sabato, 15 Marzo 2025
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IL MEGLIO E IL PEGGIO DAI GIORNALI DI OGGI

Non solo Graviano, altri 3 boss chiedono il permesso premio

Non solo Graviano, altri 3 boss chiedono il permesso premio

Rifiuti – In diversi casi, come a Sassari, si è detto nodi  | 27 FEBBRAIO 2021

La richiesta del boss della mafia recluso al regime di isolamento del 41-bis Filippo Graviano per ottenere il permesso premio non è l’unica. Solo nel carcere di L’Aquila, al Fatto Quotidiano risultano altre tre richieste di permesso premio da parte di boss detenuti al 41-bis.

Il primo è Maurizio Capoluongo, 59 anni boss di San Cipriano d’Aversa dalla fine degli anni Ottanta, vicino a Michele Zagaria, recluso al 41-bis. Capoluongo ha chiesto un permesso ad agosto, ma pur non avendo avuto risposta sa che comunque uscirà tra sei mesi per fine pena.

Più lontana la libertà per Giuseppe D’Agostino, 51 anni, boss della camorra salernitana. Ha chiesto un permesso di tre giorni il 23 settembre scorso. Dovrebbe uscire comunque per fine pena nel 2023.

Pasquale Gallo, 64 anni, detto “’O Bellillo”, boss di Torre Annunziata che per anni ha conteso lo scettro a Valentino Gionta, ha fatto richiesta di permesso il 17 ottobre del 2020. Gallo in cella ha preso tre lauree magistrali e l’istanza l’ha scritta da solo. Si accontenterebbe di 8 ore di permesso.

L’Aquila è l’epicentro del 41-bis: sono 167 in tutto i reclusi con questo regime.

Ma anche a Sassari, dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha di fatto eliminato l’articolo 4 bis che prima vietava i permessi ai boss, si sta alzando l’onda delle richieste. Come è noto non è andata bene a Pasquale Apicella, 52 anni, detto “’o Bellomm”, vicino al clan dei Casalesi. Anche lui, nonostante sia detenuto al 41-bis, ha chiesto il permesso, negato dal tribunale. Apicella ha fatto ricorso in Cassazione e la Suprema Corte ha riconosciuto che la motivazione del Tribunale era sbagliata. Non si può escludere il permesso per i boss al 41-bis automaticamente solo perché quel regime “sarebbe stato vanificato da un permesso-premio”. Ci vuole qualcosa di più per dire no.

Così a Sassari, un altro ‘casalese’, cioè Vincenzo Zagaria (non parente di Michele)recluso al 41-bis, ci ha riprovato, ma il Tribunale di Sorveglianza di Sassari non ha cambiato linea. Il 41-bis “non avrebbe più alcun senso – per i giudici di Sassari – se il detenuto sottoposto al regime penitenziario differenziato potesse uscire dal carcere per tenere rapporti anche fisici con i propri familiari e conviventi (…) ne discende che fin tanto che Vincenzo Zagaria rimarrà sottoposto al regime sanzionatorio differenziato di fatto non potrà mai avere accesso al beneficio premiale invocato”.

Le richieste sono basate sul cambiamento di personalità e sul comportamento corretto in carcere. La dissociazione è la nuova frontiera. Per ora compare nella richiesta di Filippo Graviano, classe 1961, recluso dal 1994. Il boss palermitano ha presentato la sua richiesta, scritta dall’avvocato Carla Archilei, il 5 gennaio del 2021. Graviano chiede un giorno di permesso.

Il boss (condannato come mandante per le stragi del 1992 e del 1993 e per l’uccisione del beato don Pino Puglisi) come gli altri boss fa leva sulla sentenza della Corte costituzionale n. 253 del 2019, presidente Giorgio Lattanzi, redattore Nicolò Zanon, membro della Corte, con Giuliano Amato e altri anche Marta Cartabia.

La sentenza ha dichiarato incostituzionale l’articolo 4 bis dell’Ordinamento penitenziario nel punto in cui di fatto impedisce che un mafioso possa accedere ai permessi premio se non collabora.

Marta Cartabia, poi presidente della Corte, ora è ministro della Giustizia e per uno dei suoi primi appuntamenti istituzionali ha incontrato il Garante nazionale dei detenuti, Mauro Palma, lanciando un segnale preciso.

