Tutti “neri” e composti: il giuramento come un Cda
di Antonello Caporale | 14 FEBBRAIO 2021
Mario Draghi presta giuramento tre minuti prima delle dodici e l’anticipo sigilla – per gli ottimisti – il nuovo tempo che incombe. Nel salone delle feste del Quirinale, prima fila distanziata, ricompare però il trio Brunetta-Gelmini-Carfagna. Era dai tempi di Silvio unto del Signore che non facevano più gruppo assieme, ma l’esecutivo di salvezza nazionale, o anche dei “migliori”, ha dovuto subire, per via della forza gravitazionale della politica, un cambio di moto. Quindi il nuovo tempo si è fatto vecchio, e il cambio di guardia ha subìto inaspettati innesti.Questo non vuol dire che delle novità e anche rilevanti non ci siano state. Le mascherine, per la prima volta purtroppo a infierire sui volti, hanno coperto ogni segno di imbarazzo come di euforia, e il rito, efficientista nel tono e anche nella scenografia che non ha ammesso padri e madri e fratelli e mogli e figli al seguito dei neo ministri, ha attutito di molto il segno della festa e dato ritmo al cambio di passo. Ci è sembrato di notare che solo Luigi Di Maio, autore di una bella tripletta ministeriale, fosse assai sollevato nell’umore tanto da essere l’unico vispo nella compagine che origina dall’emergenza e dunque risulta virtuosa per principio. Cosicché, per esempio, sette delle otto ministre si sono presentate in tailleur con pantalone nero, e parevano tutte provenienti da Francoforte, dove ha sede la Bce, a confermare un già risolto clima tecnocratico dell’esecutivo. “Ho trovato tanta bella gente”, ha detto Patrizio Bianchi, più sciolto dei colleghi, economista e accademico di gran corso alla guida dell’Istruzione. Proprio Bianchi è il segno vivente che il tempo è cambiato. Ha saputo solo la sera precedente della nomina: “L’ho imparato ieri sera”, ha detto. È certo che il professore abbia voluto intenzionalmente incespicare nell’italiano e infatti nessuno ha obiettato perché questo resta pur sempre il governo dei migliori.La cerimonia, comprensiva della foto di gruppo, è stata rapida, come succede nei consigli di amministrazione. I grillini, che tre anni fa avevano raggiunto il Colle in pulmino e facendo una gran caciara, ora ne sono ridiscesi compostamente e silenziosamente nelle auto di servizio. La delegazione cinquestelle, in blu con lievi approssimazioni verso l’azzurro, aveva appena confermato davanti a Mattarella il timbro neo-efficientista della squadra. Tanto che Stefano Patuanelli, uno dei quattro salvati dalla selezione draghiana, si è presentato al tavolo del giuramento da neo ministro dell’Agricoltura recitando a memoria l’articolo della Costituzione. Solo Elena Bonetti, la renziana che un mese dopo aver fatto gli scatoloni si trova a doverli riaprire e ritornare nel luogo esatto dell’abbandono, lo ha imitato. Gli altri hanno letto. L’unico col trolley Vittorio Colao, anche l’unico a mettersi sull’attenti (per via della naja fatta come ufficiale dei carabinieri) al momento di giurare. I tre leghisti (Giorgetti, Garavaglia e Stefani) enormemente riflessivi. L’unica con le scarpe tigrate Fabiana Dadone, la più giovane del gruppo (37 anni contro un’età media di 55) destinata per competenza alle politiche giovanili. Nota trasgressiva proveniente da sinistra: due cravatte rosse, una delle quali indossata da Andrea Orlando, delegato al Lavoro.Nessuno ha incespicato, due hanno salutato con la mano sul cuore. Uno solo, Roberto Cingolani, il fisico chiamato a guidare il neonato ministero della Transizione ecologica, è risultato essere nel cuore di due partiti e dunque, oggettivamente, in una sorta di comproprietà. Infatti mentre su Facebook i grillini lo chiamavano “il nostro Elon Musk”, Matteo Renzi scriveva dell’antica amicizia che lo lega. Cingolani – colpito da tanto affetto – è rimasto in silenzio e amen.Quando tutto è finito, nemmeno un’ora dopo, e a Roma si respirava una bella aria di neve, la Volkswagen station wagon di Draghi ha raggiunto palazzo Chigi. Lo aspettavano Giuseppe Conte e la campanella per lo scambio di rito. Due minuti e nessun segno di emozione. Conte ha girato i tacchi e ha trovato la compagna Olivia Palladino ad attenderlo nel cortile. Fanfara di saluto, ma anche gli imprevisti applausi dei dipendenti alle finestre. E così – almeno per quel battimani – il tempo vecchio gli sarà parso nuovo. Poi però ad aspettarlo al cancello non più l’Audi presidenziale ma un’Alfa modestuccia e i lucciconi di Rocco Casalino.
l governo Dragarella
di Marco Travaglio | 14 FEBBRAIO 2021
Siccome ogni Restaurazione ha i suoi rituali, non avrebbe guastato se il governo Dragarella avesse giurato in uniforme da Congresso di Vienna: parrucche imbiancate con codini e fiocchi neri, volti incipriati e impomatati, marsine a coda, culotte, scarpe a punta. Invece i nuovi (si fa per dire) ministri erano tutti in borghese, per non farsi riconoscere. Avevamo promesso un giudizio sul governo quando ne avessimo visti i ministri (per il programma c’è tempo: uscirà dal cilindro di Super Mario un minuto prima della fiducia, o forse dopo, fa lo stesso: è il ritorno della democrazia dopo la feroce dittatura contiana, come direbbe Sabino Cassese). E il momento è arrivato.
