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LA RASSEGNA STAMPA DI OGGI DA “Il Fatto”, “Dagospia”, “Notix” e “Cronachedi” e le prime pagine dei giornali di oggi a cura della redazione dell’Agenzia Cronache / Direttore Ferdinando Terlizzi
“La Biblioteca dei conservatori”, da Prezzolini a Evola e Tolkien. Moderati sono pure Dante, Manzoni e Mann “l’impolitico”
“Immaginatevi di entrare nella casa di una persona che si definisce conservatore. Immaginatevi di avere libero accesso alla sua biblioteca, di poter prendere in mano alcuni dei libri inseriti negli scaffali, di poterli sfogliare.” Così Massimiliano Mingoia – cronista del Giorno – illustra il censimento di saggi e romanzi che appronta nel suo La biblioteca dei conservatori, in libreria per Idrovolante edizioni.
“La conservazione è la regola; il cambiamento è l’eccezione” recita Il Manifesto dei conservatori di Giuseppe Prezzolini del 1972, “il libretto rosso, anzi azzurro, degli antiprogressisti”. In effetti il conservatorismo “preferisce il realismo all’utopismo, la tradizione al razionalismo, la prudenza alla sovversione, la morale e l’etica religiosa al nichilismo”. Le “Bibbie” seminali sono Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia del 1790 firmato da Edmund Burke, l’anti-Rousseau della sua epoca: “Quelli che cercano di livellare gli uomini non li rendono mai uguali”; e Memorie d’oltretomba di François-René de Chateaubriand (1849), che di fatto conia il termine “conservatore.” Nel corso del Novecento sono lette e saccheggiate tra le altre le idee dell’economista austriaco Friedrich August von Hayek e del filosofo inglese Roger Scruton, convinto che “l’attacco alla vecchia eredità culturale non porta a nuove forme di appartenenza, ma solo a una sorta di alienazione”. Se per Leo Longanesi, a suo tempo anima del settimanale Il Borghese, in Italia non esistono né destra né sinistra perché “qui si vive alla giornata tra l’acqua santa e l’acqua minerale” ecco che nel 1994 Norberto Bobbio e Ernesto Galli della Loggia si sfidano a distanza. Il primo, nel suo Destra e sinistra sentenzia che la destra è conforme a valori gerarchici e inegualitari mentre il secondo in Intervista sulla destra si affanna a precisare che destra non è sempre sinonimo di reazione.
Il revisionismo storico tenta di esorcizzare il ghetto. Renzo De Felice con la sua monumentale biografia di Mussolini storicizza il fascismo e François Furet con Il passato di un’illusione mostra l’antifascismo come metodo di legittimazione democratica dei partiti comunisti nell’Europa occidentale. L’anticomunismo militante del resto è un passaporto per i conservatori nostrani: Giovanni Sartori, Indro Montanelli, Sergio Ricossa, Sergio Romano.
Mingoia non trascura quei libri che non appartengono all’universo conservatore di impronta liberale ma che pure galleggiano nel mare magnum della destra. Si pensi a Joseph de Maistre, René Guénon (“È solo nel cattolicesimo che, in Occidente, sopravvivono i resti di uno spirito tradizionale”), Ernst Jünger (Trattato del ribelle), Julius Evola (Gli uomini e le rovine), Alain de Benoist.
Un radicalismo temperato si ritrova anche nella Divina Commedia di Dante, pur sempre il “padre” della patria, in un’opera minore e postuma di Alessandro Manzoni, La rivoluzione francese del 1789 e la rivoluzione italiana del 1859, nella quale critica aspramente la Rivoluzione francese, e in Thomas Mann che, sia pure in seguito rinnegato, nel 1918 dà alle stampe Considerazioni di un impolitico dove stronca l’Illuminismo: “Il conservatorismo in sé è uno stato d’animo, mentre il progressismo è un principio; e proprio su questo poggia, mi sembra, la superiorità del primo sul secondo”. Del resto il Nobel tedesco era finito nel novero de I grandi scrittori? Tutti di destra, la provocazione firmata sul Corriere nel 2002 da Giovanni Raboni. Insieme, tra gli altri a Jorge Luis Borges, Emil Cioran, Hermann Hesse, Vladimir Nabokov e sul fronte di casa nostra Carlo Emilio Gadda, Eugenio Montale, Luigi Pirandello e Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Se c’è un romanzo, nella storia della letteratura italiana, che possa definirsi “conservatore” è proprio Il Gattopardo, “una sorta di storia del Risorgimento visto da destra, dagli occhi di un nobile siciliano che osserva lo sbarco dei garibaldini a Marsala e l’annessione dell’isola al Regno di Sardegna con disincanto e rassegnazione”. Immancabile Il Signore degli anelli di J. R. R. Tolkien, una delle opere più citate dalla destra italiana, l’autore preferito dalla premier Meloni che ama scomodare una celebre citazione: “Le radici profonde non gelano”. Carlo Galli nel suo La destra al potere prova a spiegare: “La presenza del fantasy negli ambienti giovanili della destra ha come significato primo di alleggerire l’impatto con la politica reale… e il pieno manifestarsi di identificazione elitaria e di ribellione contro il mondo comune”.