Adiós al Nobel. Picaresco. La sua opera è “striptease”
Mario Vargas Llosa. È morto a 89 anni

Tre mogli: la zia, la cugina e la ex di Julio Iglesias; una cinquantina di libri tra romanzi, racconti e saggi; un Nobel per la Letteratura; un cazzotto a un altro Nobel per la Letteratura, Gabriel García Márquez, che tamponò la botta in faccia con una bistecca surgelata rimediata in un ristorante. Mario Vargas Llosa, spirato domenica a 89 anni, è stato il grande picaro delle Belle Lettere del 900: “Scrivere trasforma la morte in uno spettacolo passeggero”. Applausi, sipario: intanto lui sarà già di là a discutere ancora di donne col colombiano, nel paradiso dei poeti, tra le muse e le risse.
Per la cronaca, è stato Vargas Llosa a inaugurare la Nouvelle vague sudamericana col folgorante esordio, nel 1963, La città e i cani, che in patria finì pure bruciato in piazza: Cent’anni di solitudine del più anziano e navigato amico è di quattro anni dopo. Quello del peruviano, naturalizzato spagnolo, è un realismo carnale, altro che magico: è erotico, politico, sudato, pieno di niña mala, “una sorta di striptease al contrario” (© Bruno Arpaia). Lo testimoniano I venti in arrivo, un racconto lungo del 2021 – che uscirà in Italia in autunno con Einaudi – in cui “i venti” sono le flatulenze di un vecchio scorbutico che smarrisce la strada di casa.
“Ho imparato a leggere a 5 anni. È la cosa più importante che mi sia successa nella vita”, sbocciata il 28 marzo del 1936 ad Arequipa, Perù, durante la dittatura del generale Odría. Jorge Mario Pedro – così all’anagrafe – nasce in casa dei nonni materni, i Llosa, mentre il patriarca Vargas s’era dato alla macchia: il figlio scoprirà solo a 11 anni di non essere orfano di padre e da allora i rapporti col genitore saranno conflittuali. Dopo l’accademia militare, il giovane, un tipo sveglio, intraprende gli studi umanistici, laureandosi nel 1958, per poi proseguire la formazione in Europa, tra Madrid, Barcellona e Parigi, dove si mantiene come giornalista o professore di spagnolo. Irrequieto è anche politicamente: aderisce agli ideali comunisti e castristi salvo poi spostarsi su posizioni liberali e più conservatrici, fino a candidarsi alla presidenza del Perù nel 1990, quando è sconfitto da Fujimori. Alla faccia del suo Paese che l’ha bocciato alle urne e “restituito alla letteratura”, lo scrittore è il primo peruviano a vincere il Nobel: la consacrazione a Stoccolma arriva 20 anni dopo la sconfitta elettorale, nel 2010, per la sapienza nel raccontare “la cartografia delle strutture del potere e per la sua immagine della rivolta e della sconfitta dell’individuo”. I premi si sprecano: il Cervantes, il Planeta, il Príncipe de Asturias, il Pen/Nabokov… oltre a figurare nella prestigiosa Bibliothèque de la Pléiade, a essere eletto membro dell’Académie française e presidente del Pen Club, da cui si dimette nel 2019 in polemica contro l’indipendentismo catalano spalleggiato dal cenacolo.
