venerdì, 20 Settembre 2024
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MEGLIO PEGGIO DEI GIORNALI DI OGGI

Fedez e caso Renzi-Report: la Vigilanza processa la Rai

Fedez e caso Renzi-Report: la Vigilanza processa la Rai
Parlamento – Concertone e video leader Iv-Mancini: l’audizione del direttore di Rai3. I renziani linciano la fonte di Ranucci
Un vero e proprio processo da parte della commissione di Vigilanza a Franco Di Mare, direttore di Raitre, sia per la vicenda Fedez sia per il caso Report, con l’incontro in autogrill mandato in onda dal programma tra Matteo Renzi e Giacomo Mancini. E Di Mare, su Fedez, usa ancora parole molto forti, negando qualsiasi tentativo di censura da parte della Rai, e parlando di “manipolazione”, “imbroglio”, “bugie” e “complotti” da parte dell’artista. Accuse forti che, secondo diversi parlamentari della Vigilanza, dovrebbero avere come conseguenza, se avesse ragione Di Mare, una denuncia alla Procura. “Fedez ha manipolato completamente la realtà tagliando la telefonata con gli autori e la vicedirettrice Ilaria Capitani con l’obbiettivo di far passare la Rai come azienda che pratica la censura”, ha detto Di Mare.L’appuntamento è attesissimo, tant’è che all’inizio non c’è nemmeno posto per tutti. Di Mare all’inizio ricostruisce la vicenda del Primo Maggio, spiegando che la tv pubblica acquista l’evento che è totalmente organizzato da Cgil, Cisl e Uil e dalla società iCompany di Massimo Bonelli. Secondo Di Mare, venerdì pomeriggio Bonelli, dopo aver letto il testo di Fedez, con una mail avvisa Capitani. A questo punto la vicedirettrice di Raitre dice che secondo lei il testo è inopportuno, ma che comunque la scelta sul da farsi e le eventuali responsabilità non sono dell’azienda, ma di chi organizza. Poi venerdì sera va in scena la famosa telefonata, quella in cui Bonelli parla di “un sistema” e alla fine interviene anche Capitani. “La Rai aveva tutto il diritto di vedere il testo, ma non l’ha fatto, il testo di Fedez ci è stato mandato senza richiesta da parte nostra. Quella di Fedez è una manipolazione gravissima che ha gettato discredito sulla Rai e sulla sua onorabilità, con un danno d’immagine a livello internazionale”, afferma il direttore. Il risultato, secondo Di Mare, è che la Rai “sia stata crocifissa e condannata ancora prima che Fedez salisse sul palco”.

“Lei sta usando parole molto gravi. Se pensa sia stata operata una manipolazione, vada in procura e denunci”, fa notare, subito dopo, la dem Valeria Fedeli. Cosa che gli viene ripetuta anche da altri. “Se è convinto delle sue affermazioni, allora denunci”, ribadisce Loredana De Petris. “Tutta la storia è stata gestita malissimo. Lei se ne dovrebbe andare a casa a calci nel sedere”, s’infiamma Daniela Santanché. A metà, poi, quando prende la parola Davide Faraone di Italia Viva, piomba in commissione pure il caso Report-Renzi. “Lei imputa a Fedez quello che invece ha fatto tranquillamente Sigfrido Ranucci: ovvero procedere a un’operazione di taglio e cucito a un’intervista di un giornalista del programma a Renzi che mistifica l’accaduto. Per fortuna che poi Renzi ha pubblicato la versione integrale dell’intervista…”, attacca Faraone. Che, puntando il dito contro Di Mare per non aver accennato al caso Report nella sua lunga introduzione, chiede: “Vogliamo sapere chi è la donna che ha ripreso l’incontro all’autogrill, perché l’ha fatto e se lei reputa normale che un senatore della Repubblica venga spiato e un programma Rai mandi in onda in video che lo riprende abusivamente…”.

Poi tocca a Michele Anzaldi rincarare la dose. “Nell’incontro di Renzi all’autogrill non c’è assolutamente nulla di illegale, mentre con l’operazione di cucina che Report ha fatto si vuole indurre lo spettatore che chissà quali malefatte si stavano facendo, oltretutto sovrapponendo piani e storie diverse. Si è trattato di un’operazione di killeraggio contro un partito politico”, afferma l’esponente di Iv. Non c’è quasi nessuno, forse solo Primo Di Nicola su Fedez, che prende le difese di Di Mare. E l’audizione diventa una sorta di agonia fin oltre le dieci di sera.

