Le cronache ci dicono che su questo tema, pochissimo noto ai più, si stanno conducendo battaglie epiche. Che la politica s’interessi della giustizia è sana cosa, che la strumentalizzi, invece, è pessima.
Cos’è la prescrizione?
È un istituto giuridico per il quale e con il quale, come si diceva un tempo a proposito della filosofia, ogni cosa resta tale e quale. La violazione è stata commessa ma non è più perseguibile perché è passato troppo tempo. Ad esempio, le carte sono andate perdute, i testimoni non sono più rintracciabili, i giudici sono morti o sono cambiati, le leggi che regolavano il caso sono state modificate e così via.
Il tempo, d’altronde, è un gran medico. La prescrizione, quindi, è la presa d’atto che il decorso del tempo ha reso inutile continuare un procedimento giudiziario. Nulla di più sensato.
Il problema non è sul principio ma sulla sua strumentalizzazione. Gli avvocati, i giudici, tutte le persone coinvolte e le relative procedure hanno interessi tra loro contrastanti. È normale che sia così, ma non è normale farne una questione politica.
Invece, è una questione politica e nessuno si pone il problema delle distorsioni dell’apparato giudiziario. O, meglio, il problema esiste, ma nessuno lo vuole affrontare.
Perché da noi la prescrizione diventa un argomento da sinistra-destra? È difficile capirlo. Abbiamo milioni di processi in sospeso. Accorciare la prescrizione significa non dare una risposta di giustizia agli interessati. Allungarla, vuol dire rimandare alle calende greche questa risposta. La prescrizione, in Italia, diventa come la legge elettorale: a ogni stormir di fronde cambia. Non è una cosa seria.
L’intasamento negli uffici giudiziari è noto. La farragine della nostra legislazione lo è altrettanto. Se non si pone mano a questi due problemi, il resto sono solo chiacchiere. Non è con la prescrizione corta o lunga che si risolvono questi problemi.
Il cittadino medio ha timore di andare in tribunale. Avrà giustizia? Forse. Fra quanto? Decenni. Questo è il male del nostro sistema.
In diritto penale e in diritto civile i processi si allungano senza fine. I giudici che lavorano a tempo pieno sono pochi. Gli altri, o fanno politica o si sbranano tra di loro. E le cause aspettano.
Il fallimento della nostra giustizia civile è una delle cause tra le più importanti della disaffezione degli investitori esteri. La stessa Unione europea ha richiamato l’Italia su questo problema. Il pacchetto giustizia fa parte delle riforme fondamentali che ci sono richieste da Bruxelles per modernizzare il Paese. È un po’ un paradosso che da altri debba venire l’input per le riforme.
L’incapacità manifesta della nostra Magistratura di gestire il proprio compito: dirimere le questioni giudiziarie in tempi normali, non può trasformare un istituto come la prescrizione in un oggetto da contendere a suon di voti. È un uso improprio perché, a monte, è la sicurezza dei cittadini di avere giustizia e non l’interesse dei partiti ad avere più o meno voti, al punto da minacciare addirittura una crisi di governo.
Al solito, si guarda al dito che indica la luna e non alla luna.
I pruriti dei sostenitori di pseudo-principi giustizialisti non possono trovare accoglienza nel dibattito politico. La vera questione è la riforma della magistratura, dei suoi uomini e dei suoi mezzi, oltre che delle sue procedure.
Ovviamente, i magistrati sono contro, perché difendono i loro interessi di casta, il loro modo di lavorare forse un po’ troppo libero, la loro “indipendenza”, anche se sono pagati dagli elettori che si aspetterebbero comportamenti più utili e adeguati.
La prescrizione non è una bandiera da sventolare in segno di vittoria. È una misura di giustizia, se concepita e applicata equamente. Non è né reazionaria né progressista. Gli schieramenti politici se ne approvvigionano in mancanza di motivazioni ideali.
Per questo problemi, in fondo minori (come il progetto Zan), agitano le acque del Parlamento. Le vere riforme scottano, e quindi non si parla né di Provincie, ridotte a meri simulacri, né d’immigrazione, perché non si ha alcuna idea concreta da proporre in alternativa al “tutti dentro” o al “tutti fuori”, né di nuova legge elettorale (cambierà, non cambierà?) né di misure di contenimento della terza ondata d’epidemia che si sta profilando (troppo pericoloso, disturba le vacanze) e così via.
Certe volte penso che sarebbero utili delle liste di proscrizione, tanto per sfoltire i più cretini.
Tutti aspettano il “semestre bianco” e i giochi, già partiti, per l’elezione del Presidente della Repubblica. Fino allora, nulla si potrà muovere. Il rinvio è la regola aurea per sopravvivere.