Tra il personale e il politico, l’arte e l’impegno, Vargas Llosa è riuscito nella titanica impresa di tenere insieme Flaubert – a cui ha dedicato il magnifico L’orgia perpetua, peana di Madame Bovary – e Sartre, affiancando a romanzi anti-militaristi e anti-totalitaristi, pur avvincenti, spettacolari e polizieschi (Il pesce nell’acqua; La Casa Verde; La festa del Caprone; La guerra della fine del mondo; Conversazione nella “Catedral”; Il sogno del celta; Tempi duri…), titoli ironicamente o velatamente autobiografici, ma epici e brulicanti di vite che non sono la sua (La zia Julia e lo scribacchino; Avventure della ragazza cattiva; I cuccioli; Le dedico il mio silenzio…). La distinzione è impossibile, la classificazione sterile: “Così come scrivere, leggere è protestare contro le ingiustizie della vita”, ma non è una Resistenza pelosa o ingenua, la sua; è una missione estetica e poetica perché solo la letteratura ha un potere rivoluzionario: “Crea fratellanza all’interno della diversità umana ed eclissa le frontiere erette tra gli uomini e le donne dall’ignoranza, le ideologie, le religioni, le lingue e la stupidità… Lo scrittore è un dissidente: la radice della sua vocazione è un sentimento di insoddisfazione contro la vita; ogni romanzo è un deicidio segreto, un assassinio simbolico della realtà”. Determinato e fumantino è sin da ragazzo, quando negli anni 50-60 scribacchia storie in una mansarda parigina, prendendo appunti e saccheggiando i maestri: Joyce, Faulkner, Woolf, Dos Passos… Viene scoperto per caso, nel ’62, dall’editore catalano Carlos Barral, che confesserà: “Quando lo vidi per la prima volta, credetti di trovarmi di fronte a un cantante di tango argentino… Un personaggio sconcertante”.
A dispetto dell’aspetto da latin lover – non che non lo fosse –, Vargas Llosa è stato uno scrittore totale e instancabile, dotato di dedizione, disciplina, rigore e studio, persino di filosofi come Popper e Baudrillard: “Non abbiamo mai vissuto un’epoca tanto ricca di conoscenze scientifiche e tecnologiche e, tuttavia, non siamo mai stati tanto confusi di fronte ad alcuni interrogativi fondamentali: spirito, ideali, piacere, amore, solidarietà, anima, trascendenza”, lamentava negli ultimi anni, constatando la sparizione della cultura cannibalizzata dalla Civiltà dello spettacolo. Ammalatosi gravemente, e ricoverato per ben due volte, a causa del Covid, l’intellettuale aveva rinunciato agli impegni, scrittura compresa, nel 2023. Ma “l’importante è vivere come se si fosse immortali. Con entusiasmo, fino alla fine”. Adiós, maestro.
Pigliane è sputazzata pe lira argiento”…
Nota di Ferdinando Terlizzi:
Questa Santanchè applica un detto antico che spesso recitava mio padre, per sottolineare un comportamento non proprio ortodosso, cioè, confondento spesso, le offese per encomi : “ossia ( mescolare, disordinare, arruffare, ingarbugliare, intricare, rimestare, scompigliare, imbrogliare, complicare scambiare, sbagliare, prendere una cosa per un’altra-un abbaglio sbalordire, sorprendere, stupire, disorientare, abbagliare, sconvolgere, scombussolare, turbare, imbarazzare umiliare, mortificare, avvilire, distruggere, deprimere, annientare, scoraggiare) Pigliane è sputazzata pe lira argiento”…
Visibilia pagava gli abusi a villa Santanchè
È ancora ministra. Per la serra illecita costruita nel 2014 nella dimora estiva del figlio Lorenzo la senatrice scaricò oltre 130 mila euro sulla Srl poi fallita: oggi il processo

Si è rifatta la villa tra abusi di ogni tipo. Ora si scopre anche che per quasi tre quarti della spesa voleva usare denaro non suo. Per Daniela Santanchè quei lavori li doveva pagare Visibilia Srl. Poi non ha pagato quasi nulla, ma le fatture che il Fatto ha potuto visionare confermano la sua propensione a utilizzare le aziende come “bancomat” per spese personali, come nel caso della dimora di villeggiatura nella pineta della Versiliana a Marina di Pietrasanta (Lucca) donata al figlio Lorenzo Mazzaro nel 2014 e ristrutturata con una lunga lista di abusi edilizi che sono valsi una rivalutazione a quasi 4 milioni: a pagare 145 mila euro per le “migliorie” della casa di famiglia, a parte i 55 mila euro versati da Lorenzo Mazzaro, avrebbe dovuto essere Visibilia Srl, società dell’attuale ministra del Turismo del governo Meloni e senatrice di Fratelli d’Italia. Visibilia Srl è poi finita in liquidazione giudiziale, il “vecchio” fallimento, e da oggi è a processo a Milano per i falsi in bilancio che la Procura le contesta nei rendiconti dal 2016 al 2020.
