È successo oggi
Opinioni e appetizioni
Io ogni tanto ve lo ricordo: prendete i libri editi da Nino Aragno, il miglior editore d’Italia. L’ultimo è intitolato Enchiridion, cioè Manuale, il manuale dei pensieri di Epitteto raccolti dallo scrittore e discepolo Arriano (Epitteto non ha buttato un minuto del suo tempo per scrivere). Qui è nel gioiello della traduzione di Giacomo Leopardi, anno 1825. La partenza è folgorante. Non tutto, dice Epitteto, è in nostro potere. Sono in nostro potere «l’opinione, il movimento dell’animo, l’appetizione, l’aversione…». Non sono in nostro potere «il corpo, gli averi, la riputazione, i magistrati (cioè le cariche pubbliche, ndr)…». Stavo leggendo questo magnifico incipit quando mi è cascato addosso il Matteo Salvini quotidiano, produttore del
Mario Draghi, forse avveduto della agevole disponibilità di opinioni e appetizioni, e dello scialo che se ne fa, ha risposto che il pensabile e l’impensabile dipendono dai numeri. Il Covid, eccolo il punto, non è così sensibile alle opinioni e alle appetizioni di Salvini, né di chiunque altro, e ci dimostra da un anno abbondante che consideriamo in nostro possesso il corpo, gli averi, la riputazione e le cariche pubbliche, ma non sono in nostro possesso né in nostro potere. Ne discende frustrazione, e poi ce la prendiamo con gli uomini e con gli dei. Il problema è saperlo e comprenderlo, altrimenti, spiega più avanti Epitteto, diventa impossibile individuare delle nostre vite il nemico più insidioso: lo sciocco che è in noi. E che twitta tutto il giorno, accidenti.
La polemica
L’ex ministra Azzolina: “Il mio stalker ‘assunto’ nell’ufficio del sottosegretario leghista Sasso”
Padova
Due bimbe nate con anticorpi contro il Covid: le mamme avevano fatto vaccino
Campania
Sputnik, De Luca ringrazia l’ambasciata a Mosca. Zaia attacca: “Non è grappa”
Il caso
Gatta cacciata dal treno (poi ritrovata): grillina Torto presenta un’interrogazione in Parlamento
Reali
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Buongiorno. Il governo aveva un “tesoretto” da spendere grazie ai miglioramenti della curva epidemiologica, e ha fatto una scelta precisa: l’ha investito sulla scuola, mentre le attività economiche continueranno a scontare divieti e chiusure per tutto il mese di aprile. A tornare in classe, dopo Pasqua, saranno gli studenti fino alla prima media, anche nelle zone rosse: per gli altri resta la Dad. Non ci sarà, per ora, il ricorso a test settimanali, “se non in alcuni casi e dove sarà possibile”.Mario Draghi, dunque, ha dato seguito all’impegno di fare della scuola la priorità e ha fatto capire che questo è solo l’inizio: “Le scelte dei governatori dovranno essere riconsiderate alla luce dell’affermazione del governo che la scuola in presenza è obiettivo primario della politica del governo”, ha detto il presidente del Consiglio nella conferenza stampa di ieri. “Abbiamo guadagnato uno spazio per riaprire qualcosa ed è la scuola”, conferma il portavoce del Comitato tecnico scientifico Silvio Brusaferro.Quello spazio il centrodestra — il suo leader Salvini, i suoi ministri e i suoi presidenti di Regione — avrebbero voluto usarlo per far riaprire gradualmente alcune attività, per esempio bar e ristoranti a pranzo nelle zone meno contagiate, ma questa linea non è passata. Non solo a Pasqua — qui il quadro delle regole: dove si può andare e dove no — ma per l’intero mese prossimo tutta Italia resterà arancione o rossa e i ponti del 25 aprile e del 1° maggio saranno blindati, con possibile arrossamento dell’intero Paese.Nel frattempo, in base al monitoraggio settimanale dei dati, da lunedì la cartina si aggiorna così: Calabria, Toscana e Val d’Aosta raggiungono in zona rossa Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Trentino e Veneto; torna invece arancione (da martedì) il Lazio, che si aggiunge ad Abruzzo, Alto Adige-Südtirol, Basilicata, Liguria, Molise, Sardegna, Sicilia e Umbria.Prima la scuola poi i bar, dunque. Sul piano politico, la distanza tra Salvini e Draghi è stata marcata da entrambi in modo plateale. Mentre il premier parlava, il capo della Lega protestava: “È impensabile tenere chiusa l’Italia anche per tutto il mese di aprile. Nel nome del buonsenso, e soprattutto dei dati medici e scientifici, chiediamo che dal 7 aprile, almeno