Tra radici, Gattopardi e nostalgia: il pantheon degli autori di destra

“La Biblioteca dei conservatori”, da Prezzolini a Evola e Tolkien. Moderati sono pure Dante, Manzoni e Mann “l’impolitico”

“Immaginatevi di entrare nella casa di una persona che si definisce conservatore. Immaginatevi di avere libero accesso alla sua biblioteca, di poter prendere in mano alcuni dei libri inseriti negli scaffali, di poterli sfogliare.” Così Massimiliano Mingoia – cronista del Giorno – illustra il censimento di saggi e romanzi che appronta nel suo La biblioteca dei conservatori, in libreria per Idrovolante edizioni.

“La conservazione è la regola; il cambiamento è l’eccezione” recita Il Manifesto dei conservatori di Giuseppe Prezzolini del 1972, “il libretto rosso, anzi azzurro, degli antiprogressisti”. In effetti il conservatorismo “preferisce il realismo all’utopismo, la tradizione al razionalismo, la prudenza alla sovversione, la morale e l’etica religiosa al nichilismo”. Le “Bibbie” seminali sono Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia del 1790 firmato da Edmund Burke, l’anti-Rousseau della sua epoca: “Quelli che cercano di livellare gli uomini non li rendono mai uguali”; e Memorie d’oltretomba di François-René de Chateaubriand (1849), che di fatto conia il termine “conservatore.” Nel corso del Novecento sono lette e saccheggiate tra le altre le idee dell’economista austriaco Friedrich August von Hayek e del filosofo inglese Roger Scruton, convinto che “l’attacco alla vecchia eredità culturale non porta a nuove forme di appartenenza, ma solo a una sorta di alienazione”. Se per Leo Longanesi, a suo tempo anima del settimanale Il Borghese, in Italia non esistono né destra né sinistra perché “qui si vive alla giornata tra l’acqua santa e l’acqua minerale” ecco che nel 1994 Norberto Bobbio Ernesto Galli della Loggia si sfidano a distanza. Il primo, nel suo Destra e sinistra sentenzia che la destra è conforme a valori gerarchici e inegualitari mentre il secondo in Intervista sulla destra si affanna a precisare che destra non è sempre sinonimo di reazione.

Il revisionismo storico tenta di esorcizzare il ghetto. Renzo De Felice con la sua monumentale biografia di Mussolini storicizza il fascismo e François Furet con Il passato di un’illusione mostra l’antifascismo come metodo di legittimazione democratica dei partiti comunisti nell’Europa occidentale. L’anticomunismo militante del resto è un passaporto per i conservatori nostrani: Giovanni SartoriIndro MontanelliSergio RicossaSergio Romano.

Mingoia non trascura quei libri che non appartengono all’universo conservatore di impronta liberale ma che pure galleggiano nel mare magnum della destra. Si pensi a Joseph de MaistreRené Guénon (“È solo nel cattolicesimo che, in Occidente, sopravvivono i resti di uno spirito tradizionale”), Ernst Jünger (Trattato del ribelle), Julius Evola (Gli uomini e le rovine), Alain de Benoist.

Un radicalismo temperato si ritrova anche nella Divina Commedia di Dante, pur sempre il “padre” della patria, in un’opera minore e postuma di Alessandro ManzoniLa rivoluzione francese del 1789 e la rivoluzione italiana del 1859, nella quale critica aspramente la Rivoluzione francese, e in Thomas Mann che, sia pure in seguito rinnegato, nel 1918 dà alle stampe Considerazioni di un impolitico dove stronca l’Illuminismo: “Il conservatorismo in sé è uno stato d’animo, mentre il progressismo è un principio; e proprio su questo poggia, mi sembra, la superiorità del primo sul secondo”. Del resto il Nobel tedesco era finito nel novero de I grandi scrittori? Tutti di destra, la provocazione firmata sul Corriere nel 2002 da Giovanni Raboni. Insieme, tra gli altri a Jorge Luis BorgesEmil CioranHermann HesseVladimir Nabokov e sul fronte di casa nostra Carlo Emilio GaddaEugenio MontaleLuigi Pirandello e Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Se c’è un romanzo, nella storia della letteratura italiana, che possa definirsi “conservatore” è proprio Il Gattopardo, “una sorta di storia del Risorgimento visto da destra, dagli occhi di un nobile siciliano che osserva lo sbarco dei garibaldini a Marsala e l’annessione dell’isola al Regno di Sardegna con disincanto e rassegnazione”. Immancabile Il Signore degli anelli di J. R. R. Tolkien, una delle opere più citate dalla destra italiana, l’autore preferito dalla premier Meloni che ama scomodare una celebre citazione: “Le radici profonde non gelano”. Carlo Galli nel suo La destra al potere prova a spiegare: “La presenza del fantasy negli ambienti giovanili della destra ha come significato primo di alleggerire l’impatto con la politica reale… e il pieno manifestarsi di identificazione elitaria e di ribellione contro il mondo comune”.

vincenzo de luca vs elly schlein -

“DEVI FAR FUORI SCHLEIN” – AL “VINITALY” URLA DI INCORAGGIAMENTO PER VINCENZO DE LUCA, ATTESO DAL GIORNO DELLA VERITÀ: OGGI LA CORTE COSTITUZIONALE DECIDE SUL TERZO MANDATO, DOPO IL RICORSO DEL GOVERNO CONTRO LA LEGGE DELLA CAMPANIA. IL GOVERNATORE HA TUTTI CONTRO: IL PD, FRATELLI D’ ITALIA E FORZA ITALIA – SE I GIUDICI DARANNO RAGIONE A DE LUCA, IN CAMPANIA E NEL CENTROSINISTRA SCOPPIERA’ IL CAOS. ALTRO CHE CAMPO LARGO, SI ANDREBBE VERSO IL “CAMPO SANTO”. SE INVECE “DON VICIENZO” DOVESSE PERDERE…