“Allego distinta contabile dei conti relativi al lavoro eseguito per Forte dei Marmi. La dott.ssa Santanchè e il sig. Mascio hanno preso precisi accordi per lo scambio merce del valore delle fatture Visibilia emesse in capo alla Square Garden”. Questa l’email del 5 novembre 2014 nella quale l’amministrazione di Square Garden, ditta di costruzioni di Cassano Magnago (Varese) di proprietà di Michele Mascio, rendicontava a Visibilia i lavori effettuati nella casa che la senatrice aveva intestato a suo figlio Lorenzo Mazzaro. Lavori i cui accordi di pagamento furono dettagliati il 30 novembre successivo: preventivo di 150mila euro, poi pedana e gradoni esterni, pensiline, tende, tre portoni, vitto e alloggio degli operai. Con l’Iva, totale di 199.872 euro. Due gli acconti pagati a Square Garden, uno di 55mila euro da Lorenzo Mazzaro, l’altro di 21.360 euro. Gli altri 123mila 500 euro a carico di Visibilia Srl. Qui scattavano altre intese. Dei 150mila euro di lavori iniziali (al netto dell’Iva) commissionati per la villa di famiglia, le email che riportano gli accordi personali tra Santanchè e Mascio, proprietario della Square Garden, prevedevano che 100 mila euro finissero nei conti di Visibilia Srl: 70mila come “cambio merce”, sotto forma di pubblicità per Square Garden sul mensile Ville e Giardini pubblicato dal gruppo della parlamentare, 30 mila come costo diretto alla Srl da pagare in contanti. Somme spese a titolo personale imputate a una Srl, o cash o come cambio merce che però causava una equivalente riduzione dei ricavi effettivi della Srl. Di quel credito però, ancora oggi 11 anni dopo, Mascio dice di aver visto solo le briciole.
Nel 2014 Visibilia Srl annoverava tra i soci oltre Santanchè, che ne deteneva il 54% circa, anche Ugo Fava al 6% e Bioera, società dell’alimentare biologico quotata in Borsa, per il restante 40%. Di Bioera Santanchè all’epoca era presidente e azionista al 4,76%, mentre l’ex compagno della ministra, Canio Mazzaro, padre di Lorenzo, ne era ad e azionista di riferimento con il 50%. Dunque il 46% dei 145 mila euro di debiti per gli abusi edilizi nella villa in Versilia della famiglia Santanchè-Mazzaro, scaricati su Visibilia Srl, ricadevano pro quota anche sugli altri soci e indirettamente su una miriade di piccoli azionisti di Bioera, del tutto ignari. Dopo una crisi durata anni, il 4 dicembre scorso Bioera è finita a sua volta in liquidazione giudiziale. In quello stesso 2014, poi, Santanchè creava la newco Visibilia Editore Srl in cui conferiva il ramo editoria di Visibilia Srl e ne lanciava la fusione inversa con la società quotata Pms, dalla quale sorgeva Visibilia Editore.
Dall’addebito di spese familiari, non collegate all’oggetto sociale, alla Srl di cui all’epoca Santanchè era amministratrice unica e che poi è finita in fallimento, potrebbero scattare diverse ipotesi di illecito, civilistiche concorsuali e penali, a seconda delle circostanze, tra le quali l’eventuale prescrizione, l’entità delle spese e l’impatto che sulla situazione finanziaria di Visibilia Srl. In ambito civilistico, potrebbero emergere abuso di potere, conflitto di interessi, violazione dei doveri degli amministratori, distrazione di fondi sociali. Nel potenziale ambito penale potrebbero configurarsi ipotesi di bancarotta fraudolenta per distrazione, appropriazione indebita e falso in bilancio.
Non a caso stamane a Milano prende il via con la prima udienza il processo per i falsi in bilancio nel gruppo Visibilia. La Srl è imputata per la manipolazione dei suoi rendiconti dal 2016 al 2020, contestata dai Pm anche anche a Daniela Santanchè e altre 15 persone, fra i quali Dimitri Kunz, compagno della ministra, il suo ex compagno Canio Mazzaro, la sorella Fiorella Garnero, la nipote Silvia Garnero, manager e dipendenti. Visibilia Srl non ha patteggiato come invece durante l’amministrazione giudiziale hanno fatto Visibilia Editore, che per i falsi in bilancio ha pagato una sanzione di oltre 63mila euro e una confisca di 15mila euro e ha chiuso il 2024 cion una perdita di 546mila euro rispetto ai 3,9 milioni del 2023, e Visibilia Editrice Srl, con una sanzione di 30mila euro e la confisca di 10mila. Forse perché il debito verso Square Garden appariva nella contabilità sino al 2022. Ora dovrà spiegare che ne è stato dei debiti mai saldati per gli abusi di casa Santanchè-Mazzaro.
