiranno molto che i prezzi esplodano grazie alla cura Trump.
(Qui l’analisi di Roberto Saviano, che spiega perché, con i dazi, si apre un nuovo mercato per i contrabbandieri, come con il proibizionismo)
-
Mosca intensifica i raid in Ucraina, anche sulla capitale Kiev. E il presidente Volodymyr Zelensky denuncia con forza l’aggressione russa, che arriva dopo la ventina di civili ucraini morti e oltre 75 feriti sotto le bombe a Kryvyi Rih, venerdì. «
La pressione sulla Russia è ancora insufficiente. Lo provano questi bombardamenti quotidiani. Abbiamo accettato la proposta Usa per il cessate il fuoco totale. Putin no. Ora ci aspettiamo la reazione dell’amministrazione Trump, che ancora non c’è stata», dice Zelensky. E, da Kiev, Lorenzo Cremonesi conferma: «La verità sul campo è che
dall’inizio dei tentativi di dialogo voluti da Trump due mesi fa l’aggressione russa si è fatta più intensa. Zelensky sottolinea che solo nell’ultima settimana i russi hanno sparato 1.460 bombe guidate, 670 droni e 30 missili balistici». «Se la Russia continua a tergiversare e a rifiutarsi di fare la pace, è necessario adottare azioni forti» ha scritto anche il presidente francese, Emmanuel Macron, su X. I prossimi giorni dovrebbero vedere la ripresa dei dialoghi a Washington con i rappresentanti ucraini e russi. Kiev manderà una delegazione per finalizzare l’accordo sullo sfruttamento delle risorse ucraine con gli americani.
-
I caccia israeliani hanno attaccato ieri nella zona di Palmira, nella provincia di Homs, in Siria. Raid dell’Idf hanno anche colpito, sin dall’alba di ieri, tutto il territorio palestinese della Striscia di Gaza: l’agenzia della Protezione civile a Gaza ha annunciato ieri che il bilancio è di «almeno 44 vittime» e decine di feriti. Le incursioni hanno colpito più aree dell’enclave: 21 persone sono morte a Khan Younis e due nel quartiere Zeitoun di Gaza City. Quattro nel crollo di una casa a Deir el Balah, nel centro della Striscia. . Centinaia di palestinesi hanno di nuovo manifestato contro Hamas, stavolta nel campo di Jabalia, nel nord di Gaza, chiedendo la fine della guerra e che Hamas lasci il potere.
-
«Retromarcia» del ministro della Sanità americano Robert F. Kennedy Jr, noto per le sue campagne no-vax, Ieri ha presenziato in Texas ai funerali di una bambina di otto anni morta di morbillo. La bambina non era vaccinata e non aveva altre patologie. «Sono qui per consolare la famiglia e la comunità», ha detto Kennedy su X. E ha aggiunto che «il modo più efficace per fermare il morbillo è il vaccino».
-
Giuseppe Conte, il giorno dopo la piazza per il no al riarmo, pensa a un rilancio. I vertici Cinque Stelle sono certi che «la piazza ha un grande valore politico sia negli equilibri del centrosinistra sia nei confronti del governo». «Non è possibile che a Palazzo Chigi non se rendano conto», dicono. E, scrive Emanuele Buzzi, «anche tra gli alleati del campo largo, a detta degli stellati, “c’è da tenere in considerazione che il pilastro di aggregazione è stato il no al riarmo”, come a dire che il braccio di ferro con i dem per la leadership del campo largo prosegue». Conte mediterebbe anche di creare una sorta di coordinamento europeo dei partiti contrari al riarmo europeo. Molti dei quali, peraltro, lontanissimi dal centro sinistra. (Qui l’intervista di Alessandra Arachi a Andrea Orlando del Pd che dice «Abbiamo il dovere di essere unitari»)
-
Una strada buia e stretta, una curva a gomito, e un’auto con quattro giovani a bordo che sbanda, capotta, va fuori strada e finisce la sua corsa contro un ulivo. Sono morte così attorno alle 2 della notte tra sabato e domenica, nel Tarantino, due giovanissime coppie di fidanzati. Giovanni Massaro, 23 anni, di Torricella, che era alla guida dell’auto, e Giorgia Narducci, 16enne anche lei di Torricella; il 19enne Paolo Marangi, di Sava, e Anita Di Coste, 16 anni, di Manduria, tutti comuni in provincia di Taranto. L’incidente sulla strada provinciale 110 che collega Faggiano a Lizzano. I tornavano da un locale di Taranto dopo aver festeggiato il compleanno di Marangi.
