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Beppe Grillo (R) with prime minister Giuseppe Conte (L) during the presentation of the 2019 Blue Book at the Customs and Monopolies Agency, Rome, Italy, 11 September 2020. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

E’ GIUNTA L’ORA IN CUI GRILLO VADA A… QUEL PAESE A FARE IL SUO MESTIERE: IL COMICO

Poche ore per fare pace: pressing sui legali di Grillo. Conte però non si fida

Poche ore per fare pace: pressing sui legali di Grillo. Conte però non si fida

L’ex premier parla domani. Il consiglio dei “big”: “Non chiudere, serve altro tempo per convincere il garante”

di Luca De Carolis e Paola Zanca | 27 GIUGNO 2021

 

Il tempo della mediazione è quasi scaduto, ma dentro al Movimento Cinque Stelle sono tutti d’accordo: questa storia non può chiudersi così. La conferenza stampa con cui Giuseppe Conte risponderà alle accuse che Beppe Grillo gli ha rivolto di fronte all’assemblea dei parlamentari è confermata per il pomeriggio di domani. E fino a ieri sera, nulla era cambiato nelle posizioni di uno e dell’altro: l’ex premier sempre convinto che col nuovo Statuto debba nascere un M5s che parli con una voce sola, il garante fermo sull’idea che il movimento vada governato da una diarchia in cui lui, il fondatore, non può essere ridotto a un semplice “custode dei valori”.

Il punto che adesso tutti hanno chiaro, però, è che nella guerra dei due Beppe, quelli che rischiano di rimetterci davvero, sono tutti quelli che non hanno un passato – figuriamoci un futuro – né come showman né come avvocato. Perché la strada dell’ipotetico nuovo partito guidato dall’ex presidente del Consiglio è ancora tutta da scrivere, mentre quella eventualmente immaginata da Grillo per il “suo” Movimento è già segnata: oggi c’è e vuole fare il leader, domani chissà. L’unica garanzia di sopravvivenza è continuare a tenerli insieme, altrimenti, per dirla con il deputato M5S Francesco Silvestri, “è come avere un poker d’assi ad un tavolo da gioco e passare la mano”.

Per questo, ieri, è stata la giornata delle telefonate e degli appelli, dei tentativi di riavvicinare i due che da soli non riescono a parlarsi. Ci sono i mediatori in prima linea, a cominciare dal ministro Stefano Patuanelli e dalla vicepresidente del Senato Paola Taverna; quelli che lavorano dietro le quinte, come l’ex socio di Rousseau Pietro Dettori; c’è chi si prodiga in messaggi pubblici, come il ministro Luigi Di Maio, che ieri ha chiesto una tregua, perché le “decisioni” vanno prese in nome del “bene che tutti vogliamo al Movimento”.

È un appello, il suo come quello di molti altri, a non far precipitare le cose: convincere Conte, insomma, a fare una conferenza stampa dal finale aperto, senza tirare conclusioni affrettate. Il punto è che serve ancora tempo per convincere Grillo, per fargli capire che l’accordo con Conte va trovato. Raccontano che il fondatore abbia capito che i toni usati nell’assemblea di giovedì siano stati un filino esasperati. Ma raccontano pure che non siano gli sfottò e le imitazioni acchiappa-risata ad aver scoraggiato Conte. Nella telefonata di giovedì, quando Grillo gli ha chiesto di “non dare retta alle agenzie”, l’ex premier lo ha gelato: “Il problema non sono le agenzie, il problema è che tu quelle cose le hai dette”. Non vuole scuse, l’avvocato, non è una questione di offese. In ballo c’è la sua “agibilità politica” nei 5 Stelle, che può essere garantita solo da uno Statuto in cui i ruoli del capo e quelli del garante siano definiti e non sovrapponibili. È un fatto di norme, insiste l’ex premier. E non è un caso che gli emissari della mediazione, per provare a convincere il fondatore, l’abbiano presa alla larga: non chiamano direttamente a Genova -considerando inutile discutere con Grillo di codici e cavilli – ma si rivolgono ai suoi legali, quelli che lo hanno aiutato a scrivere con la penna rossa i “rilievi” alla bozza di Statuto scritta da Conte. Persone di cui Grillo si fida e che quindi, ragionano i mediatori 5 Stelle, potrebbero convincerlo della bontà delle richieste dell’aspirante capo.