Filippo Graviano cita la sentenza ma nell’istanza si autocita con un passo della sua dichiarazione del 6 maggio 2010, quando era detenuto a Parma. Già allora vantava con i magistrati il suo cambiamento e scriveva che “la conclusione del suddetto percorso è la mia dissociazione dall’organizzazione criminale”. Filippo Graviano si dice cambiato. “Le motivazioni del mio miglioramento – scrive il boss – possono essere attribuite alla mia predisposizione al cambiamento”.

Conte teme una “slavina” dei 5Stelle. Grillo vuole affidargli la rifondazione

Conte teme una “slavina” dei 5Stelle. Grillo vuole affidargli la rifondazione

“Conclave” a rischio – L’incontro di domani in bilico per fuga di notizie. Il Garante s’infuria, ma si cerca un’altra sede (e data)

di  | 27 FEBBRAIO 2021

Il M5S che ogni giorno perde qualche parlamentare sembra una novella di Pirandello: così è se vi (e gli) pare. Non ha ordine e solo residui di identità, il Movimento che Luigi Di Maio ora vorrebbe “moderato e liberale”. E questa confusione con morti e feriti (politici) a profusione non può piacere a Giuseppe Conte: “Molto ma molto perplesso”, raccontano, dalla situazione in cui versano i 5Stelle. Teme una frana, “una slavina” che travolga il partito. E per evitarla, dubbi permettendo, pensa a un totale riassetto del M5S, partendo dallo “spalancarne le porte” alla società civile. Idee che sono le sue condizioni, per accettare di entrare nel Movimento e diventarne di fatto il capo. Proprio come gli chiede da settimaneBeppe Grillo: pronto a dargli mano libera. Per questo ieri mattina il Garante si infuria, perché qualcuno ha raccontato alla stampa del vertice che doveva tenersi domani nella sua casa toscana a Marina di Bibbona. Nei piani una riunione decisiva, con il Garante, una dozzina di 5Stelle di peso(da Di Maio a Roberto Fico fino a Stefano Patuanelli, Paola Taverna e Alfonso Bonafede) e soprattutto Conte, l’uomo da convincere a ogni costo. Ma qualcuno ha parlato, “anche se lo sapevano in pochissimi” sussurrano dai vertici. “Di ciò di cui non si può parlare si deve tacere” twitta Grillo citando Wittgenstein: “furibondo”, giurano.

Così il vertice salta: o almeno questa è la versione ufficiale. Ma da ambienti vicini all’ex premier dicono che la riunione si terrà ugualmente a stretto giro. Magari altrove, quindi non nella villa in riva al mare dove nell’estate del 2019 Grillo spiegò ai big del M5S che bisognava costruire un nuovo governo con il Pd, e pazienza se Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista la pensavano diversamente. E altre fonti confermano che l’incontro potrebbe tenersi da qui a due o tre giorni.

Nell’attesa ci sarebbe già la formula per fare dell’avvocato il perno dei 5Stelle: nominarlo capo o segretario, affiancandogli l’organo collegiale a cinque appena inserito nello Statuto, ma per cui vanno ancora aperte le candidature. Però prima bisogna mettersi al tavolo con l’ex premier, che dopo l’apertura dei giorni scorsi è di nuovo incerto. “In queste condizioni non so neanche io se accetterei” ammette un contiano di ferro. Mentre alcuni parlamentari sulle agenzie rumoreggiano contro il caminetto dei big, “perché a cosa è servito fare ugli Stati generali se poi la linea cambia nel fine settimana a Bibbona?” obietta il deputato Francesco Berti, vicino a Davide Casaleggio.

E proprio il patron della piattaforma web manda email ai parlamentari sui versamenti e annuncia per il fine settimana due giorni di “incontri con la base per il tour digitale di Rousseau, gli unici suoi impegni per il weekend”. Tradotto, al vertice non l’hanno chiamato. E a occhio non ha gradito, l’erede di Gianroberto: consapevole, forse, che tra le condizioni per prendersi il M5S Conte ha posto anche un ripensamento del rapporto con Rousseau. L’ avvocato non vuole più vedere questa eterna guerra tra i grillini eletti e la casa madre di Milano sui soldi delle restituzioni. “Conte non ha nulla contro Casaleggio ma vuole un sistema più semplice, senza queste continui liti” spiegano. Intende ancora puntare sulla democrazia diretta, ma anche su questo fronte vuole allargare le porte, rispetto all’attuale piattaforma. Con molti più iscritti e meno filtri. Un’istanza che incrocia il voto degli iscritti negli Stati generali, che hanno autorizzato il M5S a ridefinire i rapporti con Rousseau con un contratto di servizio. Ovvero a tenerla fuori della porta come un fornitore esterno di servizi, ammesso che Casaleggio e i 5Stelle trovino un’intesa economica. “Beppe sta cercando di mediare, in tutti i modi” giurano un paio di fonti di peso.