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DISCO INFERNO A SANTO DOMINGO – È CROLLATO IL TETTO DI UNA  DISCOTECA NELLA CAPITALE DELLA REPUBBLICA DOMINICANA. IL BILANCIO PROVVISORIO È DI 98 MORTI E OLTRE 150 FERITI – TRA LE VITTIME CI SONO L’EX GIOCATORE DI BASEBALL TONY BLANCO, CHE AVEVA GIOCATO NEL CAMPIONATO STATUNITENSE, E IL CANTANTE DI MERENGUE RUBBY PEREZ, CHE SI STAVA ESIBENDO – NON SI CONOSCONO ANCORA I MOTIVI DEL CROLLO. AL MOMENTO DEL DISASTRO NEL LOCALE C’ERANO CIRCA MILLE PERSONE, QUANDO LA CAPIENZA È DI 700 – VIDEO

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Detenuto ferisce agente ed ispettore con una forbice nel carcere di Avellino

AVELLINO – Ennesima aggressione ai danni di un agente nel carcere di Ariano Irpino, in provincia di Avellino. Un detenuto, dopo aver distrutto un computer e rotto i vetri in plexiglass dell’ufficio, ha estratto un paio di forbici rudimentali con le quali ha prima minacciato un ispettore in servizio e poi ha colpito un agente. Entrambi sono stati soccorsi e refertati in ospedale con ferite guaribili in sette giorni.

Lo riferisce il consigliere nazionale di Osapp, Emilio Fattorello. L’episodio si è verificato nella mattinata di oggi nell’ufficio matricola ed ha avuto come protagonista un detenuto trasferito da Salerno nel carcere irpino per atti e comportamenti violenti nei confronti della Polizia penitenziaria. Solo pochi giorni fa è stato gravemente ferito un detenuto.

La sua cosca, il racket e la sfida a Zagaria: le ultime parole di Ligato prima del suicidio

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Porre fine allla spirale criminale che aveva segnato la sua esistenza: sarebbe stato questo il motivo della collaborazione con la giustizia tentata da Pietro Ligato.

Il primo passo fu una lettera inviata ai magistrati dell’Antimafia, poi gli interrogatori: un percorso difficile, dall’esito incerto, cominciato lo scorso febbraio. Ma Ligato non ha nemmeno atteso di sapere come sarebbe andata: non si è dato neppure il tempo di affrontare un eventuale fallimento. Il pomeriggio del 3 aprile si è tolto la vita nel carcere di Secondigliano.

Non sapremo mai se, a differenza di Francesco Schiavone Sandokan, avrebbe portato fino in fondo la sua collaborazione. Quel che ha raccontato, però, non è andato perso. Le dichiarazioni rase rappresentano la traccia di un tentativo, forse tardivo, di uscire da quella “spirale di criminalità” – così aveva descritto la sua vita ai magistrati – che gli era diventata insostenibile. Un uomo fragile, con un passato brutale, che probabilmente voleva provare a cambiare.

Parte delle sue informazioni sono già state inserite agli atti del processo nato dall’inchiesta dei carabinieri di Caserta, che ha bloccato il ritorno sulla scena criminale del boss Antonio Mezzero. Ligato, in quell’indagine, era stato coinvolto con l’accusa di aver estorto denaro a diversi imprenditori dell’Agro caleno.
Ma le rivelazioni più importanti, probabilmente, devono ancora emergere: sono quelle ora coperte dai corposi omissis.

Il pentito Ligato si uccide in cella

Nelle parti ‘in chiaro’ dei verbali depositati, si apprende che Ligato ha raccontato di un suo gruppo criminale, che includeva diversi soggetti di origine straniera, messo in piedi nel 2020. Una gang che, secondo il suo racconto, non aveva rapporti con il clan Mezzero, ma con quello degli Zagaria.

Una relazione con il mondo mafioso di Casapesenna, intrecciata in occasione della compravendita di un capannone industriale situato a Sant’Andrea del Pizzone, frazione di Francolise. Chi lo stava acquistando, secondo la testimonianza del collaboratore, avrebbe ricevuto una richiesta estorsiva di 50mila euro da Giovanni Diana, cognato di Salvatore Nobis Scintilla, uomo di fiducia di Michele Zagaria.

L’acquirente, che conosceva Ligato, si rivolse a lui chiedendo un intervento. Il pignatarese avrebbe quindi contattato un intermediario di Diana, proponendo di abbassare la tangente a 10mila euro. Ma la proposta venne rifiutata: i sodali di Zagaria, stando al racconto di Ligato, risposero dicendo che “non guardavano in faccia a nessuno” e, per convincere l’imprenditore a pagare, iniziarono a mettere in atto danneggiamenti.

Un atteggiamento che avrebbe irritato profondamente Ligato, al punto da spingerlo – secondo quanto lui stesso ha riferito ai pm Maria Laura Morra e Vincenzo Ranieri – a danneggiare a sua volta le proprietà di soggetti che, a suo dire, pagavano il pizzo a Diana.
Inoltre, avrebbe effettuato dei sopralluoghi con l’obiettivo di organizzare un agguato per gambizzare proprio Giovanni Diana.

Ligato puntava su Sparanise riconoscendo Antonio Mezzero e gli Zagaria come…

Crolla il clan. Pietro Ligato collabora con la giustizia