Pulci di notte

di Stefano Lorenzetto

«Agli illustri colleghi che si occupano dell’Afghanistan descrivendo in coro i vincitori talebani come la feccia della Terra vorrei fare una domanda semplice semplice», scrive Massimo Fini sul Fatto Quotidiano. «Quando nel 1996 dopo aver sconfitto i “signori della guerra” il Mullah Omar, che mi pare fosse un talebano, prese il potere a Kabul, non ci furono “fughe di massa” (né di frange della popolazione) né ci furono durante i 6 anni in cui governò il Paese. Allora che cos’è cambiato in questi 20 anni? Gli illustri colleghi dovrebbero porsi qualche domanda e darci una risposta». Non ci occupiamo di Afghanistan, e non siamo colleghi illustri, tuttavia ecco una risposta: «Afghanistan: migliaia in fuga da Kabul, battaglie a nord. Ansa – Islamabad, 28 set – Intanto, su automobili private o autobus, migliaia di persone stanno abbandonando la capitale, dove la “Shura”, il consiglio di preti musulmani che da ieri la governa, sta imponendo la “sharia”, la rigida legge dell’Islam ortodosso. Ansa, 28 settembre 1996, ore 17.41». Ecco un’altra risposta: «Afghanistan: in fuga un quarto degli abitanti di Kabul. (Ansa-Afp) – Kabul, 29 set – Centinaia di migliaia di persone sono fuggite da Kabul, la capitale dell’Afghanistan caduta venerdì nelle mani degli integralisti islamici Taleban. Lo hanno reso noto abitanti della città e fonti delle organizzazioni umanitarie secondo i quali ormai un quarto della popolazione – che, esclusi i profughi da altre zone, era di poco più di un milione – ha abbandonato Kabul negli ultimi tre giorni. E l’esodo continua, a bordo di veicoli di fortuna diretti verso le regioni settentrionali, ancora in mano alle forze fedeli all’ex presidente Burhanuddin Rabbani. “Almeno 2.000 veicoli hanno invaso le strade che portano a nord – ha raccontato un abitante di un villaggio a una trentina di chilometri a nord della capitale –. Tra i fuggiaschi vi sono anche numerose persone che avevano sostenuto il governo rovesciato dai Taleban”. Intanto stasera a Kabul è stata ripristinata l’energia elettrica in quasi tutti i quartieri, rimasti praticamente al buio per tre giorni. Ansa-Agence France Presse, 29 settembre 1996, ore 22.59».

«“Dell’orfanatrofio ricordo solo le botte e che noi bimbi vivevamo nel terrore”». Con questa frase del baritono Daniel Giulianini comincia sul Corriere della Sera un servizio di Alessandro Fulloni. Il quale più avanti insiste: «Non lo vide più all’orfanatrofio». Abolito l’orfanotrofio. Il gender dilaga.

In un articolo sul Foglio, intitolato «Populisti alla riscossa», il vicedirettore Salvatore Merlo scrive: «Non responsabilità personale, ma responsabilità oggettiva. Tipo la Salem del 1642, ma con Toninelli giudice religioso: bruciamo sul rogo i Benetton e chiunque sia stato con loro». Duole correggere il sapido Merlo, ma il processo di Salem si celebrò mezzo secolo dopo, nel 1692, e non comportò l’accensione di alcun rogo: le 15 sventurate accusate di stregoneria furono impiccate, insieme con 4 maschi, tanto che il luogo dell’esecuzione fu per molto tempo chiamato Gallows Hill (Collina del patibolo). Un uomo fu lapidato per essersi rifiutato di testimoniare.

Titolo d’apertura sulla prima pagina di Libero: «Di Maio segue la crisi in costume dalla spiaggia». Le crisi in costume sono una nuova evenienza politica? No? Allora bisognava scrivere: «Di Maio in costume segue la crisi dalla spiaggia».

Titolo a tutta pagina da Avvenire: «“Kabul addio” tra una settimana». Non era Lugano? Urge interpellare Ivan Graziani.

La Verità pubblica una grande foto di un’elegante signora, che nella didascalia viene qualificata come Marella Caracciolo, vedova di Gianni Agnelli, deceduta nel 2019. Peccato che si tratti invece di Allegra Caracciolo, vedova di Umberto Agnelli, la quale è tuttora viva e vegeta.

In un duro editoriale contro Luciana Lamorgese, ministro dell’Interno, Vittorio Feltri commenta su Libero: «Poveraccia, dopo aver spalancato le porte a migliaia di immigrati, molti dei quali infettati dal virus, ella ora è alle prese con l’arrivo dei talebani e supponiamo non sarà capace di amministrare la nuova invasione». È in corso una diaspora di talebani verso l’Italia?

«La storia della televisione non sarebbe la stessa senza Bianca Maria Piccinino, triestina, oggi 97 anni (gli stessi della Rai), prima telegiornalista italiana», scrive Benedetta Moro sul Corriere della Sera. È vero che l’Uri (Unione radiofonica italiana) – poi trasformata in Eiar (Ente italiano per le audizioni radiofoniche) – nacque nel 1924, l’anno in cui venne al mondo Piccinino. Ma la Rai (Radio audizioni italiane) vide la luce soltanto il 26 ottobre 1944, quindi ha 76 anni, non 97.

Riferendosi sul Fatto Quotidiano al collega Renato Farina, Ilaria Proietti parla di «un cursus honorum iniziato nel 1999 quando aveva avviato la sua collaborazione con i servizi segreti in occasione della guerra in Serbia, che da allora non si era più fermata, come del resto pure la carriera di giornalista». Ci rallegriamo che la carriera di Farina non si sia più fermata, ma non ci risulta che la guerra in Serbia sia ancora in corso. È probabile che non risulti neppure a Ilaria Proietti, solo che non sa come scriverlo.

Incipit di un commento sul Giornale a firma di Pier Luigi del Viscovo: «L’erogazione della giustizia è un servizio labor intensive». Eh certo, chiarissimo, lo sanno tutti.

SL