Per questo serve tempo e per questo tutti chiedono a Conte di non chiudere subito la porta: nel discorso di domani, gli suggeriscono, vanno illustrate tutte le ragioni per cui non è possibile accettare le condizioni di Grillo, ma va lasciato aperto uno spiraglio per il “ravvedimento operoso”. “Non si deve impuntare”, è il succo di chi teme che Conte si presenti davanti ai giornalisti e pronunci il suo “non ci sto”.

Ma d’altro canto, per lui e per i suoi consiglieri, resta difficile immaginare che la convivenza con Grillo – anche se si dovesse superare lo stallo di questi giorni – non gli riservi altri colpi bassi in futuro. Fidarsi, dopo quello che è accaduto, ormai è praticamente impossibile.

I nemici-amici

di  | 27 GIUGNO 2021

Però, anziché domandarsi dove hanno sbagliato, continuano a riscrivere lo stesso pezzo con le penne intinte nella bile. Esemplare il duo Feltri jr.- Messina di Stampubblica, con la solita litania dei “No-Tav, No-Tap, No-Vax” convertiti al Tav (falso: votarono contro), al Tap (già avviato quando andarono al governo) e ai vaccini (a cui nessun programma del M5S è mai stato contrario), col “record di cambi di casacca” (falso: sono gli unici che non accettano cambiacasacca, mentre tutti gli altri ne sono pieni) e “alleati con tutti i partiti” (no, quello è il governo Draghi tanto caro a Stampubblica, votato da 900 cambiacasacca su 945 parlamentari). Ora Grillo, salvo resipiscenze last minute, ce la mette tutta per distruggere i 5Stelle. Che però hanno una formidabile assicurazione sulla vita: i loro nemici.

PADRINI FONDATORI

di Marco Lillo e Marco Travaglio

“Si devono parlare, altrimenti regalano il Paese alla destra”

“Si devono parlare, altrimenti regalano il Paese alla destra”

di  | 27 GIUGNO 2021

“Se avessi la possibilità di sedermi insieme a Grillo e a Conte, gli direi due cosette sulle quali avrebbero la possibilità di riflettere”.

Domenico De Masi, il mediatore.

Conosco abbastanza bene Grillo, invece con Conte ho molta meno confidenza. Resto tuttavia convinto che i due se trovassero il modo di incontrarsi, oggi come oggi brinderebbero a champagne.

Oggi si stanno prendendo a schiaffi.

Se proseguono con i ceffoni preparano un pacco regalo alla destra: ecco l’Italia e fatene quel che ne volete.

A Grillo Conte pare null’altro che un “avvocato democristiano”.

E lo scopre oggi? Beppe non può immaginare di aver designato Conte come capo e poi ridurlo in servitù. Se oggi è democristiano lo era pure ieri. Beppe ha la colpa di aver alternato fasi evanescenti, in cui il suo volto scompariva del tutto, a fasi onnipotenti, rovinando improvvisamente sul proscenio e il più delle volte elettrizzando un Movimento già destabilizzato di suo.

Quale altro peccato imputa a Grillo?

Aver preferito il figlio naturale (Ciro) al figlio spirituale (Movimento). Quel videomessaggio è stato un evento tragico, direi. Per ultimo aggiungerei che spacciando Draghi e Cingolani per quasi grillini non ha reso un buon servigio alla verità.

Adesso parliamo dei peccati di Conte. Faccia finta di averlo davanti.

Beh, non aver compreso che il Movimento si regge su cinque gambe. Quella governativa (Di Maio), quella movimentista (Di Battista), quella digitale (la piattaforma Rousseau) alle quali aggiungere la radicalità di alcune proposizioni e il carisma dei due fondatori. Conte si è chiuso in una stanza e ha tagliato le gambe del tavolo su cui scriveva il nuovo statuto. Trentasette pagine. Un lavoro in solitaria per un partito personale. Dimenticando che lui non ha i quattrini di Berlusconi né il carisma di Grillo ed evirando il Movimento del suo carattere. Producendo l’idea di voler generare un Pd in seconda.

E abbiamo sistemato anche l’Avvocato.

Comprendo che non abbia nessuna intenzione di fare il “figurante” come giustamente dichiara. Ma tempo sei mesi e avrebbe avuto il Movimento in mano. Non c’è bisogno di alcuna rottura così teatrale, non serve “o con me o contro di me”, il sì o il no. Imporre il referendum tra lui e Grillo porta sempre sfiga, ricordi quello che è successo a Renzi.

