Cinquecento alluvioni in dodici anni dovrebbero aver insegnato qualcosa ai nostri politici. Pare che non sia così.

L’astro nascente del PD, la signora Schlein, prima di diventare segretaria del partito era stata vice presidente della Regione Emilia-Romagna, con delega proprio sui disastri del territorio e per il riassetto geologico.

Interrogata da giornalisti maliziosi su cosa avesse fatto nel corso del suo mandato regionale e se, per caso, si sentisse in parte responsabile del disastro che ha distrutto mezza Romagna, se l’è cavata con una risposta sconcertante: io non sono una tecnica.

Che vuol dire?

Che i politici non siano dei tecnici è cosa nota ed evidente, ma in quanto politici dovrebbero dare direttive, coordinare gli interventi, programmare le relative azioni. Non basta dire: non sono un tecnico. La Schlein è venuta meno ai suoi doveri. Dove sono le istruzioni impartite ai veri tecnici?

La Schlein, oggi, è intoccabile, come tutti politici che l’hanno preceduta. Teste vuote messe lì ad occupare una posizione di prestigio ma inutili, e i risultati di questo andazzo criminoso sono sotto gli occhi di tutti. I politici di maggioranza fanno chiacchiere e ipotizzano grandi disegni mai realizzati. I politici dell’opposizione fanno solo opposizione, spesso preconcetta. È un gioco fra loro e il Paese va in rovina.

La democrazia è una gran brutta bestia: dipende dalla quantità dei voti che uno riesce a raccogliere, non dalla qualità delle idee espresse e delle conseguenti azioni condotte. Vale più la protesta dei balneari o dei tassinari, perché è gente che vota, che il riassetto della concorrenza che un bene per tutti.

 La tutela del particolare è a scapito di una politica generale di pulizia e di trasparenza, al punto da tollerare situazioni paradossali che sono a danno dei cittadini in genere.

È così che sta tramontando l’euforia fittizia per il PNRR. Si trattava di un’occasione unica per affrontare molti dei problemi irrisolti del Paese. Invece di stabilire delle priorità generali sulle quali puntare, si è preferita la strada più semplice e più allettante per gli amministratori locali e per gli elettori: fare una raccolta di tutto ciò che c’era in giro (compresi gli stadi e le corsie per i ciclisti) e spacciarlo per un programma italiano.

Ad esempio, un’opera forse discutibile, come il Ponte sullo Stretto, è fuori PNRR, eppure era un progetto di carattere strutturale che meritava di esservi inserito e che pagheremo con i nostri soldi.

La conclusione è che invece di un programma serio, articolato su quattro o cinque punti fondamentali (riassetto geologico, acqua, trasporti, sanità, scuole) si è fatto uno spezzatino di poco o scarso valore, sempre avendo l’occhio agli interessi locali.

 Ne consegue che, poi, l’amministrazione italiana, soprattutto a livello locale, non è in grado di corrispondere alle richieste comunitarie. È nota la nostra incapacità di presentare progetti ben fatti e, soprattutto di eseguirli. Mancano i tecnici, manca l’esperienza, nessuno ha mai provveduto a formare del personale adeguato e così via. Difetti strutturali, questi, che ci portiamo dietro da cinquant’anni, senza battere ciglio. Troppo impegnativo cercare di cambiare le cose.

Ora, non solo siamo in ritardo sui tempi previsti, ma addirittura rischiamo di perdere i finanziamenti promessi e, per giunta, di doverli restituire.

La ricerca del responsabile è inutile, anche perché i politici, per principio, sono degli irresponsabili, a partire dall’intoccabile Draghi, che ha dato il via a questa antologia di nullità di cui portiamo il peso. Il governo attuale può fare poco o nulla, perché i progetti sono stati presentati a suo tempo a Bruxelles. O si è in grado di attuarli o non lo si è.

L’orgoglio nazionale serve a poco e non si tratta solo di fare una brutta figura ma di una tragedia finanziaria che investe tutto il Paese e dimostra l’assoluta incapacità italiana di stare al passo con il buon senso e con i tempi. Altro che transizione economica o digitale!

Il probabile fallimento del PNRR, anche se qualche pezza a colore prima o poi si troverà, è la dimostrazione del fatto che l’Italia è ancora un peso morto nell’Unione europea, nonostante gli sforzi della Meloni di cambiare le carte in tavola e di far presente al mondo che l’Italia esiste.

Alla resa dei conti, che arriveranno fra qualche mese, le chiacchiere e i sorrisi stanno a zero e le difficoltà strutturali di un Paese, che da cinquant’anni è fermo, restano tali e quali. Stiamo perdendo un’occasione unica nella nostra storia.

Questi sono errori gravi che peseranno sulla nostra economia e avranno riflessi importanti sul piano finanziario internazionale.

Roma, 24/05/2023