Davigo dai pm: “Sui verbali di Amara nessuna violazione”

Davigo dai pm: “Sui verbali di Amara nessuna violazione”
Ha agito nell’ambito delle sue funzioni di consigliere del Csm, non c’è stata dunque alcuna violazione né una rivelazione del segreto d’ufficio. È la linea tenuta ieri dall’ex consigliere del Consiglio superiore della Magistratura Piercamillo Davigo, sentito per ore dai magistrati romani. Il procuratore capo Michele Prestipino e la pm Lia Affinito lo hanno interrogato come persona informata sui fatti nell’ambito della vicenda con al centro alcuni verbali di Piero Amara, in cui l’avvocato siciliano, già coinvolto in diverse indagini, parla dell’esistenza di una presunta loggia massonica denominata “Ungheria”. Verbali che nei mesi scorsi sono arrivati ad alcune testate giornalistiche e al Csm. Davigo aveva una copia di quei verbali: nella scorsa primavera glieli aveva consegnati il pm di Milano Paolo Storari, convinto che i suoi superiori, il procuratore capo Francesco Greco e l’aggiunto Laura Pedio, non volessero spingere l’acceleratore sull’inchiesta innescata dalle dichiarazioni di Amara sulla presunta loggia.

Davigo ha spiegato ieri ai magistrati romani che ha ricevuto quegli atti nell’ambito delle sue funzioni di consigliere. Su quei verbali arrivati al Csm dunque, ha spiegato, non si possono apporre segreti come dimostra una circolare che ieri l’ex pm di Mani Pulite avrebbe anche consegnato ai magistrati.

Secondo quanto ricostruito dal Fatto, Davigo dopo aver ricevuto i verbali sostiene di aver spiegato la situazione al vicepresidente del Csm David Ermini, con quest’ultimo che a sua volta informò il Quirinale e poi incontrò nuovamente l’ex pm di Mani Pulite, porgendogli i ringraziamenti del Colle e il messaggio che a quel punto non era necessario intraprendere ulteriori iniziative. Ermini al Fatto ha confermato solo la prima parte della versione di Davigo: “Confermo solo che me ne parlò”. Poi il consigliere ora in pensione ne avrebbe parlato, in modo informale, anche con altri consiglieri del Csm. I nomi li avrebbe fatti ieri nel corso dell’interrogatorio.

Davanti ai pm quindi Davigo ha spiegato che la consegna di quei verbali da parte di Storari nasceva dalla necessità del pm milanese di autotutelarsi rispetto a un’indagine che a sua detta andava a rilento.

La testimonianza di Davigo riguarderebbe anche il ruolo di Marcella Contrafatto, la sua ex segretaria, ora indagata e perquisita nelle scorse settimane. Secondo la Procura di Roma, la Contrafatto sarebbe la “postina” che fece arrivare quei verbali ad alcune testate giornalistiche. Circostanza sulla quale Davigo avrebbe spiegato di non sapere nulla. Dopo la sua testimonianza si capirà meglio anche la questione della competenza territoriale. Secondo l’Ansa, la consegna dei verbali sarebbe avvenuta a Milano. Se confermato, una parte del fascicolo potrebbe essere trasferito a Brescia, ma solo ciò che riguarda l’uscita dei verbali dalla Procura di Milano e che vede già indagato Paolo Storari per rivelazione di segreto d’ufficio. Il pm milanese sarà interrogato sabato.

Abusata dal prete solo se under 14: “Dopo è consenso”

Abusata dal prete solo se under 14: “Dopo è consenso”
“Bisogna informarsi e formarsi: i magistrati, ma anche il legislatore. Interloquire con chi ha vissuto violenza è difficile, con sé ha un bagaglio di sofferenza indicibile”: la deputata del M5S Stefania Ascari commenta così, ieri, in conferenza stampa alla Camera, le testimonianze sull’incredibile vicenda di Giada Vitale, che è stata vittima di abusi da parte di don Marino Genova, parroco di Portocannone, in Molise, e che poi ha assistito alla sua condanna (in Cassazione) solo per quanto accaduto fino ai suoi 14 anni. La vicenda è nota ma vale la pena ricordarla: Giada, 13 anni nel 2009, suonava l’organo in chiesa quando inizia a subire prima le attenzioni, poi gli abusi di don Marino. Quando nel 2013 lo denuncia, però, il fascicolo si divide: uno per i fatti pre-14 anni, per il quale arriva la condanna a 4 anni e 10 mesi per violenza sessuale e abusi, l’altro per i successivi. Fascicolo che però viene archiviato perché Giada è ritenuta consenziente. “Abbiamo chiesto di riaprire il caso più volte – ha spiegato ieri alla Camera l’avvocato Francesco Stefani – ma la richiesta è stata respinta dalla Procura di Larino”. Chiedevano di verbalizzare nuove testimonianze e di disporre una perizia psicologica visto che, neanche nelle prime fasi, sarebbe stata fatta disposta ma il pm ha ritenuto, in sintesi, l’impossibilità di fare una perizia ora per allora. “Non si può pensare che una ragazza sia non consenziente a 13 anni e che lo diventi a 14 – ha detto la criminologa e psicoterapeuta Luisa D’ Aniello –. Secondo il Gip, Giada avrebbe subito un iniziale stato di soggezione poi tramutatosi in consenso e innamoramento da un interessamento fisico del sacerdote. È assurdo. Può far pensare ai pedofili che sia lecito prima manipolare per poi abusare del minore. E l’innamoramento non c’entra: è il risultato di comportamenti disfunzionali, traumatici e dipendenza affettiva. Tutto, senza una consulenza psicologica. Perché non è stata fatta una valutazione forense?”.