E con questo cumulo di errori che lei imputa a ciascuno dei due vorrebbe imporre loro la pace? E chi dovrebbe arrendersi?

L’armistizio è imposto dal principio di realtà. Il Movimento – malgrado tutto quel che gli sta capitando – è incredibilmente tra il 15 e il 17 per cento. È tantissimo, ed è una dote elettorale indispensabile se si immagina di essere parte strutturata della coalizione di centrosinistra. Non basta questo a imporre i due contendenti di riporre la sciabola?

Conte si sente svillaneggiato.

Quando un borghese meridionale si sente punto nella dignità reagisce con ruvidezza. Invece dovrebbe fare un lungo sospiro e attendere un altro momento prima di battere i pugni sul tavolo.

E Grillo?

Capire che predicare la democrazia diretta e poi instaurare la monarchia assoluta è l’acuto paradosso dal quale tutto lo storto diventa più storto. Predicare uno vale uno fa sì che i non prescelti, proprio perché convinti di valere quanto quegli altri, li odino a morte. Se io valgo quanto te, perché tu fai il ministro e io il portalettere?

Qui siamo ai grandi peccati della base grillina.

Ritenere che l’ignoranza e l’incompetenza siano quasi una virtù è stato un affronto all’intelligenza, un delitto contro la passione, una crudeltà verso i talenti.

E gli eletti?

Hanno dato per scontata la loro superiorità pur restando incompetenti. Nessuna fatica, nessuna prudenza e nessuna sobrietà. E gli eletti hanno clamorosamente perduto i contatti con la base.

Malgrado tutto questo disastro sono al 17 per cento.

Craxi non superò il 14, perciò questo movimento ha radici più profonde nel Paese di quanto appaia e serve al Paese molto di più di quanto appaia.

Ora per Conte è meglio aspettare

Grillo è convinto che Conte non si metterà in proprio (“Fa la fine di Monti”).

“Il Foglio”

Una lista Giuseppe può superare il 15%.

“La Repubblica”

Accettare la convivenza con Grillo? Oppure scappare a gambe levate e fondare un partito? E se invece la soluzione per Giuseppe Conte fosse soltanto: saper aspettare? Il grande giornalista Ryszard Kapuscinski, dopo aver girato il mondo e raccontato guerre, rivoluzioni, colpi di stato, condensò in una frase la sua esperienza: “L’essenziale, in politica, è sapere aspettare: il più bravo a farlo vince la partita”. La scoperta dell’acqua calda? Non tanto visto che viviamo nell’età dell’immediato, dove ogni giorno, ogni ora, ha la sua pena e il suo tweet, altrimenti si dimenticano che esisti. Questo dice la vulgata social, ma non è (più) vero. Dopo un lungo, insopportabile frastuono oggi il silenzio, proprio perché rarissimo come l’iridio, è la merce più quotata al mercato della comunicazione. Un apparente ossimoro di cui Mario Draghi è il campione indiscusso. Non dice mai (quasi) niente ma lo dice benissimo. Prendiamo le presenze televisive: i cosiddetti leader continuano a pensare che l’occupazione dei talk sia il concime del consenso. Ma non è (più) così da molto tempo, come dimostra la mediocrità degli ascolti. La pandemia ha falciato vite umane e vecchie abitudini. Oggi la rissa tv, il darsi sulla voce, il partito del partito preso producono nel pubblico imbarazzo e tristezza. Stravincono la capacità di argomentare, l’equilibrio, la pacatezza, l’ironia, che quando è autoironia spacca. Certo che la virtù dell’attesa è antica come il potere: Giulio Andreotti ne fu il campione quando si assentava per anni sicuro che prima o poi lo avrebbero richiamato. Allora c’era la Dc dei veleni e dei pugnali. Oggi c’è la marmellata M5S. Dia retta professor Conte, si goda una meritata vacanza. Ne approfitti per girare l’Italia e per ascoltare gli italiani. Non per raccogliere voti ma per conoscere. Già a settembre potrebbe essere cambiato molto. Machiavelli: “Non c’è nulla di più difficile da gestire, di esito incerto e così pericoloso da realizzare dell’inizio di un cambiamento”. Ecco, visto che il cambiamento non l’hanno voluto da lei, che se la sbrighi l’Elevato.