La Lazio è andata a vincere per 1 a 0 (gol di Isaksen) in casa di un’Atalanta che appare sempre più fuori dalla lotta scudetto mentre Roma-Juventus è finita 1 a 1. I bianconeri hanno affiancato al quarto posto il Bologna, atteso stasera dalla sfida con il Napoli, che farà di tutto per approfittare del mezzo passo falso dell’Inter con il Parma e portarsi a -1 dai nerazzurri.
A Suzuka, in Formula 1, capolavoro di Max Verstappen che batte le McLaren di Norris e Piastri e diventa il primo pilota ad aver vinto quattro volte di fila sul circuito giapponese. Ancora fuori dal podio le Ferrari: Leclerc quarto e Hamilton settimo. Kimi Antonelli, grazie a dieci giri al comando è diventato il più giovane leader di un Gp (18 anni e 7 mesi, tre giorni in meno rispetto proprio al precedente primato di SuperMax). Ha chiuso sesto, ma si è preso il giro record.
Domenica di successi per il tennis italiano: Luciano Darderi ha vinto l’Atp 250 di Marrakech, in Marocco e Flavio Cobolli quello di Bucarest, in Romania.
Ennesima impresa per Tadej Pogacar: pur essendo rimasto senza gregari, il fuoriclasse sloveno ha trionfato per la seconda volta al Giro delle Fiandre. Ottavo Filippo Ganna.
Da leggere e ascoltare
L’editoriale di Goffredo Buccini «Alle porte del caos». Inizia così: «Giorni fa Vladimir Putin ha commentato i piani di Trump per l’annessione della Groenlandia. Li ha definiti “seri e storicamente fondati“. Una dichiarazione forse un po’ laterale, eppure assai utile per capire dove tiri il vento geopolitico al solo leggervi in filigrana le “storiche” rivendicazioni russe sull’Ucraina. La Cina ha poi provveduto a dissipare gli ultimi dubbi in materia, dispiegando attorno a Taiwan navi e aerei per esercitazioni “a fuoco vivo”. Con un’intimidazione più pesante che mai, per vedere l’effetto che fa. A ciascuno il suo feudo. Ciò che può accadere come conseguenza di una capitolazione totale o parziale di Kiev è, insomma, già sotto i nostri occhi».
La riflessione di Marco Ascione «Fine vita, il Parlamento decida».
Il Dataroom di Milena Gabanelli e Andrea Priante «Sarti italiani, abiti cinesi: la nuova truffa online».
Il racconto di Irene Soave sullo youtuber arrestato per aver portato una Coca Cola alla tribù più isolata del mondo, a North Sentinel, isola nel Golfo del Bengala.
La rubrica di Elvira Serra, che oggi ha per titolo «Ancora femminicidi: dove sono i padri?».
Nel podcast «Giorno per giorno», Cesare Zapperi racconta la conclusione del Congresso della Lega a Firenze, con la richiesta del ministero dell’Interno per il rieletto segretario Matteo Salvini. Stefano Montefiori analizza le manifestazioni in contemporanea, a Parigi, dei principali partiti presenti in Parlamento. Marta Serafini parla dell’inchiesta del New York Times che smentisce Israele sull’attacco effettuato contro un convoglio della Mezzaluna rossa in cui sono morti 15 paramedici.
Grazie per aver letto Prima Ora e buona settimana.
(Questa newsletter è stata chiusa alle 2.25)
|
|