La curiosità nei confronti di Draghi, questo animale strano, conosciuto e ammirato nel mondo ma quasi ignorato nel Paese, si mescola a un senso di sicurezza: se è stato così bravo che tutti lo ammirano, farà bene anche da noi.
(di Stelio W. Venceslai)
Bene, salutato Conte, abbiamo un governo che dovrebbe avere una maggioranza spropositata. La politica, sconfitta, rende onore al vincitore.
Non abbiamo sofferto per la mancanza di un governo nella pienezza delle sue funzioni. Non abbiamo neppure pianto per l’assenza sugli schermi di Conte, l’enfatizzatore dei gerundi (stiamo facendo, stiamo pensando, stiamo lavorando).
La curiosità nei confronti di Draghi, questo animale strano, conosciuto e ammirato nel mondo ma quasi ignorato nel Paese, si mescola a un senso di sicurezza: se è stato così bravo che tutti lo ammirano, farà bene anche da noi.
Di fronte al disastro totale della politica nazionale, il Presidente della Repubblica ha visto giusto. Bisogna riconoscerlo: ha spiazzato tutti con un colpo di mano. Chi s’illudeva d’aver voce in capitolo, pensando a una fotocopia del Conte bis, si è dovuto ricredere.
Draghi, forte del mandato presidenziale e dell’aureola che lo circonda, non ha guardato in faccia nessuno. Ha ascoltato pretese, lamentazioni, anatemi, ne ha preso atto e ha deciso per conto suo. Non ha davanti un viottolo vuoto, ma un’autostrada. Se fallisce, resta in carica per le elezioni, c’è poco da scherzare.
Draghi è una persona seria o, meglio, normale, ma in questo mondo di chiacchieroni cretini, spicca come un’aquila senza voce. Non parla, non fa dichiarazioni, non si concede alla stampa, non scrive su Facebook o su Twitter, non indulge con i commentatori, schiva persino Vespa, che è tutto dire.
Un uomo serio al comando: un miracolo, con buona pace dei giornalisti che cercano d’interpretare il micron di un capello pur di dire qualcosa.
Si presenta al Parlamento con il nuovo governo. Tecnico, politico, o politico-tecnico? Sbizzarriamoci nella semantica del potere, ma è una questione inutile. Se il Parlamento approva, il governo c’è e opera, tecnico o politico che sia. Potrebbe essere azzurro o viola, ma non significa nulla, ciò che è importante è che funzioni.
Il governo composto da Draghi è stato dosato con cura: nessun leader di partito è diventato ministro, neppure Tajani. Ai posti chiave, solo gli uomini di cui si fida. Il resto, va ai politici che s’accontentano del titolo e capiscono poco. Mantenere Di Maio agli Esteri va benissimo, tanto quello è un Ministero spazzatura, e si fanno contenti Di Maio, Grillo e i 5Stelle. La politica estera vera la farà lui, Draghi.
La Carfagna, la Gelmini, il Brunetta: tutti posti importanti, ma è fumo negli occhi. Così, anche Forza Italia è sistemata. Pochi si rendono conto che i Ministri senza portafoglio (cioè, senza quattrini da spendere) non contano nulla. Fanno scena e basta.
Poi, c’è la “novità” del nuovo Ministero per la transizione ambientale, voluto da Grillo, che, come tutti sanno, è un famoso esperto di questioni ambientali. Peccato che non sia una novità.
Un Ministero del genere esiste da anni in Francia, con pochi quattrini e scarsi risultati, in Spagna e, credo in Portogallo, senza quattrini e senza risultati. Noi, in Italia, invece, da anni abbiamo un Ministero dell’Ambiente, sempre di gestione 5Stelle e un Ministero dell’Industria (idem), che poco o nulla hanno fatto in materia. Con il nuovo Ministero (un coordinatore?) ci sarà da ridere sulle competenze e molto da litigare.
Si parla molto d’ambiente. Va di moda, non c’è dubbio. M’immagino che dopo trent’anni il primo dossier che dovrà affrontare il nuovo Ministero sarà quello dell’ex ILVA di Taranto, dove la gente muore di tumore per effetto delle polveri e dell’inquinamento provocati dalle acciaierie. Il secondo dovrebbe essere quello della terra dei fuochi e dell’ecomafia. Fino ad ora nessuno ha fatto qualcosa. Se di questo non si occuperà il nuovo Ministero, a che mai potrà servire?
La transizione verso un mondo verde, come auspicato dall’Unione europea e com’è necessario, non è uno scherzo. Significa riconvertire tutto il nostro settore industriale, già disastrato, e parte di quello agricolo, verso nuovi orizzonti, ma occorre cominciare dalle piaghe più purulente, altrimenti si fanno solo dei bei discorsi.
La fiducia che riscuote Draghi, come Presidente del Consiglio, è un riflesso di quella di cui gode nel mondo. Draghi fa una grande scommessa con se stesso e con l’Italia. Mi auguro che possa vincerla, a dispetto di quella massa di cialtroni e di bugiardi inaffidabili che ci ha governato (si fa per dire) sino ad ora.
Il Parlamento, almeno a parole, è ai suoi piedi. Dietro, ci sono il Presidente della Repubblica e il consenso dell’Europa e del mondo internazionale degli affari. Ci sarebbero tutte le condizioni per riuscire.
Quest’anno ci sarà, in primavera, il G5, un’assise importante che sarà presieduta dall’Italia, non per meriti ma per turno. Sarà un’occasione cruciale per fare un po’ di politica estera e di politica economica internazionale, per esporre le nostre idee sul rilancio dell’economia europea grazie al Recovery Fund, sui rapporti Est-Ovest e sulle relazioni con la Cina Popolare.
Sempre quest’anno, verso giugno, a Glasgow, ci sarà un incontro a livello mondiale sull’ambiente, che dovrebbe replicare l’esperienza della conferenza di Parigi di qualche anno fa, quando si raggiunse un accordo per la riduzione delle emissioni inquinanti. Coordinatori sono l’Italia e il Regno Unito. È un impegno estremamente importante, dopo il programma ambientale dell’Unione europea e il ritorno degli Stati Uniti di Biden su questo tema.
Draghi non potrà sottrarsi a questi appuntamenti. Sarà affiancato dal nostro Ministro degli Esteri, ma questi non gli darà ombra, né la piattaforma Rosseau potrà essere d’aiuto a Di Maio. Però, potrà fare bella figura. In fondo, è proprio ciò che conta.