nelle regioni e nelle città con situazione sanitaria sotto controllo, si riaprano, ovviamente in sicurezza, le attività chiuse e si ritorni alla vita a partire da ristoranti, teatri, palestre, cinema, bar, oratori, negozi”. La risposta di Draghi è stata sorridente ma netta: “Le chiusure sono pensabili o impensabili solo in base ai dati che vediamo”. Non solo: “Le misure hanno dimostrato nel corso di un anno e mezzo di non essere campate per aria”, che suona come una approvazione delle scelte del governo Conte 2 ancora più disturbante per Salvini. E ancora: “È desiderabile riaprire, la decisione se farlo o meno dipende dai dati”.I dati dicono che ieri i morti sono stati 457 e il tasso di positività resta al 6,8%. Brusaferro riassume così lo “spazio” che si è creato per la scuola ma non ancora per il resto: “La crescita dell’incidenza si è fermata, ora siamo a 247 casi ogni 100 mila abitanti rispetto ai 270 su 100 mila della settimana precedente. Osserviamo un lieve calo dell’Rt, da 1.16 a 1.08. Ma siamo ancora sopra l’unità, mentre per iniziare a essere più tranquilli dovremmo arrivare a un valore significativamente inferiore a 1”.— Un’altra novità importante annunciata dal presidente del Consiglio è che il governo interverrà con un decreto per stoppare medici e operatori sanitari che rifiutano di vaccinarsi: “Non va bene che siano a contatto con malati”. Per evitarlo, cambieranno mansioni o andranno incontro a sanzioni come la sospensione. Ma per restare accanto ai pazienti dovranno vaccinarsi. Allo studio, per contro, uno scudo penale che protegga i somministratori di vaccini da indagini e processi.— Draghi ha anche spiegato perché Sputnik sarà pure efficace ma l’idea di usarlo per ora è una bufala, spacciata prima dalla Lombardia e ora dalla Campania: “Starei attento a fare contratti perché possono produrre massimo 55 milioni di dosi, di cui il 40% in Russia e il resto all’estero. E il vaccino è in due dosi e all’Ema non è stata ancora presentata formale domanda e non si prevede che si pronunci prima di tre o quattro mesi. Se va bene sarebbe disponibile nella seconda parte dell’anno”.Sui vaccini ci sono poi due storie da segnalare:— Una pro vax, bella, da Padova, dove due bambine, Anna e Valentina, sono nate con gli anticorpi contro il Covid. È successo perché le loro mamme, due dottoresse, si erano vaccinate all’inizio dell’anno, durante la gravidanza, con Pfizer e Moderna, e hanno trasmesso l’immunità alle figlie. È il primo caso in Italia.— L’altra storia, anti vax, è grottesca: il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, noto per le maxi inchieste e i maxi processi alla ‘ndrangheta, si è infilato in un maxi pasticcio firmando la prefazione a un libro che esprime, a quanto pare, posizioni negazioniste. Il notissimo magistrato dice di essere assolutamente pro vax e di essersi già vaccinato. E intanto conferma che si candiderà a succedere a Francesco Greco come procuratore capo di Milano.Altre cose importanti:— Dall’Istat arriva la conferma che la pandemia ha dato un altro colpo alla nostra dinamica demografica, con un saldo negativo tra nascite e morti di 342 mila unità nel 2020. Dall’Unità d’Italia era andata peggio una sola volta, nel 1918, con un saldo risultò negativo di 648 mila unità causato dall’influenza Spagnola.— Poi la politica, perché si delinea una dialettica vivace tra la Lega di lotta e di governo e il Pd di Letta e di governo, con Draghi ovviamente in mezzo. La Lega spera di lucrare sia dall’assunzione di responsabilità decisa con la partecipazione all’unità nazionale sia col ruolo di poliziotto buono che vorrebbe riaprire tutto e contesta i divieti, con ciò marcando Fratelli d’Italia che cerca di drenare consensi da destra. Il Pd del nuovo segretario promette di contestare sistematicamente questa “doppiezza”: “Se la Lega vuole stare in questo governo deve smetterla di dire una cosa e farne un’altra”, ha detto Letta a Otto e mezzo.Il nuovo corso dei democratici ha archiviato le nostalgie per il Conte 2 e punta dunque a una identificazione col premier che sottolinei gli imbarazzi leghisti. A loro agio sembrano ora anche i 5 Stelle, con Grillo che continua a elogiare Draghi e a esprimere, scrive Massimo Franco, “l’esigenza di assumere atteggiamenti e valori più moderati. La domanda