Ministri. Il bottino di 209 miliardi del Recovery se lo pappano il premier, il suo amico Giorgetti (Mise) e i suoi tecnici, cioè gli uomini delle lobby: Franco (Mef e Bankitalia), Cingolani (renzian-leopoldino di Leonardo- Finmeccanica che Grillo ha scambiato per grillino) e Colao (Morgan Stanley, McKinsey, Omnitel, Vodafone, Rcs, Unilever, Verizon, con breve parentesi di incompetenza quando lo chiamò Conte per il piano-fuffa Fase-2 e ora tornato il genio di prima); più Giovannini (ottimo prof di statistica alle Infrastrutture). Del resto Draghi se ne infischia e lascia pasturare i partiti con i loro nanerottoli, scelti aumma aumma dai Quirinal Men: so’ criature.
Pandemia. Speranza resta alla Salute, per la gioia di Salvini e dei teorici della “dittatura sanitaria” e del “riaprire tutto”. Ma arriva la Gelmini alle Regioni al posto di Boccia, protagonista di epici scontri con gli sgovernatori. Sarà uno spasso vederla genuflessa alle loro mattane. Al suo fianco, come viceministro, vedremmo bene Bertolaso. E, commissario al posto di Arcuri, troppo efficiente sui vaccini, il mitico Gallera: era stanco, ma si sarà riposato.
Discontinuità. Undici ministri, la metà del governo Draghi, vengono dal Conte-2: i 9 confermati più Colao più il neotitolare dell’Istruzione Bianchi, capo della task force dell’Azzolina per la scuola (tecnico del congiuntivo, dice “speriamo che faremo bene”, ma non è grillino, quindi è licenza poetica). E ora chi la avverte la Concita del “basta ministri scadenti, arrivano quelli bravi”? Fatti fuori Conte, Bonafede, Gualtieri, Amendola e regalato il Recovery ai soliti noti, si digerisce tutto.
Cielle. I garruli squittii di Cassese a edicole unificate indicano che, dopo il lungo digiuno del Conte-1 e del Conte-2, qualche protégé l’ha piazzato. Tipo Marta Cartabia, Guardasigilli di scuola ciellina (come la ministra dell’Università, Cristina Messa), ma pure napolitaniana e mattarelliana, celebre per l’abilità di non dire nulla, ma di dirlo benissimo, fra gridolini estatici di giubilo.
Di lei si sa che sogna “una giustizia dal volto umano” (apperò) e una “pena che guarda al futuro” (urca). Ora, più prosaicamente, dovrà dare subito il parere del governo sul ritorno della prescrizione, previa seduta spiritica con Eleanor Roosevelt che – assicura il Corriere – è “tra le figure femminili ‘decisive’ per la sua formazione” (accipicchia).
Pd. Sistemati tutti i capicorrente Franceschini (al quinto governo), Guerini e Orlando, prende pure l’Istruzione con il finto tecnico Bianchi, due volte assessore dem in Emilia-Romagna: 4 ministri come il M5S, che però ha il doppio di seggi.
5Stelle. Machiavellici alla rovescia, sapevano che senza di loro il Pd e Leu si sarebbero sfilati e Draghi, per non finire ostaggio delle destre, avrebbe rinunciato. Bastava mettersi in attesa e, se proprio Grillo voleva entrare, dettare condizioni minime: Giustizia, Lavoro, Istruzione, Mise o Transizione Ecologica. Invece han detto subito di sì, presentandosi a Draghi con le brache calate e le mani alzate. E hanno ammainato le loro bandiere Bonafede, Azzolina e Catalfo (con Reddito e Inps). Risultato: SuperMario li ha sterminati e pure umiliati, con i pesanti ma inutili Esteri a Di Maio, Patuanelli degradato dal Mise all’Agricoltura, più i Rapporti col Parlamento e Politiche giovanili (sventata la Marina mercantile, ma solo perché non c’è più). Ciliegina sulla torta: la Transizione Ecologica, subito dimezzata, è finita a un renziano. Meno male che Draghi era grillino: figurarsi se non lo era. Insomma: aperta finalmente la scatoletta di tonno, i 5Stelle hanno scoperto che il tonno erano loro.
FI-Lega. Il capolavoro del Rignanese, prima di tramutare Iv da ago della bilancia a pelo superfluo, è aver riportato Salvini e B. al governo. Il resto l’han fatto Draghi e Mattarella, regalando alla destra un governo tutto nordista e i ministeri politici più lucrosi: Mise e Turismo (Giorgetti e Garavaglia), Pa (Brunetta), Regioni (Gelmini) e Sud (Carfagna, con i fondi di coesione Ue, nel fu serbatoio di voti dei 5Stelle).
Ps. Nota per gli storici della mutua che vaneggiano di “fallimento della politica come nel 1993 e nel 2011” e paragonano l’avvento di Draghi a quelli di Ciampi e Monti. Nel ‘93 Ciampi arrivò mentre gli italiani lanciavano le spugne ad Amato e Conso per il decreto Salvaladri e le monetine a Craxi per l’autorizzazione a procedere negata dal Parlamento al pool di Milano. Nel 2011 Monti arrivò mentre due ali di folla maledicevano B. che saliva al Quirinale a dimettersi e poi fuggiva dal retro dopo aver distrutto l’Italia per farsi gli affari suoi. Nel 2021 Draghi arriva mentre Conte esce da Palazzo Chigi a testa alta fra gli applausi e le lacrime. Mica male, per un fallito.
l giovane Consulente e il noto Personaggio: la crisi è un bel thriller
La riunione per farlo cadere
di Maurizio de Giovanni | 14 FEBBRAIO 2021