Il Garante non vuole una rottura traumatica. Ma è difficile trovare un punto di caduta, perché tutto è complicato nel M5S attuale. Per esempio, in queste ore si sta cercando di recuperare alcuni degli espulsi dai gruppi parlamentari, che ieri hanno ricevuto l‘avviso dell’apertura di procedimento da parte dei probiviri. E la via è nelle Statuto del M5S, che prevede la possibilità di una grazia da parte del Garante, cioè di Grillo. “È riservata al Garante la possibilità di revocare l’espulsione” recita l’articolo 11. Per questo, ad alcuni è stato suggerito di sentire il fondatore, e di dare segnali pubblici di “ravvedimento”. Un’altra strada impervia, per il Movimento appeso a un sì: quello di Conte.

Pinocchiocrazia

di  | 27 FEBBRAIO 2021

Al netto di tutti i Peggiori che lo compongono, l’aspetto peggiore del Governo dei Migliori è che d’ora in poi nessuno crederà più alla parola di alcun politico. Non che prima la categoria apparisse granché sincera, ma qualcuno ancora si salvava. Per esempio, Mattarella: ora, dopo aver detto e fatto filtrare mille volte “dopo Conte c’è solo il voto” e averci poi regalato Draghi&C., fa onore al suo predecessore Napolitano, che giurò e spergiurò “no al secondo mandato” e poi si fece rieleggere dopo lunghi tormenti durati 10 minuti. Pensate poi a tutte le campagne del centrosinistra contro la Lega fascista, razzista, sovranista, populista, lepenista, orbanista, trumpista, bolsonarista, casapoundista ecc.: ora gli ex partigiani del Pd e LeU ci governano insieme e devono ringraziare la Meloni che s’è tirata via. Tutto ciò che avevano detto di Salvini (e dei 5Stelle suoi “complici” nel Conte-1) era pura propaganda e, si spera, eviteranno di ripeterlo alle prossime elezioni. Idem per le tirate del Cazzaro Verde contro la sinistra che tradisce i sacri confini e fa i soldi coi migranti, anzi va a prenderli in Africa. E per i 5Stelle, che almeno un limite se l’erano dato: tutti, ma non B. Infatti governano con B. e digeriscono senza neppure un ruttino il suo avvocato Sisto sottosegretario alla Giustizia (dove non hanno neppure tentato di far confermare Bonafede) e il suo prestanome all’Editoria.

Gli unici che possono dire qualcosa agli elettori senza essere sputacchiati sono – come ha scritto Moni Ovadia – la Meloni e Fratoianni. Ai quali aggiungerei i “dissidenti”, anzi i coerenti 5Stelle che si son fatti espellere pur di non ingoiare il rospo. Ma anche un altro personaggio. Quello che si “candida al Senato alle suppletive di Sassari per blindare il suo governo” (Repubblica, 5.6). Vuole “un ministero o il suo partito per restare in gioco” (Giornale, 4.2). Anzi “Draghi lo nomina commissario europeo” (Repubblica, 4.2). “Ministro degli Esteri o vicepremier nel governo Draghi” (Tpi, 4.2). “Punta alla Nato” (Libero, 6.2). “Cerca protezioni con Casalino per sopravvivere alla caduta” (Domani, 4.2). “Potrebbe correre a sindaco di Roma” (Repubblica, 4.2). “Mendica poltrone: ministro o sindaco di Roma” (Giornale, 7.2). “Cerca poltrone ma perde pure la cattedra” (Giornale, 11.2). “Correrà alle suppletive di Siena per entrare alla Camera” (Corriere, 9.2). “Cerca un’exit strategy: ministro, sindaco o presidente M5S” (Domani, 9.2). “Diventa un caso umano: che fare di lui?”, “Le paturnie del Conte in cerca di poltrona (Verità, 10.2). Lui è interessato a restare in politica, ma dice: “Non cerco poltrone, torno a fare il professore”. E tutti giù a ridere. Ieri ha tenuto la sua prima lezione all’Università di Firenze.