è se sono ritenuti credibili, e se arrivano in tempo”. Per ora i due partiti sono premiati da una ripresa nei consensi attestata dal nuovo sondaggio Ipsos (che trovate sul sito): il Pd sale al 20,3%, il M5s al 18, di nuovo terzo scavalcando Fratelli d’Italia (17,2%). La Lega resta prima anche se scende al 22,5%. Da notare che il fronte salviniano e la somma dei partiti anti-salviniani hanno entrambi circa il 47%: la differenza è che uno resta un fronte nonostante la divaricazione sul governo, l’altro non lo è nonostante un quasi unanime appoggio a Draghi. L’obiettivo ribadito da Letta è rendere la somma un’alleanza.Dall’estero:— Joe Biden ha invitato Vladimir Putin e Xi Jinping al summit virtuale sul clima che si svolgerà in aprile in occasione della Giornata della Terra. Una mossa distensiva dell’americano verso il russo, che ha appena definito killer, e il cinese, che certo non stima molto di più. Secondo il Financial Times, “l’America teme che la Cina stia accarezzando l’idea di assumere il controllo di Taiwan”. Ieri 20 aerei cinesi hanno effettuato un maxi-blitz nella zona di identificazione della difesa aerea dell’isola, che Pechino considera sua e che invece vorrebbe tanto starsene in pace e per conto suo. Sull’aggressività di Pechino, basterebbe la rappresaglia contro H&M raccontata da Guido Santevecchi. Su come lo scontro con l’Occidente può articolarsi nei prossimi decenni, può servire uno sguardo alla nostra Rassegna stampa.— La Corte costituzionale tedesca ha bloccato il Recovery Fund, per un ricorso di un leader dell’estrema destra. Sono i sussulti della vecchia Germania dopo la svolta paneuropea impressa da Angela Merkel sulla spinta del virus. Ma ora anche la cancelliera tentenna, su vari fronti: sotto trovate l’analisi di Danilo Taino, scritta appositamente per Prima Ora.— Da leggere: il nuovo numero di 7, con l’intervista alla grande saggista americana Rebecca Solnit, o il racconto di Alessandro Piperno sulla paura. E il lancio della nuova inchiesta della 27esima ora. Parla del diritto delle donne di uscire per strada da sole la sera senza temere nulla. Tra tutte le lettrici che hanno risposto al sondaggio, scrivono Chiara Severgnini e Irene Soave, nessuna ha scelto l’opzione “No, non ho mai paura”. Ma tutte sono decise a reagire. Come i giovani delle periferie descritti da Saviano, altra perla del nostro magazine che trovate sotto.Lo sport:— I prossimi tre campionati di Serie A li vedremo su Dazn, che ha battuto Sky nella corsa ai diritti tv. Pagherà 840 milioni ma gestirà la gigantesca torta con Tim. È una svolta per il più grande spettacolo sportivo di questo Paese, in un momento in cul il calcio, senza pubblico, è devastato dalla pandemia. Cosa succederà sulle nostre tv e i nostri device lo spiega Fabio Savelli.— “La Ferrari continua a crescere”, scrive Daniele Sparisci dal Bahrein, dove ieri sono cominciate le prove del primo Gran Premio della stagione. Ma niente illusioni: “Non corre per vincere in questa stagione”, ma ” per ritornare sul podio in pianta stabile”.— Da ascoltare: l’appuntamento del sabato di Corriere Daily — lo potete sentire qui — con l’Ammazzacaffè di Massimo Gramellini, che rilegge alcuni dei suoi Caffè quotidiani alla luce dei commenti che ha ricevuto. Nel podcast si (ri)parla di Vincenzo Agostino, Guido Bertolaso e dell’operatore sanitario di Lavagna che non si è vaccinato e ha infettato i pazienti.— Da guardare: i film in streaming che vi consiglia Paolo Baldini nella sua CineBussola.— Da mangiare: la torta “rovesciata” alle pere, con la ricetta di Angela Frenda.Sotto, gli approfondimenti: solo per Prima Ora, oltre a Taino, c’è un grande Paolo Di Stefano su Dante. |
Le Sezioni Unite della Cassazione rigettano il ricorso
Omicidio Don Peppe Diana, Nunzio De Falco dovrà scontare l’ergastolo
Vito Califano — 25 Marzo 2021 AdnKronos
Nunzio De Falco dovrà scontare l’ergastolo per l’omicidio di don Peppe Diana. Rigettato da parte delle Sezioni Unite della Cassazione il ricorso di De Falco. È stato stabilito che la condizione di commutazione dell’ergastolo ha effetto solo su quello inflitto nella procedura per la quale è concessa l’estradizione condizionata e non anche sull’ulteriore ergastolo inflitto in altra procedura, nel cui ambito è concessa l’estradizione non condizionata.
