*Io e la matita* di Vincenzo D’Anna*

Elon Musk ha condiviso un video in cui Milton Friedman, premio Nobel per l’economia e capo della corrente degli economisti liberali, illustra i benefici e la complessità del libero scambio attraverso l’esempio di una matita. In meno di due minuti, l’economista, capo della scuola economica di Boston, maestro dell’italiano Antonio Martino, dimostra come la realizzazione anche di un piccolo oggetto come un semplice lapis, sia resa possibile ed economicamente conveniente grazie alla cooperazione mondiale della produzione. In effetti egli spiega, con semplicità, come il processo di globalizzazione consenta a milioni di persone che lavorano, sparse per il mondo, di fornire i singoli elementi di cui si compongono le cose che utilizziamo tutti i giorni. In parole povere: come questa modalità di libero scambio agevoli la produzione a basso costo dei prodotti e ne garantisca, al contempo, la qualità.

Un processo che certo è di natura metodologica, tutta economica, ma che, alla fine, consente di rendere accessibili e disponibili quei prodotti, a prezzo contenuto, ad un vasto numero di utilizzatori. Il capitalismo d’altronde, sarà anche avaro di idealità, di lodevoli enunciati sulla solidarietà, di eufonici appelli sul sostegno ai ceti meno abbienti, come il socialismo, ma interviene molto più pragmaticamente nel produrre merci accessibili a tutti, in modo tale da elevare la qualità della vita proprio alle classi con minori disponibilità finanziarie. Un impostazione che gli orfani del marxismo e gli idolatri dello Stato egemone, programmatore e sedicente protettore, stentano a comprendere fino in fondo. La spiegazione di Friedman mostra come perfino la produzione di un oggetto relativamente semplice come una matita sia resa possibile solo dalla cooperazione spontanea e non pianificata di migliaia di individui in decine di paesi diversi.

Il video, tratto dalla serie Free to Choose, che l’Istituto Bruno Leoni ha tradotto interamente e pubblicato in italiano, nasce da un brevissimo saggio del 1958 e sostiene come quel che maggiormente giovi al progresso tecnologico ed a quello merceologico, ossia l’introduzione e l’utilizzazione di nuovi beni materiali, sia determinato dalla reciprocità degli interessi nel gioco economico e dal libero mercato di concorrenza. I maggiori critici del liberismo, ossia del libero mercato di concorrenza, si attardano sulla considerazione che questo modo di governare i bisogni della gente, abbia come presupposto l’induzione dei bisogni stessi, nel senso che il mercato finisca per condizionare ed orientare i gusti delle persone, trasformando in necessità l’acquisizione di generi voluttuari.

Questi ultimi trasformerebbero, dequalificandolo e banalizzandolo, il fine ultimo della vita stessa degli individui, indotti ad inseguire il possesso di beni dal battage pubblicitario e quindi al solo scopo di sostenere la produzione di ulteriori beni non indispensabili. In linea di pura speculazione filosofica quella critica può anche trovare oggettivi fondamenti, ma non risponde alla evidenza che i ceti più bassi, i proletari di un tempo, siano ormai diventati dei borghesi per la qualità e la comodità della vita vissuta da costoro, il cui tenore ed agiatezza sia enormemente migliorata. Una vita più facile, con maggiori beni disponibili, prima preclusi agli strati più poveri della popolazione, ha prodotto più emancipazione sociale di tutti i trattati di filosofia politica e di sociologia. D’altronde sono pochissimi quelli che conoscono i dati macro economici che dimostrano come la globalizzazione abbia ridotto di qualche punto percentuale la povertà nel mondo.

Di come la delocalizzazione delle produzioni nei luoghi ove si ricavano le materie prime, abbia evitato il semplice sfruttamento delle risorse con la produzione in loco e l’occupazione di milioni di diseredati. Dal video di Friedman sulla matita si evince tutto questo e se Elion Musk lo ha mostrato, ripescandolo dalle cineteche, ha il senso compiuto di un messaggio da lanciare a Donald Trump, alla sua politica dei dazi e, sopratutto, all’illusoria pretesa di far ritornare negli Usa la produzione dei beni delocalizzati negli anni in altre nazioni, per evitare le gabelle imposte sulle merci. Esattamente come Musk parla (forse) ai suoi milioni di follower perché suocera (Trump) intenda, ci permettiamo di segnalare “Io, matita” ai tanti intellettuali e politici italiani che, improvvisamente, hanno scoperto le virtù del libero scambio. Così come sarebbe da segnalare ai politici italiani il vero pericolo della dottrina del miliardario che siede alla Casa Bianca: depauperare il mondo intero non solo delle risorse naturali ma anche di quel processo virtuoso che è rappresentato dalla delocalizzazione delle componenti produttive, che crea lavoro e ricchezza in loco, facendolo così ripiombare ai livelli di dipendenza e sottosviluppo. Nella quotidiana canea polemica i Nostri governanti avranno orecchie per intendere?!!

*già parlamentare