Salvini, B. e Meloni: il governo Draghi ingrassa tutta la destra

Salvini, B. e Meloni: il governo Draghi ingrassa tutta la destra

Benefici – Padani, azzurri e camerati: l’esecutivo dei migliori è la salvezza per la propria ditta. Il disastro Bonaccini

di  | 27 FEBBRAIO 2021

C’è già chi aumenta di peso e chi dimagrisce dopo l’avvio dell’esecutivo Draghi. Il governo di salvezza nazionale per alcuni, e qui è una questione di vero talento, si traduce nella salvezza della propria ditta. Per altri invece nella disgrazia. In mezzo chi provvede alla fuga solitaria. Di seguito, i volti e le azioni di quelli che più si sono distinti.

Giorgia Meloni (+++)

Mirabile nel districarsi dall’orda dei salvatori della Patria, si è fatta di lato investendo nella rendita parassitaria di opposizione. Picco di popolarità grazie agli insulti violenti di alcuni professori di sinistra. Solidarietà universale a lei, riprovazione universale ai prof. Uguale misura di concordia nazionale non si è avuta quando era lei a insultare e altri, non del suo rango, a essere insultati. La Meloni è come un Bot a interessi bassi ma costanti. Cresce di poco, ma sempre.

Matteo Salvini (+++)

Era fuori dalla barca, con l’acqua che gli stava arrivando al collo. Raccolto e rifocillato, si è sistemato a prua. Travestitosi da europeista, fa il padano di lotta, mentre Giorgetti è il padano di governo. Insieme fanno la Lega. Perfetto nella dislocazione dei sottosegretari. Ha mirato al sodo, cioè ai ministeri di spesa: il suo partito, fino a poche settimane fa in caduta libera, ha ripreso colorito.

Silvio Berlusconi (+++)

Riparato all’estero, riesce con maestria a cavare oro dalle rape. Ha ottenuto tutto ciò che mai avrebbe immaginato. Tre ministeri e per Mediaset la delega all’Editoria. Il suo avvocato alla Giustizia. FI non esisteva più, ora è risorta. Miracolo.

Matteo Renzi (+)

Voleva far fuori Conte e ci è riuscito. Ora vaga nel centro indistinto e deve trovare qualche alleato scavezzacollo per superare lo sbarramento della nuova legge elettorale. Ha puntato su FI, ma quelli – capito il soggetto – se la stanno dando a gambe. Calenda non lo vuole più come partner. Gli restano Bellanova e Scalfarotto.

I ministri del Pd (—)

Tre maschi, tre capicorrente, tre fantuttoni. Sempre in groppa al cavallo vincente hanno dimostrato al Pd l’efficacia della teoria della prevalenza del particulare grazie alla quale la regola è capovolta: squadra che perde non si cambia. Mai.

Stefano Bonaccini (—)

Esempio di sfasciacarrozze. Punta a far fuori Zingaretti e pur di riuscirci fa come Renzi con Conte: ne inventa una al giorno. A settembre, prima della seconda ondata, voleva riaprire gli stadi. Qualche giorno fa i ristoranti, come Salvini. Ieri ha detto di prepararci alla terza ondata. Per domani ha già qualche idea. Ma aspetta la tv.

Nicola Zingaretti (–)

È alla curva finale. Qualche altro giorno e cederà di schianto. Arrabbiato e un po’ depresso, ancora non si capacita che il Pd sia quell’accozzaglia di correnti di cui gli parlava Lucio Caracciolo. Ha creduto di fare del suo meglio, ma è venuto fuori il peggio.

Luigi Di Maio (—)

Propone ai 5stelle – infiacchiti nel morale – di edificare su zolle nuove il glorioso Pli di Malagodi e Altissimo. Un movimento liberale, europeista, bene educato e con la cravatta. Intanto si è fregato tutti i sottosegretari. In controluce si intravede una chiara attività di spurgo. L’intento sembra infatti quello di alleggerire il M5S di ogni capellone cosicché il 15 o anche solo il 10% possa essere la cifra rispettabile e il gruzzoletto ragionevole per stare nel futuro al centro del centro della scena. E – va da sé – sempre in auto blu.

Beppe Grillo (–)

Tentando di dare ordine al caos, sta provocando la più grave crisi di nervi della storia dell’umanità. I 5S camminano rasenti i muri, nel terrore che qualcosa di brutto, che ancora non è loro accaduto, accadrà. Gli espulsi stanno pregando la Beata Vergine perché interceda e restituisca loro Casaleggio almeno in sogno.