Don Peppe Diana, prete anti-camorra, la mattina del 19 marzo 1994, veniva assassinato nella sacrestia di San Nicola di Bari a Casal di Principe, poco prima della celebrazione della messa. Cinque i colpi di pistola: due alla testa, uno al volto, uno alla mano e uno al collo. Don Diana morì sul colpo. Giuseppe Quadrano, esecutore materiale dell’omicidio, ha ricevuto una condanna a 14 anni dopo aver cominciato a collaborare con la Giustizia. La Cassazione ha condannato all’ergastolo come coautori del delitto Mario Santoro e Francesco Piacenti.
Nunzio De Falco, il mandante, detto o’lupo, fratello di Vincenzo De Falco, apparteneva al clan dei Casalesi. Il fratello fu ucciso in una faida interna nel 1991. È stato arrestato nel novembre 1997 in Spagna dopo una breve latitanza. Inizialmente provò a depistare le indagini sul boss rivale Francesco Schiavone. L’ergastolo, confermato sia in appello che in Cassazione, dopo le rivelazioni di Quadrano.
De Falco aveva chiesto alla Corte di Assise di commutare in pena temporanea l’ergastolo per l’omicidio Iovine, in quanto estradato in Italia a condizione che non venisse inflitto l’ergastolo, e di estendere tale condizione anche all’ergastolo per il caso Diana, per il quale c’era stata estradizione non condizionata.
La Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere, come ricostruisce AdnKronos, aveva commutato l’ergastolo per l’omicidio Iovane in trent’anni di reclusione e rigettato la richiesta di commutazione in pena temporanea dell’ergastolo riportato per l’omicidio Diana. La Prima sezione penale della Corte di Cassazione, dopo il ricorso di De Falco, aveva rilevato un contrasto di giurisprudenza rispetto alla possibilità che la commutazione dell’ergastolo, disposta per la condizione apposta con l’estradizione, impedisca l’esecuzione di altro ergastolo. Le Sezioni Unite hanno rigettato il ricorso di De Falco.
Attali: “Il futuro dei media sarà ibrido. I Big Tech rispettino le regole della concorrenza”
26 MARZO 2021
Parla l’intellettuale francese, ex consigliere di Mitterrand. “Se non si vuole scomparire bisogna diventare globali. La carta stampata si sta già reinventando con podcast, newsletter, videoinchieste, servizi ai lettori sempre più multimediali. I social ormai fanno un servizio pubblico e quindi devono piegarsi a regole per garantire la collettività”
DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE ANAIS GINORI
PARIGI – “Il futuro dei media sarà ibrido”. Jacques Attali è un lettore compulsivo di giornali. Nel suo nuovo saggio, Histoire des Médias, l’intellettuale francese, già consigliere di François Mitterrand e poi vicino a tanti altri presidenti, compreso Emmanuel Macron, ripercorre la grande avventura dell’informazione. Dai segnali di fumo agli algoritmi, da Gutenberg agli ologrammi. Attali parla delle prossime innovazioni tecnologiche ma lancia anche un appello ai governi per difendere gli editori contro l’oligopolio dei Big Tech: “Biden deve smantellare Google, Facebook e gli altri dividendoli in diversi rami di attività per ripristinare le regole della concorrenza”.
I media, come lei racconta, hanno già vissuto altre trasformazioni. Cosa c’è oggi di tanto diverso?
