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DOMANI IN APPELLO/ LAVORETANO CAMBIA AVVOCATO E SPERA NELL’ASSOLUZIONE
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ALTO TRADIMENTO
Poche parole per raccontare questo episodio che io definisco “Alto Tradimento”. Ho vissuto tutta la vicenda del delitto di Katia Tondi. L’unico tassello che manca alla mia memoria è il volto dell’assassino…”nel momento in cui strangola la povera Katia”… Per il resto ho seguito le indagini. Ho sentito le deposizioni dei periti e dei consulenti. Intervistato i testimoni. Ho seguito le trasmissioni tv: da “Chi l’ha visto?” a “La Vita in Diretta”. Mi sono confrontato con i colleghi: La Mura, Locatelli, Salvati, Nettuno che hanno seguito – come me – per le loro testaste tutte le fasi del processo in Corte di Assise. Udienze lunghe, snervanti, a volte noiose, a volte con improvvisi colpi di scena eclatanti. Ho ascoltato la requisitoria della pubblica accusa del piemme Musto (calorosa, documentata, appassionante). Alle suppliche degli avvocati della privata accusa. Ho vissuto (e sofferto) i palpiti esuberanti e l’impegno profuso dall’accorata difesa dell’avvocatessa Mastellone. Ero presente ed ho colto la drammaticità del momento allorquando il presidente Napoletano ha letto il verdetto di condanna. Ho riportato l’arresto di Emilio Lavoretano, scrivendo in quella occasione che “lui non era il carnefice della moglie”. Sono stato, insomma, innocentista della prima ora, anche perché le argomentazioni del criminologo Carmelo Lavorino mi avevano convinto. Oggi, settembre 2020, apprendo che la Suprema Corte ha rigettato perché “improponibile” o “inammissibile” il ricorso presentato contro l’arresto del Lavoretano.
Apprendo anche che lui ha nominato un nuovo avvocato revocando chi lo aveva difeso con dedizione e impegno professionale”. Apprendo che l’appello vedrà sullo scranno difensivo un altro personaggio. Questo – per me – è un atto di “Alto Tradimento”. Forse Emilio nel carcere si è fatto convincere che anche chi è colpevole può essere assolto? Forse lui non sa che non dipende dal difensore (spesso un paglietta che gode prestigio tra i detenuti) bensì dal giudice il ribaltamento della sentenza! Forse lui non sa che la “giustizia è un’opinione” (come ha più volte affermato Giuseppe Garofalo… ”uno che di processi se ne intende”)… forse Emilio non sa (i compagni di cella non glielo hanno detto?) che si può essere condannati o assolti con le stesse prove? Dipende dal convincimento del magistrato e non dalla bravura dell’avvocato che molti magistrati considerano addirittura “un fastidio” per il processo.
Lui ha sbagliato strategia. Doveva confessare e scegliere il rito dello sconto del terzo della pena. Da incensurato avrebbe scontato 5/6 anni di carcere. Considerato che si possono ottenere i benefici dopo aver scontato un terzo della pena. Parolise docet!
(Brano tratto dal libro “Vittime, assassini, processi”, di Ferdinando Terlizzi)