Santanchè e i lavori in villa, l’imprenditore Mascio: “Mi deve versare ancora 150mila euro. Una faccia tosta così non l’ho mai vista”
“La sua casa l’abbiamo trasformata noi. Non ho più visto un soldo, lei è sparita”

“L’ultima volta che l’ha incrociata è stato in via della Spiga a Milano. Lei, neoministra, era a pranzo con Giovanni Toti e il compagno Dimitri Kunz al ”Baretto”, dove Visibilia Srl aveva un conto aperto. Daniela Santanché lo vede e incurante dei debiti rilancia: “Michele, vienimi a trovare, dobbiamo ancora fare delle cose…”. Michele Mascio è il titolare di Square Garden Conservatories, progettazione e realizzazione di serre, gazebo e serramenti di lusso. Clienti? Vladimir Putin, George Lucas, Paolo Sorrentino. E sì, anche Daniela Santanchè. O meglio: Visibilia Srl, la creatura imprenditoriale oggi in liquidazione giudiziaria e a processo, sui cui bilanci venivano caricati anche i costi per trasformare un rudere in una reggia da 4 milioni nel Parco della Versiliana. Mascio nel 2014 riceve il progetto nel suo studio in via della Madonnina: veranda, portici, interni su misura etc. Un anno fa il Fatto scopre però che son tutti abusi edilizi. Il figlio Lorenzo Mazzaro, sulla carta il proprietario, finisce a processo e la villa, benché gravata da ordinanze di demolizione, figura tra le garanzie di Visibilia. Mascio racconta com’è andata: “Non ho più visto un soldo, lei è sparita”.
Come ha conosciuto Daniela Santanchè?
Nel giro di clienti storici c’era Marco De Benedetti, all’epoca la moglie Paola Ferrari era socia della Santanchè. Ci incrociavamo a Homi, la fiera dell’arredamento e decorazione. Allestivamo stand in cambio di visibilità. Poi un giorno arriva lei.
E cosa le chiese?
Di ristrutturare completamente la villa, dentro e fuori, un lavoro enorme. La casa era piccola, insignificante, ma in una posizione pazzesca nel Parco. L’abbiamo trasformata noi: veranda, portici, serramenti, pavimenti… tutto. Il suo valore è schizzato dopo quegli interventi.
Committente era Visibilia Srl?
Mi pare che dai documenti che lei ha in mano sia palese, no?
Perché sul vostro sito la villa non c’è?
Io ne vado fierissimo, non è certo per gli abusi: della parte burocratica si occupava un geometra locale, in contatto diretto col Comune e la vecchia amministrazione, con cui Daniela aveva rapporti piuttosto stretti.
Perché allora?
Perché non siamo stati pagati. I lavori superavano i 250mila euro. Avevamo un accordo per cui una parte era “cambio merce”: Visibilia ci doveva fare pubblicità su Ville e Giardini, ma una parte era da pagare. La signora invece è sparita: “Arrivederci”.
Quanto vi deve oggi?
Il cambio merce era fissato in 70mila euro, con un acconto sui 50mila euro che è stato pagato, ma poi non ho avuto né la pubblicità né i soldi. Faccia lei i conti. L’ultima fornitura è stata il gazebo esterno da 48mila euro. Mai visto un centesimo.
Ma ha continuato a lavorare per lei.
Con Sallusti le cose si accomodavano, era un po’ il pompiere degli incendi che innescava lei con i suoi modi di fare, lui ispirava fiducia. Quando è arrivato il nuovo compagno, lo pseudo principe, volevano allargare ulteriormente gli spazi esterni. Incurante dei mancati pagamenti, lei mi chiamò ancora per sistemare la veranda a Milano.