“Il primo dei media, la carta stampata, temeva di morire quando arrivò la radio. E poi di nuovo quando cominciò la televisione. Ma fino agli anni Novanta c’è stato un circolo virtuoso tra stampa, radio e tv. Dagli anni Duemila, è cambiato tutto: Internet li sta inghiottendo in un unico spazio globale non regolamentato. Oggi la diffusione dei giornali è solo un quarto di quello che era vent’anni fa. Non ci sono più testate europee nella top ten mondiale. E persino il New York Times è al dodicesimo posto. Di pari passo, la pubblicità che andava sui giornali è stata assorbita dagli over the top che controllano più di metà del mercato mondiale”.
Si poteva evitare?
“All’inizio c’è stata una certa incoscienza degli editori che si sono affrettati a mettere i loro contenuti su Internet gratuitamente, contando probabilmente sugli introiti pubblicitari, poi invece dirottati dai Big Tech. I social network sono diventati dei media, quasi senza che ce ne accorgessimo. Loro stessi non vogliono definirsi come editori, con tutte le responsabilità che ne conseguono, ma intanto si sono appropriati di contenuti di informazione. Ormai stiamo andando verso la fusione tra stampa, tv, radio e Internet. Gli editori tentano di far pagare i loro contenuti digitali, ma è molto difficile difendersi dall’oligopolio dei Big Tech”.
In Europa è stata approvata la direttiva sul copyright. Molti editori fanno accordi con le piattaforme. Cosa ne pensa?
“Le direttive già adottate nell’Unione europea, insieme al nuovo Digital Act del commissario Thierry Breton, sono tentativi lodevoli. Ma non mi farei troppe illusioni: i colossi americani bloccheranno tutto. Dispongono di schiere di avvocati e lobbisti per rallentare ed eludere i controlli di Bruxelles e dei governi europei”.
Rupert Murdoch è riuscito nella sua battaglia contro Facebook in Australia.
“E’ un buon risultato ma parliamo sempre di misure di compensazione, accompagnate da cifre irrisorie. E’ poco più di un’elemosina. Quello che versa Google ad alcune testate è sufficiente per finanziare i loro funerali. C’è solo una cosa che può avere un impatto decisivo”.
Quale?
“Un piano del governo americano per smantellare i Big Tech, ripristinando così le regole della concorrenza. Nel libro propongo di dividere Google in quattro rami, separando il motore di ricerca, Android, la concessionaria pubblicitaria e le altre attività. Lo stesso vale per Facebook, Amazon, Microsoft, Apple. Per me l’unica soluzione è considerare che i social ormai fanno un servizio pubblico e quindi devono piegarsi a regole per garantire la collettività”.
Crede davvero che il presidente Biden potrebbe farlo?
“E’ già successo in passato, nel mercato petrolifero e in altri settori. Il regime cinese ha già cominciato a porsi questo problema. Per avere avuto troppe ambizioni, Jack Ma (il fondatore di Alibaba, ndr) è stato mandato a giocare a golf. Nessuno stato, democratico o meno, può lasciare un potere così immenso ad aziende private. Biden deve agire ora prima che queste aziende statunitensi diventino entità sempre più globali e inafferrabili anche per l’amministrazione americana”.
Nel futuro lei vede giornalisti sostituiti da robot.
“Sta già succedendo. In Francia, alcuni quotidiani regionali e L’Equipe generano brevi articoli in modo automatizzato. Alla radio è possibile far parlare una voce sintetica. In Corea alcune televisioni presentano i notiziari con presentatori ologrammi. Il passo successivo sarà la notizia in 3D e realtà aumentata. Vedremo la partita di calcio come se fossimo sul campo, saremo embedded in una guerra. Non è fantascienza: accadrà al massimo nei prossimi vent’anni”.
Qualche ragione per essere ottimisti?
“I giornalisti, e aggiungo gli insegnanti, hanno una grande missione: la ricerca e la difesa della verità. Nonostante le tecnologie, rimarrà sempre un lavoro artigianale di fact-checking nella battaglia contro la disinformazione. Qualsiasi media deve diventare globale se non vuole scomparire. La carta stampata si sta già reinventando con podcast, newsletter, videoinchieste, servizi ai lettori sempre più multimediali. Purtroppo questa trasformazione potrebbe non bastare. Deve essere accompagnata da coraggiose misure di regolamentazione del mercato”.